Il discrimine tra l’azione individuale e l’azione sociale nell’ambito della responsabilità civile degli amministratori è costituito, dunque, dalla circostanza che il danno lamentato deve essersi verificato direttamente ed unicamente nella sfera giuridica del singolo socio o del terzo a prescindere dall’esistenza o meno del danno al patrimonio sociale, così che esula dall’ambito del danno risarcibile al singolo creditore qualsiasi pregiudizio che il sia il mero riflesso del depauperamento del patrimonio sociale e, come tale, sia rimediabile con la riparazione della perdita subita dalla società, attraverso il riconoscimento alla società del diritto al risarcimento del danno.
Tribunale|Milano|Civile|Sentenza|13 febbraio 2020| n. 1368
Data udienza 30 gennaio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA B
Il Tribunale di Milano in composizione collegiale nelle persone dei magistrati:
Dott. Angelo Mambriani – Presidente
Dott. Guido Vannicelli – Giudice
Dott. Daniela Marconi – Giudice relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 65507 del ruolo generale degli affari contenziosi civili per l’anno 2016, promossa da:
(…) S.R.L., con sede in N., in persona del legale rappresentante (…), elettivamente domiciliata a Milano presso lo studio dell’avv. Al.Pa., rappresentata e difesa dall’avv. Ga.Ru. per procura speciale in calce all’atto di citazione,
ATTRICE
contro
(…), residente a (…) e (…) residente a N., elettivamente domiciliati a Milano presso lo studio dell’avv. Fr.Pa. e dell’avv. Mi.Ce. che li rappresentano e difendono per procura speciale in calce alla comparsa di costituzione e risposta
CONVENUTI
contro
(…), residente a (…), elettivamente domiciliato a Milano presso lo studio degli avvocati Fr.Pa. e Mi.Ce. che lo rappresentano e difendono per procura speciale in calce alla comparsa di costituzione e risposta
CONVENUTO
contro
(…) S.R.L., in persona del legale rappresentante (…), con sede a M. via (…),
CONVENUTA CONTUMACE
MOTIVAZIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato il 29.11.2016, la (…) s.r.l., premesso di essere divenuta socia al 70% della (…) s.r.l., originariamente costituita il 5.2.2015 dalla (…) s.r.l. e dalla (…) s.r.l. con un capitale sociale di Euro 10.000 per l’esercizio dell’attività di ristorazione, ha proposto l’azione di responsabilità, ai sensi dell’art. 2476 comma 6 e 7 c.c. e dell’art. 2043 c.c., nei confronti (…) e (…), rispettivamente ex amministratore unico e amministratore di fatto della (…) s.r.l. oltre che amministratori della (…) s.r.l. e della (…) s.r.l., nonché, l’azione di responsabilità, ai sensi dell’art. 2465 comma 1 c.c., nei confronti dell’esperto estimatore (…).
A fondamento della domanda risarcitoria la società attrice ha sostenuto che i convenuti, nell’espletamento dei diversi incarichi, avrebbero cagionato un grave pregiudizio al patrimonio sociale della (…) s.r.l. e un danno diretto al suo patrimonio attraverso la preordinazione dolosa ed in conflitto di interessi di un’operazione di aumento di capitale della (…) s.r.l. mediante conferimento in natura da parte della (…) s.r.l. di beni mobili non registrati di valore inesistente o, comunque, di molto inferiore a quello stimato dall’esperto (…) in Euro 387.000, inducendola, contestualmente, ad acquistare dalla stessa (…) s.r.l. la partecipazione sociale del 70% nella (…) s.r.l. ad un prezzo notevolmente superiore al valore effettivo della quota.
Riferiva in particolare la società attrice che nel contratto preliminare di compravendita di quote sociali del 18 gennaio 2016, stipulato con la (…) s.r.l., la (…) s.r.l. e la (…) s.r.l., a vario titolo amministrate da (…) e (…), erano stati, fra l’altro, previsti:
– l’impegno della (…) s.r.l. a deliberare l’aumento di capitale di Euro 388.000 mediante conferimento in natura da parte della socia (…) s.r.l. del ramo d’azienda avente ad oggetto l’attività di ristorazione da avviarsi a (…) in via S. P. n. 4, nei locali condotti in locazione, di proprietà della (…), in corso di ristrutturazione ed allestimento;
– e l’impegno della (…) s.r.l. ad acquistare dalla (…) s.r.l. la quota del 70% del capitale sociale della (…) s.r.l. al prezzo di Euro 271.600 oltre che ad effettuare un finanziamento infruttifero alla (…) di Euro 634.000.
