in tema di risarcimento del danno da incidente stradale, la persona trasportata può avvalersi dell’azione diretta nei confronti dell’impresa di assicurazioni del veicolo sul quale viaggiava al momento del sinistro anche se quest’ultimo sia stato determinato da uno scontro in cui sia rimasto coinvolto un veicolo assicurato con una compagnia che non abbia aderito alla convenzione tra assicuratori per il risarcimento diretto, c.d. CARD, atteso che l’art. 141 del D.Lgs. n. 206 del 2005, di derivazione comunitaria, assegna una garanzia diretta alle vittime dei sinistri stradali in un’ottica di tutela sociale che fa traslare il “rischio di causa” dal terzo trasportato, vittima del sinistro, sulla compagnia assicuratrice del trasportante.

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Tribunale|Ferrara|Civile|Sentenza|31 gennaio 2020| n. 48

Data udienza 29 gennaio 2020

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI FERRARA

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice Marianna Cocca ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di secondo grado iscritta al n. r.g. 855/2018, promossa da:

MI.ER. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. SI.VA., elettivamente domiciliato presso il difensore avv. SI.VA.

APPELLANTE

contro

UCI (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. MA.FI. e dell’avv. TR.PI. elettivamente domiciliato presso il difensore avv. TR.PI.

AL. S.p.A. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. TU.AL. elettivamente domiciliata presso il difensore avv. TU.AL.

AN.AL. (C.F. (…)),

APPELLATI

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Il sig. Er.Mi. ha proposto appello avverso la sentenza n. 112/18 del Giudice di Pace di Ferrara, depositata in data 12/02/2018, chiedendo che il Tribunale “accertato che non possono sussistere contestazioni in ordine all’an dell’evento sinistroso verificatosi in data 05/10/14 vertendosi in materia disciplinata dall’art. 141 C.d.A.; accertato che l’entità del danno patito dal sig. Er.Mi. conseguito al sinistro per cui è causa, ammonta a complessivi Euro 5.404,80 così come determinato dall’espletato ricorso ex art. 696 bis. c.p.c. “, condannare l’Ufficio Centrale Italiano soc. cons. a r.l., Al.An. e Al. Assicurazioni S.p.A. in solido tra loro, al pagamento, a favore dell’appellante della complessiva somma di Euro 5.404,80 – o altra e diversa somma meglio vista di giustizia, comprensiva di spese mediche (al 100%), spese per c.t.u. (al 100%) e consulente tecnico di parte (al 100%) oltre interessi legali dalla data del sinistro (05/10/14) al saldo nonché al danno per svalutazione monetaria. Ha chiesto anche la condanna al pagamento delle spese di lite relative all’espletato ricorso ex art. 696 bis. c.p.c., pari ad Euro 1.240,37, al giudizio di primo grado e al presente grado di giudizio; in via subordinata di merito, ha chiesto la pronuncia di condanna, con applicazione del disposto di cui all’art. 2054 co. 2 c.c. In ogni caso, con distrazione delle spese in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.

L’U.C.I. – Ufficio Centrale Italiano, costituendosi, ha chiesto, in via preliminare, di dichiarare l’inammissibilità dell’appello ex adverso proposto, ex art. 342 c.p.c., così come modificato dall’art. 54, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134; in via subordinata nel merito, confermare integralmente la sentenza del Giudice di Pace di Ferrara n. 112/2018 del 12 Febbraio 2018 e, per l’effetto, rigettare ogni avversa pretesa; in via incidentale condizionata, per la denegata ipotesi di ritenuta applicabilità dell’art. 141 del Codice delle Assicurazioni Private, in parziale riforma della sentenza del Giudice di Pace di Ferrara n. 112/2018 del 12 Febbraio 2018 dichiarare la responsabilità esclusiva o quantomeno prevalente del Sig. An.Al. nella causazione dell’occorso, e per l’effetto condannare il medesimo, in solido con la Al. S.p.A., ai sensi degli articoli 1916 e 2055 del Codice civile, a rifondere all’Ufficio Centrale Italiano quanto eventualmente corrisposto al Sig. Er.Mi. in esecuzione dell’emananda sentenza in eccedenza alla quota di responsabilità imputata al conducente del veicolo garantito dall’U.C.I. In ogni caso con la vittoria delle spese di giudizio.