In attuazione del contratto preliminare in questione l’assemblea dei soci della (…) S.r.l. del 12 maggio 2016 aveva, come programmato, deliberato l’aumento di capitale mediante conferimento in natura dell’azienda sulla base della stima effettuata, ai sensi dell’art. 2465 c.c., dal convenuto (…), integralmente sottoscritto dalla (…) s.r.l. con rinuncia della (…) s.r.l. al diritto di opzione mentre successivamente, il 15 giugno 2016, la società attrice aveva acquistato dalla (…) s.r.l. la partecipazione sociale del 70% nella (…) s.r.l.
Nel corso della stessa assemblea dei soci della (…) S.r.l. del 12 maggio 2016, l’amministratore dimissionario (…) veniva sostituito da (…) la quale, dopo aver con difficoltà e tardivamente ricevuto la consegna della documentazione contabile della società, aveva scoperto, all’esito della verifica eseguita dal sindaco unico, ai sensi dell’art. 2304 c.c., che
– la perizia di stima del (…) redatta ai sensi dell’art. 2465 c.c. non conteneva alcuna descrizione dei beni dell’azienda conferita e nella stima dell’attivo e del passivo si limitava a fare rinvio alle fatture relative ai lavori di ristrutturazione e di acquisto degli arredi, determinandone il valore attraverso la semplice somma algebrica dell’importo delle fatture e del debito residuo derivante dal loro parziale pagamento;
– una parte cospicua del valore dei beni conferiti, pari ad Euro 442.979, era costituita da fatture relative lavori eseguiti su locali di proprietà di terzi, essendo l’immobile destinato all’esercizio dell’attività di ristorazione condotto in locazione, senza alcuna verifica della loro effettiva ed esatta esecuzione.
Il conferimento in natura non aveva, quindi, riguardato beni mobili non registrati da iscrivere tra i beni materiali come affermato nella perizia in violazione dei principi contabili che governano la materia ma la mera utilità futura da trarre da lavori di allestimento e ristrutturazione su beni altrui, sostanzialmente priva di valore, da considerare fra le immobilizzazioni immateriali.
L’aumento di capitale si era, quindi, rivelato fittizio a danno sia del patrimonio sociale della (…) s.r.l., che aveva una consistenza reale inferiore a quella apparentemente conseguita con l’operazione ed era gravato della necessità di spese ulteriori per almeno Euro 250.000 prima di poter avviare l’attività del ristorante, sia del patrimonio della società attrice che era stata indotta dolosamente dalla condotta in conflitto di interessi dei convenuti (…) e (…) nonché dalla perizia infedele del (…) a spendere Euro 271.000 per l’acquisto di una partecipazione di valore di gran lunga inferiore.
La società attrice chiedeva, quindi, la condanna dei tre convenuti
– al risarcimento del danno subito dalla (…) s.r.l. per il conferimento di beni di nessun valore e per le spese ulteriori da affrontare per l’apertura del ristorante mediante pagamento della somma di Euro 387.000 e della somma Euro 250.000;
– al risarcimento del danno diretto da lei subito in quanto socia per il minor valore della sua partecipazione sociale mediante pagamento della somma di Euro 250.000.
Nel costituirsi in giudizio i convenuti (…) e (…) eccepivano preliminarmente l’improponibilità della domanda risarcitoria proposta dalla società attrice in violazione del principio della c.d. pregiudiziale di annullamento secondo cui, se il danno lamentato dal socio scaturisce da una deliberazione di aumento di capitale adottata in conflitto di interessi, non sarebbe ammissibile la tutela risarcitoria ove non sia stata preventivamente invocata la tutela reale demolitoria mediante l’impugnazione della delibera asseritamente invalida.
Eccepivano, sempre in via preliminare, il difetto di legittimazione ad agire della (…) s.r.l. in relazione alla domanda svolta per il risarcimento del danno diretto, dovendo il danno da perdita di valore della partecipazione sociale annoverarsi tra i danni riflessi subiti dal patrimonio del socio in ragione della perdita di valore del patrimonio sociale che non possono essere dedotti a fondamento dell’azione del singolo socio prevista dall’art. 2476 comma 6 c.c.
Nel merito sostenevano che la domanda della società attrice, completamente priva di fondamento, avrebbe natura ritorsiva rispetto all’esito infausto di un’altra operazione programmata contestualmente dalle parti.