La Al. S.p.A. ha concluso chiedendo di respingere l’appello principale proposto dal signor Er.Mi., nonché l’appello incidentale condizionato dell’UCI – Ufficio Centrale Italiano, in quanto infondati. Con vittoria di spese.

Con la sentenza impugnata, il Giudice di Pace definitivamente decidendo sulla domanda proposta da Er.Mi. nei confronti di UCI con la chiamata in causa di UCI e Al. Assicurazioni S.p.A. ha dichiarato la responsabilità concorsuale di Al.An. e Gu.Fl. nella determinazione del sinistro per cui e causa nella misura rispettivamente del 20% e dell’80%; ha dichiarato pertanto la carenza di legittimazione passiva di UCI si sensi dell’articolo 141 Cod. Assicurazioni; ha dichiarato tenuti e condannato Al.An. e Al. Assicurazioni S.p.A. al risarcimento dei danni fisici subiti da Er.Mi. in conseguenza del sinistro stradale avvenuto il giorno 5 ottobre 2014 quantificati in Euro 249,10, “oltre interessi legali, oltre interessi compensativi, al saggio legale, dal fatto alla decisione, rivalutato di anno in anno dal fatto alla decisione in base agli indici ISTAT della variazione dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati e con interessi moratori al saggio legale dalla decisione al saldo, accresciuto degli interessi compensativi. Ha poi posto a carico di Al. Assicurazioni S.p.A. le spese di ATP nella misura del 20% dell’importo già liquidato di Euro 488,00 oltre interessi legali dalla data del pagamento al saldo effettivo e disposto la integrale compensazione delle spese di causa tra le parti.

Quanto all’eccezione d’inammissibilità dell’appello, formulata da U.C.I., occorre evidenziare che la legge 7.8.2012, n. 134, di conversione, con modifiche, del D.L. 22.6.2012, n. 83, ha modificato il testo dell’art. 342 c.p.c., imponendo che l’atto di appello contenga, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende impugnare, l’indicazione delle modifiche che vengono chieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado, con riferimento alle circostanze da cui deriva la violazione di legge e alla loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.

In buona sostanza, alla parte critica e di censura della sentenza deve accompagnarsi una parte costruttiva della versione di fatto e diritto che avrebbe dovuto essere recepita dalla decisione gravata. Dall’atto d’appello, sviluppato per punti, emerge comunque chiaramente quali siano le ragioni dell’impugnazione nonché su quali elementi essa verta, chiedendo la modifica, per cui in relazione a tali questioni gli appellati sono stati chiaramente posti in condizioni di difendersi.

L’eccezione di inammissibilità dell’appello va quindi respinta.

Venendo al merito, risulta che, in data 05/10/14 il sig. Er.Mi., lungo il raccordo autostradale Ferrara – P.to (…), viaggiava quale trasportato sulla vettura mod. (…) Tg. (…) (assicurata con la compagnia straniera (…), rappresentata per l’Italia dall’Ufficio Centrale italiano) condotta da Gu.Fl. residente a Surduc (Romania). Viaggiava quale trasportata sul veicolo anche la signora Mi.Ta..

Imboccata la rampa d’accesso su Via (…), il Gu. arrestava la marcia per consentire il transito ai veicoli e poi, terminato il flusso, il Gu. iniziava la manovra d’immissione sulla Via (…): dalla sua sinistra, sopraggiungeva la vettura mod. (…) Tg. (…) condotta da Al.An. ed assicurata con Al. Assicurazioni S.p.A. e si verificava l’impatto con la fiancata sinistra del mezzo condotto dal sig. Gu., impatto che cagionava lesioni a Er.Mi..