Premesso che l’acquisto della partecipazione sociale nella (…) s.r.l. da parte della società attrice era avvenuta il 15 giugno 2016 e, dunque, dopo la deliberazione di aumento del capitale e quando la (…) s.r.l. era già amministrata da (…), figlia di (…) a cui fa capo il gruppo della (…) s.r.l., sottolineavano che il conferimento in natura aveva avuto ad oggetto un ramo d’azienda per la gestione di un ristorante in corso di allestimento e con lavori di ristrutturazione quasi terminati con l’accollo del solo debito residuo verso appaltatore e direttore lavori per complessivi Euro 134.000 e, quindi, del tutto correttamente il perito aveva fatto riferimento per la stima dell’utilità derivante dai lavori di ristrutturazione al costo sostenuto per la loro realizzazione come desumibile dalle fatture relative al corrispettivo pagato.
Posto che la (…) s.r.l. non aveva mai contestato l’effettiva ed esatta esecuzione dei lavori di ristrutturazione ed allestimento dei locali, tanto è vero che aveva pagato i debiti residui verso l’appaltatrice e direttore lavori o, comunque, li aveva iscritti nel suo bilancio, non vi sarebbe alcun motivo per ritenere fittizio l’aumento di capitale.
Chiedeva, quindi, il rigetto della domanda risarcitoria proposta in mancanza di qualsiasi descrizione e prova del danno lamentato.
Si costituiva in giudizio anche il convenuto (…) svolgendo le stesse difese degli altri due convenuti e sottolineando, in particolare, la correttezza dei criteri adottati nella perizia per la stima dei beni ed utilità oggetto del conferimento che erano state da lui contabilmente classificate come immobilizzazioni e correttamente stimate con riferimento al loro costo, dopo aver eseguito il sopralluogo nei locali per verificare lo stato dei lavori.
Del resto la società attrice aveva preso in consegna i locali del ristorante in allestimento dalla (…) s.r.l. l’11 maggio 2016 senza fare alcuna contestazione in relazione ai beni ed ai lavori di ristrutturazione eseguiti, sottoscrivendo, poi, il 9 giugno 2016 l’atto di subentro nel contratto di locazione ed il 15 giugno 2016 l’atto di acquisto della partecipazione sociale nella (…) s.r.l. senza alcun rilievo.
Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda attorea.
Nonostante la ritualità della notificazione dell’atto di citazione la (…) s.r.l. non si costituiva in giudizio e all’udienza di trattazione veniva dichiarata contumace.
All’esito di ampia trattazione, respinte le istanze istruttorie delle parti, la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione.
Le domande risarcitorie avanzate dalla società attrice nei confronti degli amministratori convenuti cumulando confusamente l’azione sociale di responsabilità e l’azione individuale del socio sono palesemente prive di fondamento sin dalla loro prospettazione e l’esame nel merito delle ragioni giuridiche che ne determinano il rigetto costituisce la c.d. ragione più liquida che assorbe ogni altra questione dibattuta fra le parti.
Dal semplice esame delle allegazioni contenute nell’atto di citazione emerge che la società attrice, nella sua qualità di socia ha proposto, innanzitutto, l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori di diritto e di fatto della (…) s.r.l. chiedendo, in virtù della legittimazione sostitutiva attribuita al socio dall’art. 2476 comma 3 c.c., il risarcimento a favore della società del danno che sarebbe derivato al patrimonio sociale dalla mancanza di valore del conferimento connesso all’operazione fittizia di aumento di capitale e dalla necessità di affrontare ulteriori spese per l’avvio dell’attività di ristorazione programmata.
Per appurare l’infondatezza dell’azione sociale di responsabilità descritta è sufficiente evidenziare che
a) l’operazione su capitale non è un atto gestorio dell’amministratore ma un atto dell’assemblea dei soci. In particolare, l’aumento di capitale incriminato non è un atto dell’organo amministrativo di diritto o di fatto della (…) ma è il frutto di una deliberazione dell’assemblea dei soci (…) s.r.l. e (…) s.r.l. che l’hanno votata mentre il conferimento in natura di beni privi di effettivo valore è imputabile esclusivamente al socio (…) s.r.l. che ha sottoscritto l’aumento di capitale impegnandosi al conferimento di beni o utilità di valore corrispondente a quello stimato dal perito. Responsabili giuridicamente del danno che ne dovesse derivare al patrimonio sociale sono, dunque, solo i soci che hanno deliberato e sottoscritto l’aumento di capitale che non sono stati, però, neanche evocati nel presente giudizio.
Al riguardo è appena il caso di evidenziare che i convenuti (…) e (…), allorché hanno espresso il loro voto nell’assemblea dei soci di (…) s.r.l. che ha deliberato l’aumento di capitale come amministratori della (…) s.r.l. e della (…) s.r.l., ne hanno integralmente imputato gli effetti alle società rappresentate in virtù del rapporto di immedesimazione organica, per cui appare priva di senso la loro chiamata a rispondere verso la (…) s.r.l. anche nella loro qualità di amministratori delle due socie.
b) il conferimento in natura di beni di valore inferiore al capitale nominale sottoscritto non costituisce di per sé un danno per la società in quanto si traduce immediatamente nel debito del socio conferitario per la reintegrazione della differenza. Non è configurabile, infatti, un pregiudizio per il patrimonio della società che derivi dal semplice conferimento di beni in natura di valore inferiore al capitale nominale: la società resta, comunque, titolare di un credito verso il socio conferitario tenuto a versare la differenza in denaro o, comunque, a sanare la minusvalenza, mentre nel frattempo può godere dei vantaggi connessi all’apparenza della sopracapitalizzazione.
La società può subire danno solo dall’inadempimento del socio all’obbligo di versare la differenza di valore del conferimento che impone all’amministratore innanzitutto l’adozione delle misure necessarie ad ottenere la reintegrazione e solo in mancanza di promuovere le iniziative necessarie alla riduzione del capitale.
Il mancato richiamo nella disciplina dell’art. 2465 c.c. delle rigide forme del procedimento di verifica e controllo del valore del conferimento da parte dell’amministratore previste dall’art. 2343 c.c. per le società per azioni, non vuol dire che il socio conferitario non sia, comunque, tenuto alla reintegrazione dell’eventuale differenza tra il valore del conferimento ed il capitale nominale sottoscritto e che non debbano essere adottate dall’organo amministrativo della società a responsabilità limitata le misure necessarie ad ottenere dal socio l’esatto adempimento dell’obbligo di conferimento in natura assunto con la sottoscrizione del capitale nominale.
Vale, in proposito, richiamare la disciplina prevista dall’art. 2466 c.c.
Nel caso in esame, dunque, la responsabilità dell’ex amministratore (…), sostituito contestualmente alla deliberazione dell’aumento di capitale asseritamente fittizio da (…), non è neanche astrattamente configurabile, posto che era onere dell’amministratore subentrato nell’incarico verificare la corrispondenza del valore del conferimento al capitale nominale sottoscritto ed eventualmente pretendere dal socio (…) s.r.l., il versamento della differenza.
Anche l’azione di responsabilità individuale proposta dalla socia attrice, ai sensi dell’art. 2476 comma 6 c.c. verso gli amministratori della (…) s.r.l. per ottenere il risarcimento del danno consistito nell’acquisto di una partecipazione sociale rivelatasi di valore inferiore al prezzo pattuito in conseguenza della dolosa preordinazione dell’operazione fittizia di aumento di capitale è palesemente priva di fondamento giuridico.
La norma richiamata, infatti, attribuisce al singolo socio o al terzo l’azione individuale di responsabilità extracontrattuale per far valere il diritto al risarcimento del danno direttamente cagionato nella loro sfera giuridica dagli dolosi o colposi degli amministratori.
Il discrimine tra l’azione individuale e l’azione sociale nell’ambito della responsabilità civile degli amministratori è costituito, dunque, dalla circostanza che il danno lamentato deve essersi verificato direttamente ed unicamente nella sfera giuridica del singolo socio o del terzo a prescindere dall’esistenza o meno del danno al patrimonio sociale, così che esula dall’ambito del danno risarcibile al singolo creditore qualsiasi pregiudizio che il sia il mero riflesso del depauperamento del patrimonio sociale e, come tale, sia rimediabile con la riparazione della perdita subita dalla società, attraverso il riconoscimento alla società del diritto al risarcimento del danno (v. Cass. SU 24.12.2009 n. 27346; Cass. 23.6.2010 n. 15220; Cass. 14.2.2012 n. 2087; Cass. 22.3.2012 n. 4548; Cass. 11.12.2013 n. 27733).