Contesta l’appellante Er.Mi. che, viaggiando egli quale trasportato a bordo della (…) Tg. (…) (assicurata con la compagnia straniera (…) rappresentata per l’Italia dall’Ufficio Centrale italiano) condotta da Gu.Fl., il Giudice di Pace avrebbe dovuto fare applicazione dell’art. 141 D.Lgs. 9 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private) cod. ss., con due conseguenze: l’erronea applicazione dell’art. 2054 c.c. e l’erronea ammissione della chiamata in causa di Al. Assicurazioni S.p.A. posto che, a norma del comma 4 del citato art. 141 D.Lgs. 9 settembre 2005, n. 209, la compagnia responsabile “diretta” (in questo caso U.C.I.) non può preventivamente invocare la manleva di terzi ma unicamente agire “in rivalsa” nei loro confronti allorquando condannata a risarcire somme in favore del trasportato.

Invero, con l’azione di cui all’art. 141 cod. ass., la legge attribuisce all’assicuratore del vettore una funzione liquidatrice “neutra” che prescinde dall’accertamento del profilo della colpa.

Tanto premesso, si ritiene che – contrariamente a quanto dedotto da U.C.I. e Al. Assicurazioni s.p.a. – la domanda vada qualificata con riferimento al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dai fatti dedotti (cfr. Cass. Civ., Sez. II, Ordinanza n. 7322 del 14/03/2019) e, per tale ragione, debba essere ricondotta nell’alveo dell’azione diretta di cui all’art. 141 cod. ass..

Difatti, nonostante parte attrice abbia chiesto la condanna in solido di U.C.I. e di Al.An., il contenuto sostanziale degli atti induce a ritenere che il sig. Er.Mi. abbia inteso proporre la domanda di risarcimento esclusivamente nei confronti dell’assicurazione del vettore, U.C.I..

Ciò si trae dal fatto che a fondamento della domanda parte attrice ha dedotto la sussistenza del nesso causale tra il sinistro oggetto di causa e il danno riportato, senza prospettare profili di colpa del conducente del veicolo sul quale era trasportato al momento del sinistro.

Tale conclusione non può essere scalfita dalla circostanza, valorizzata dalla Al. Assicurazioni S.p.A. secondo la quale sono stati evocati in giudizio non solo l’assicurazione del vettore, ma anche Al. Assicurazioni S.p.A. il che farebbe ricondurre l’azione proposta nell’ambito dell’art. 144 Cod. Ass.: ciò anche in ragione del litisconsorzio necessario del proprietario del veicolo assicurato, confermato dalla recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Civ., Sez. VI-III, Ordinanza n. 21896 del 20/09/2017)

Sotto il profilo della propria legittimazione passiva, U.C.I. sostiene che non si possa contro di lui svolgere azione ex art. 141 D. Lgs 209/05 dal momento che esso, essendo non una compagnia assicurativa, ma mero soggetto garante, non potrebbe rivalersi di quanto eventualmente esborsato; a sostegno ha depositato al suo doc. 1, costituente un documento del Commissario Straordinario ISVAP del 2012.

Il motivo di appello è fondato.

L’art. 141 C.d.A. testualmente dispone che il terzo danneggiato venga risarcito in via diretta dall’assicuratore del conducente, salva l’ipotesi del sinistro dovuto a “caso fortuito”, e dunque non riconducibile a responsabilità di alcuno dei conducenti. Il diritto di rivalsa dell’assicurazione che ha pagato il risarcimento alla vittima è regolato dal successivo comma 4, che sancisce che l’impresa di assicurazione che ha effettuato il pagamento ha diritto di rivalsa nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile nei limiti ed alle condizioni previste dall’articolo 150.