Il danno lamentato dalla società attrice a fondamento dell’azione di responsabilità individuale è chiaramente solo un danno riflesso in quanto la perdita di valore della partecipazione sociale è indissolubilmente legata, nella prospettazione dell’attrice, alla perdita di valore del patrimonio sociale in ragione del mancato effettivo conferimento dei beni in natura. Tanto è vero che la richiesta risarcitoria svolta in proprio dalla società attrice si traduce nella mera duplicazione della domanda di riparazione mediante pagamento della somma di Euro 250.000 già svolta a nome della (…) s.r.l. (v. lettere C) D) F) delle conclusioni di parte attrice).
Inoltre, nel caso di cessione di quote solo apparentemente liberate, non sembra configurabile la responsabilità dell’amministratore della società partecipata verso il socio cessionario per il ” minor valore” della quota in ragione del minor valore del conferimento effettuato dal socio cedente rispetto al valore nominale, perché o l’amministratore non escute il socio cessionario per la differenza- sicché, come nel caso di specie, il socio cessionario non subisce alcuna diminuzione patrimoniale, permanendo intatto l’apparente valore nominale della quota- oppure lo escute in ciò tuttavia adempiendo ai suoi doveri e potendo, in ogni caso, il socio cessionario rivolgersi al cedente per il ristoro del danno che abbia subito.
Tutte le domande proposte nei confronti dei convenuti (…) e (…), quest’ultimo, peraltro, coinvolto dalla società attrice nella vicenda senza allegazione in giudizio di alcuna circostanza idonea ad evidenziare che avesse svolto di fatto le funzioni di amministratore della (…) s.r.l., devono essere respinte.
Non resta che affrontare l’esame dell’azione di responsabilità proposta dalla società attrice, ai sensi dell’art. 2465 c.c., nei confronti dell’esperto estimatore per il danno subito in conseguenza della sopravvalutazione del conferimento operata nella relazione di stima resa a supporto della deliberazione di aumento, asseritamente fittizio, del capitale sociale.
Preliminarmente è importante chiarire che, non essendo la responsabilità civile dell’esperto una misura meramente sanzionatoria delle irregolarità formali compiute dal professionista nella redazione della stima, le lacune della relazione o le imprecisioni terminologiche e contabili, su cui si sono essenzialmente appuntate le difese della società attrice, non rilevano ai fini dell’accertamento della responsabilità dell’esperto estimatore in mancanza di deduzione e prova che effettivamente i beni e le utilità conferiti nella società non fossero di valore corrispondente a quello attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale.
L’epicentro del fatto lesivo consiste, infatti, non nella violazione formale di principi contabili o estimatori, ma nell’acquisizione all’attivo del patrimonio sociale per effetto del conferimento eseguito al momento dell’aumento di capitale di beni ed utilità di valore inesistente o, comunque, di molto inferiore a quello indicato nella relazione di stima.
Nel caso in esame il conferimento in natura da parte della socia (…) s.r.l. aveva ad oggetto i beni mobili costituenti l’arredo e gli impianti del ristorante in allestimento presso i locali condotti in locazione dalla società conferente e le utilità immediate derivanti dall’esecuzione dei lavori di ristrutturazione in corso di completamento, come risulta inequivocabilmente dal verbale della delibera di aumento di capitale del 12 maggio 2016 e dall’allegato A della relazione di stima dell’esperto allegata alla delibera (doc. 2 parte convenuta (…) a pag. 2 e 3 e allegato A della relazione di stima).
Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla società attrice nella comparsa conclusionale, il conferimento in natura oggetto della valutazione da parte dell’esperto convenuto non era il ramo d’azienda relativo all’attività di ristorazione in corso di allestimento presso i locali di via (…) P. n. 4 a (…), cioè l’intero complesso dei beni mobili ed immobili, anche condotti in locazione, destinati alla gestione del ristorante, ma semplicemente la titolarità di beni mobili determinati e le utilità immediatamente connesse ad opere specificamente individuate.
Rispetto all’effettivo contenuto del conferimento, per quanto la perizia di stima sia estremamente succinta ed approssimativa posto che l’estimatore ha attestato il valore attribuito ai beni e alle opere senza neanche fare cenno all’esecuzione di un sopralluogo nei locali per verificarne le condizioni e limitandosi ad una descrizione “per relationem” a quella contenuta nelle fatture richiamate, la società attrice non ha mai specificamente dedotto, nel corso del giudizio, quali dei lavori descritti nelle fatture di cui all’allegato A della relazione non sarebbero stati eseguiti o pagati dalla socia conferente o quali dei beni mobili non fossero presenti nei locali al momento della loro consegna.
Per contro dalla documentazione acquisita risulta non solo che i beni e lavori descritti nelle fatture di cui all’allegato A della relazione erano stati effettivamente acquistati ed eseguiti oltre che pagati dalla (…) s.r.l. nella misura risultante dalla relazione ( doc. 5 e 6 di parte convenuta (…) e (…) nonché doc. 27 ove risulta che al 27 novembre 2015 la società appaltatrice aveva già consegnato le opere) ma che, con la sottoscrizione per accettazione della lettera del 7 aprile 2016, anche l’attuale amministratore della società attrice (…) aveva preso atto dell’avvenuta esecuzione al 95% dei lavori di ristrutturazione del locale di via (…) P. ( v. doc. 7 di parte convenuta (…) e (…)).
Del resto dell’avvenuta effettiva esecuzione dei lavori e dell’effettivo acquisto dei beni oggetto del conferimento in natura al prezzo indicato nelle fatture da parte della socia conferente non può seriamente dubitarsi se si considerano:
– Il comportamento della (…), immediatamente successivo alla delibera di aumento di capitale del 12 maggio 2016, quando già era amministratrice la (…), figlia dell’attuale amministratore della società attrice, che nulla ha contestato in ordine all’eventuale esecuzione difettosa, pur avendo ricevuto, sin dal 11 maggio 2016, la consegna dei locali ove i lavori erano stato eseguiti ( doc. 15 di parte convenuta (…) e (…)) ed ha provveduto a pagare il residuo di una delle fattura dell’impresa appaltatrice indicate a debito nella relazione di stima (v. doc. 9, 10 di parte convenuta (…) e (…));
– Il comportamento della società attrice che, il 15 giugno 2016, pur avendo preso cognizione della delibera di aumento di capitale e della relazione di stima che vi era allegata e di cui ora lamenta lacunosità ed approssimazione già evidenti dalla sua semplice lettura e, avendo già verificato attraverso il suo amministratore lo stato dei lavori oggetto di conferimento (doc. 7 di parte convenuta da lui sottoscritto), ha proceduto all’acquisto della quota sociale, in esecuzione del contratto preliminare del 18 gennaio 2016, senza neanche farsi rilasciare dalla venditrice le usuali garanzie di effettività della consistenza del patrimonio sociale.
Anche la domanda risarcitoria nei confronti del convenuto (…) è priva di fondamento e deve, pertanto, essere respinta.
La soccombenza implica la condanna della società attrice al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 21.000 per compenso oltre al 15% per spese generali ed oneri di legge a favore dei convenuti (…) e (…) ed in Euro 18.000 per compenso oltre al 15% per spese generali ed oneri di legge a favore del convenuto (…).
Le spese devono, invece, essere dichiarata integralmente irripetibili nei confronti della convenuta (…) s.r.l. rimasta contumace.
La proposizione da parte della società attrice dell’azione di responsabilità verso gli amministratori e l’esperto convenuti in spregio ai principi fondamentali che governano il diritto societario ed in aperto contrasto con le obiettive risultanze della documentazione acquisita, anche sottoscritta dal suo stesso legale rappresentante come il doc. 7 di parte convenuta, dà luogo a responsabilità aggravata per lite temeraria costituente abuso del processo, ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
La società attrice deve, pertanto, ai sensi dell’art. 96 comma 3 c.p.c., essere condannata al pagamento a favore di ciascuno dei convenuti costituiti della sanzione equitativamente determinata nella misura di Euro 9.000 prossima alla metà della somma liquidata per compenso a titolo di spese legali.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, nella causa n. 65507/2016 promossa da MA. LU. S.R.L. contro (…), (…), (…) nonché contro (…) S.R.L. con atto di citazione notificato il 29.11.2016 disattesa ogni altra istanza, eccezione e deduzione, così provvede:
1) rigetta tutte le domande proposte dalla società attrice nei confronti dei convenuti;
2) condanna la società attrice al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 21.000 per compenso oltre al 15% per spese generali ed oneri di legge a favore dei convenuti (…) e (…) ed in Euro 18.000 per compenso oltre al 15% per spese generali ed oneri di legge a favore del convenuto (…).
3) dichiara integralmente irripetibili le spese processuali nel rapporto fra la società attrice e la convenuta contumace (…) s.r.l.;
4) condanna la società attrice al pagamento a favore di ciascuno dei convenuti costituiti (…), (…) e (…) della somma di Euro 9000, ai sensi dell’art. 96 comma 3 c.p.c.
Così deciso in Milano il 30 gennaio 2020.
Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2020.