U.C.I. sostiene che non si possa contro di lui svolgere azione ex art. 141 D. Lgs 209/05 dal momento che esso, essendo non una compagnia assicurativa, ma mero soggetto garante, non potrebbe rivalersi di quanto eventualmente esborsato; a sostegno ha depositato al suo doc. 1, costituente un documento del Commissario Straordinario ISVAP del 2012.

La prospettazione secondo la quale la procedura di risarcimento diretto, secondo quanto disposto dall’articolo 141 comma 4 del codice dell’assicurazione, sarebbe esperibile solo ed esclusivamente quando il sinistro è accaduto tra veicoli regolarmente assicurati con compagnie che abbiano aderito alla convenzione tra assicuratori per il risarcimento diretto, cosiddetta “CARD”, in conformità al disposto del primo comma dell’articolo 150 C.d.A., e all’art. 4 D.P.R. 254/2006, non può essere condivisa.

Il citato art. 141, norma di derivazione comunitaria, assegna una garanzia diretta alle vittime dei sinistri stradali in un’ottica di tutela sociale che fa traslare il “rischio di causa” dal terzo trasportato, vittima del sinistro, sulla compagnia assicuratrice del trasportante, e prescinde dall’accertamento della responsabilità dell’incidente, sollevando il terzo da rischi e oneri connessi alla ricerca del responsabile e della sua compagnia assicuratrice. Secondo la giurisprudenza consolidata, l’interesse di tutela del terzo che dovrà essere comunque risarcito prevale dunque su ogni questione inerente alla ricerca del responsabile, con esclusione, appunto, del solo caso fortuito (cfr. Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 16181 il 30/07/2015).

Anche il criterio di interpretazione letterale della norma (oltre che quello sistematico, che richiama la giurisprudenza comunitaria) induce a rilevare che l’art. 141, co. 1 C.d.A. menziona solo il caso fortuito come causa escludente il diritto del terzo di agire in via diretta, posto che il comma 4, che richiama il limite di massimale cui è tenuta e le condizioni di cui al CARD, regolamenta solo l’azione di rivalsa propria dell’impresa assicuratrice.

Di recente, la Suprema Corte, richiamando l’orientamento interpretativo citato a la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sotto il profilo del rispetto del diritto della vittima a ricevere un’adeguata e paritaria tutela in ogni situazione, e la sua matrice costituzionale, in quanto evita l’effetto discriminatorio che, diversamente ragionando, si determinerebbe per il terzo trasportato a seconda della situazione in cui versi la compagnia assicuratrice del responsabile, ha fissato il principio per cui:

“in tema di risarcimento del danno da incidente stradale, la persona trasportata può avvalersi dell’azione diretta nei confronti dell’impresa di assicurazioni del veicolo sul quale viaggiava al momento del sinistro anche se quest’ultimo sia stato determinato da uno scontro in cui sia rimasto coinvolto un veicolo assicurato con una compagnia che non abbia aderito alla convenzione tra assicuratori per il risarcimento diretto, c.d. CARD, atteso che l’art. 141 del D.Lgs. n. 206 del 2005, di derivazione comunitaria, assegna una garanzia diretta alle vittime dei sinistri stradali in un’ottica di tutela sociale che fa traslare il “rischio di causa” dal terzo trasportato, vittima del sinistro, sulla compagnia assicuratrice del trasportante”. (Cass. Civ., Sez. III, Ordinanza n. 1279 del 18/01/2019).

Alla luce di quanto sopra deve affermarsi la piena legittimazione passiva di U.C.I. e l’applicabilità dell’art. 141 Cod. Ass.

Ne consegue, sotto il profilo dell’onere della prova, che il terzo trasportato deve provare di avere subito un danno a seguito del sinistro, ma non anche le concrete modalità dell’incidente allo scopo di individuare la responsabilità dei rispettivi conducenti, trattandosi di accertamento irrilevante ai fini di cui all’art. 141 (cfr. Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 16181 il 30/07/2015, già citata).

Tanto chiarito, si ritiene che sia stato convincentemente provato il nesso eziologico tra il sinistro oggetto di causa ed i danni lamentati dal sig. Er.Mi..

La relazione tecnica a firma del dott. Sandro De Angelis, svolta nell’ambito dell’accertamento tecnico ex art. 696 bis c.p.c., che questo giudice ritiene di dover integralmente richiamare e condividere in quanto immuni da vizi logici e suffragati da riscontri con la documentazione in atti e l’esame medicolegale, nel contraddittorio tecnico con i consulenti di parte, consente di ritenere provato che il sig. Er.Mi., a seguito dell’evento traumatico del 5 ottobre 2014, ha subito trauma cranico non commotivo sovraorbitario sinistro, trauma distrattivo del rachide cervicale e dorso-lombare, trauma contusivo applicato a gomito sinistro e ginocchio sinistro.

Il c.t.u. ha confermato il nesso causale tra sinistro e lesione sotto tutti i profili: quello cronologico, che appare soddisfatto in relazione alla stretta vicinanza temporale tra l’evento traumatico e la formulazione diagnostica, quello del criterio topografico, vista la corrispondenza topografica tra la sede di applicazione della forza dannosa e il quadro clinico-patologico patito dal suddetto, quello di idoneità qualitativa e quantitativa (applicazione violenta dell’energia meccanica), quello di continuità fenomenica (improvvisa insorgenza del dolore e la limitazione funzionale a carico dei suddetti distretti) e, infine, l’assenza di notizie sui fenomeni precedenti, coincidenti o successive alla trauma, induce a ritenere rispettato il criterio di esclusione di altre cause.

In punto di diritto, come ritenuto anche dal Giudice di Pace, le lesioni riportate sono risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c.

Le sentenze delle Sezioni Unite del 2008 (26972, 26973, 26974 e 26975) “ripensano” il danno non patrimoniale in modo unitario ed onnicomprensivo delle precedenti figure (biologico, esistenziale, morale), degradate, adesso, ad un livello meramente descrittivo.

È di tutta evidenza che una ferma volontà di “contenere” il sistema di risarcimento del danno alla persona: per questa ragione il danno non patrimoniale viene ricostruito come categoria unitaria, tipica, in cui la tutela risarcitoria al di fuori dei casi determinati dalla legge è concessa soltanto se si accerta la lesione di un diritto inviolabile della persona.

Il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale preclude la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona, che costituirebbero vere e proprie duplicazioni risarcitone, fermo restando, però, l’obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale, nel singolo caso, tramite l’incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione (Cass. Sez. Terza, Sentenza n. 24473 del 18/11/2014).

Le lesioni subite da si sono tradotte nel pregiudizio del diritto alla salute riconosciuto e garantito dall’articolo 32 della Costituzione.

Ciò posto in ordine al fondamento anche costituzionale della tutela, va osservato che la nozione di danno biologico è stata codificata a livello normativo dall’art. 139 comma 2 del D.Lgs. n. 209 del 7.9.2005 (cd. codice delle assicurazioni): per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito”.

Si tratta di una definizione ricognitiva dei diffusi approdi resi in materia dalla giurisprudenza e pertanto è estendibile anche al di là dell’ambito settoriale in cui è stata inserita: emerge da tale definizione, ed in particolare dalla circostanza che il danno biologico è indipendente dal ruolo che i requisiti ed attributi biologici della persona sono in grado di svolgere sulle capacità di reddito ed è invece collegato alla sfera di incidenza non patrimoniale di essi.

Il c.t.u. ha individuato le conseguenze di carattere temporaneo nei seguenti termini: il danno biologico temporaneo può essere quantificato in 10 giorni di invalidità parziale al 75%, 20 giorni di invalidità parziale al 50% e 20 invalidità parziale al 25%.

Relativamente alla quantificazione del danno biologico permanente, viene quindi quantificato in misura pari al 1,5 % secondo le indicazioni valutative offerte dalla più autorevole e condivisa dottrina medico

legale.

Tutto ciò premesso, si deve ora provvedere alla liquidazione del danno biologico, secondo le indicazioni formalizzate nell’art. 138 D. Lgs. n. 209 del 2005, secondo i valori del 2014, richiesti dall’attore.

Al momento dei fatti, Er.Mi. aveva 40 anni.

Il punto base previsto dalle tabelle è di Euro 795,91. Si perviene per il danno biologico permanente alla somma di Euro 1.082,44

Va poi riconosciuta la somma di Euro 1.044,68 per danno biologico temporaneo (in particolare: Euro 348,23 per i 10 giorni di invalidità parziale al 75%, Euro 464,30 per i 10 giorni di invalidità parziale al 50% ed Euro 232,15 per i 10 giorni di invalidità parziale al 25%.

Si perviene ad un totale di Euro 2.127,12.

Va notato che il Giudice di Pace erroneamente perviene al totale di 1.082,44, escludendo dal conteggio complessivo il danno biologico temporaneo, che però dichiara di riconoscere.

Condivisibilmente invece il Giudice di Pace non ha riconosciuto il danno morale in assenza di allegazione e prova sul punto: come chiarito dalla Suprema Corte, “in caso di incidente stradale, va liquidato anche il danno morale, ancorché conseguente a lesioni di lieve entità (micropermanenti), purché si tenga conto della lesione in concreto subita, non sussistendo alcuna automaticità parametrata al danno biologico, e il danneggiato è onerato dell’allegazione e della prova, eventualmente anche a mezzo di presunzioni, delle circostanze utili ad apprezzare la concreta incidenza della lesione patita in termini di sofferenza e turbamento ” (Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 339 del 13/01/2016).

In punto di spese, il Giudice di Pace ha riconosciuto a tale titolo solo la somma di Euro 163,00 a tale titolo, non essendo per le altre somme provato l’esborso.

L’impugnazione sotto questo profilo va respinta: correttamente, il Giudice di Pace, in assenza di fattura, che provi di per sé l’esborso, non ha ritenuto provata la spesa, posto che l’attore non ha ritenuto di articolare prove sull’effettivo pagamento delle note proforma allegate al ricorso ex art. 696 bis c.p.c., peraltro non presenti nel fascicolo di parte prodotto nel presente grado.

Il risarcimento dovuto da U.C.I. a Er.Mi. va quindi quantificato in Euro 2.290,12.

Al creditore di un’obbligazione di valore spetta anche il risarcimento del danno ulteriore causato dal ritardato adempimento; nel caso in esame, gli interessi sono stati espressamente richiesti. La base del calcolo è costituito non dal credito in moneta attuale (v. Cass. Sez. Unite, 17.12.95, n. 1712), ma dal credito originario via via rivalutato anno per anno. Al momento del deposito della sentenza l’obbligazione di valore si trasforma in obbligazione di valuta e produce, altresì, interessi legali fino al pagamento.

L’importo è già valutato secondo le tabelle vigenti al momento del sinistro: esso va quindi rivalutato in base all’indice FOI elaborato dall’ISTAT, fino alla data della presente sentenza, con applicazione di anno in anno degli interessi maturati (Cass. Civ. Sez. Un. 17/02/95 n. 1712), al tasso legale, in assenza di diverse richieste della ricorrente: si perviene alla somma di Euro 2.394,93. Su tale somma saranno dovuti gli interessi legali dalla data del presente provvedimento al pagamento.

In via incidentale condizionata, per la denegata ipotesi di ritenuta applicabilità dell’art. 141 del Codice delle Assicurazioni Private, in parziale riforma della sentenza del Giudice di Pace di Ferrara n°112/2018 del 12 Febbraio 2018 dichiarare la responsabilità esclusiva o quantomeno prevalente del Sig. An.Al. nella causazione dell’occorso, e per l’effetto condannare il medesimo, in solido con la Al. S.p.A., ai sensi degli articoli 1916 e 2055 del Codice civile, a rifondere all’Ufficio Centrale Italiano quanto eventualmente corrisposto al Sig. Er.Mi. in esecuzione dell’emananda sentenza in eccedenza alla quota di responsabilità imputata al conducente del veicolo garantito dall’U.C.I. L’appello incidentale è stato notificata anche all’appellato contumace Al..

La ricostruzione del sinistro effettuata dal Giudice di Pace appare corretta.

La dinamica del sinistro risulta dal verbale dei carabinieri e dalle dichiarazioni del teste sig. Da.Me.

Gli agenti accertatori hanno così ricostruito la dinamica dell’incidente: “il sig. Gu.Fl. alla guida del veicolo A (autovettura (…) 318) e trasportando al suo fianco il sig. Er.Mi., proprietario del veicolo e sul sedile posteriore destro la sig.ra Mi.Ti., moglie di quest’ultimo, percorreva la rampa del raccordo autostradale Ferrara-Portogaribaldi con direzione Via (…). Giunto all’intersezione con quest’ultima via, si fermava in ottemperanza alla segnaletica orizzontale e verticale di STOP posta in loco. Successivamente riprendeva la marcia impegnando l’area di intersezione con l’intento di svoltare a sinistra e nella circostanza ometteva di concedere la precedenza ai veicoli circolanti sulla Via (…). In questa fase, veniva a collisione con il veicolo B (autovettura (…)L), condotto dal sig. Al., che, solo a bordo, percorreva la via (…) proveniente dalla periferia e con direzione verso il centro città, senza moderare la velocità di strada “. L’omissione della precedenza da parte del sig. Gu.Fl. è stata confermata dal teste Me., sentito in primo grado.

È evidente che appare corretto il riconoscimento della prevalente responsabilità in capo al soggetto sul cui veicolo viaggiava l’attore, essendo il sinistro stato determinato dall’omessa precedenza; alcun

rilievo assume l’accoglimento dell’impugnazione della sanzione da parte del Gu.Fl., non incidendo la revoca della stessa sull’indagine sulla causazione del sinistro.

Dunque, l’Al., con la propria condotta di guida non conforme ai limiti di velocità, ha ulteriormente contribuito al sinistro.

In sostanza, se non ci fosse stata quella manovra avventata, quand’anche il convenuto Al. avesse mantenuto una velocità consona alle condizioni di traffico, l’impatto ci sarebbe comunque stato, con danni magari più limitati.

Se, effettivamente, può dirsi che l’apporto del mezzo del sig. Al. all’incidente fu minimo, sicuramente quantificabile in misura non superiore al 20%, è anche vero che nel caso di specie si applica l’art. 2055 c.c. che stabilisce che “se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno”. Il concorso causale ed il grado di colpa rilevano, come si è detto, unicamente ai fini dell’azione di regresso tra i convenuti.

La somma dovuta in solido da Al.An. e Al. Assicurazioni S.p.A. a U.C.I. è quindi pari a 478,86. Su tale somma saranno dovuti gli interessi legali dalla data del presente provvedimento al pagamento.

Quanto alle spese, in tema di impugnazioni, il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite. La Suprema Corte ha chiarito che “la decisione dell’impugnazione sulla questione principale può comportare la modificazione, in virtù del cosiddetto “effetto espansivo interno” anche della questione dipendente (nella specie, riguardante le spese di lite del primo grado), pur se autonoma e non investita da specifica censura; tale “modificabilità” dei capi di sentenza autonomi ma dipendenti da altro capo, costituendo un’eccezione al principio della formazione del giudicato in mancanza di impugnazione, va applicata con estremo rigore, dovendosi perciò escludere che l’impugnazione della statuizione sulla questione principale rimetta in ogni caso in discussione la decisione sulla questione dipendente, attribuendo perciò sempre al giudice dell’impugnazione il potere di deciderla nuovamente e autonomamente, posto che ciò potrà e dovrà accadere solo ove sia imposto dal tenore della decisione relativa all’impugnazione principale, ossia quando tale ultima decisione si ponga in contrasto con quella sulla questione dipendente. In tal caso, la direzione e i limiti dell’intervento consentito al giudice dell’impugnazione sulla statuizione dipendente non colpita da impugnazione non potranno che dedursi dalle necessità di coerenza imposte dalla decisione sulla questione principale e dai motivi posti a sostegno della medesima” (Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 23985 del 26/09/2019).

In applicazione di detto principio, e spese di lite sostenute dall’appellante Er.Mi., per entrambi i gradi e per la fase ex art. 696 bis c.p.c., vanno poste a carico di U.C.I., soccombente rispetto alla domanda principale. Esse vanno liquidate a favore del difensore, dichiaratosi anticipatario, tenuto conto, per quanto riguarda i compensi professionali, dei parametri previsti dal D.M. 55/2014, alla luce dell’attività complessivamente svolta e dello scaglione di riferimento in relazione al valore della causa (euro 1.350,00 per la fase ex art. 696 bis c.p.c.; Euro 1.150,00 per il primo grado ossia Euro 230,00 per fase di studio, Euro 170,00 per fase introduttiva, Euro 380,00 per fase istruttoria, Euro 370,00 per fase decisoria; Euro 1.800,00 per la presente fase, ossia 500,00 per fase di studio, Euro 450,00 per fase introduttiva, Euro 850,00 per fase decisoria). Il difensore non ha dichiarato, nelle note spese depositate, di avere anticipato spese vive.

Vanno riconosciute altresì, direttamente all’attore, non risultando l’anticipazione di tali spese da parte del difensore antistatario, le spese di c.t.u. e c.t.p. pari ad Euro 1098,00 (docc. 2 e 3 fasc. parte attrice appellante).

Le spese di lite tra U.C.I., Al.An. e Al. Assicurazioni S.p.A. vengono invece compensate, tenuto conto della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da MI.ER. avverso la sentenza n. 112/18 del Giudice di Pace di Ferrara, depositata in data 12/02/2018, nei confronti di UCI S.C.AR.L., AL.AN. E AL. ASSICURAZIONI S.p.A. ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

– accoglie l’appello principale e, per l’effetto, ritenuta la legittimazione passiva di U.C.I. in relazione all’azione ex art. 141 D.Lgs. 9 settembre 2005, n. 209 promossa dall’attore, dichiara tenuta e condanna quest’ultima, in persona del legale rappresentante, al pagamento in favore di Er.Mi. della somma di Euro 2.394,93, oltre gli interessi legali dalla data del presente provvedimento al pagamento;

– accoglie l’appello incidentale condizionato proposto da U.C.I. e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara tenute e condanna Al.An. e Al. Assicurazioni S.p.A. in solido tra loro al pagamento in favore di U.C.I. della somma di Euro 478,86, oltre gli interessi legali dalla data del presente provvedimento al pagamento;

– rigetta nel resto;

– in riforma della sentenza di primo grado, dichiara tenuta e condanna U.C.I. in persona del legale rappresentante alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio nonché del procedimento ex art. 696 bis c.p.c., che liquida nella somma di Euro 1.098,00 per spese di c.t.u. e c.t.p. in favore di Er.Mi. e, per compensi professionali da distrarre in favore del difensore Avv. Va.Si. ai sensi dell’art. 93 c.p.c., nella somma di complessivi Euro 4.300,00, oltre rimborso forfettario per spese generali nella misura del 15%, IVA e c.p.a. con aliquote di legge e se dovute;

– compensa le spese tra U.C.I., Al. Assicurazioni S.p.A. e Al.An..

Così deciso in Ferrara il 29 gennaio 2020.

Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.