L’articolo 147, comma 5, l.fall. trova applicazione non solo quando, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, risulti che l’impresa e’, in realta’, riferibile ad una societa’ di fatto tra il fallito ed uno o piu’ soci occulti, ma, in virtu’ di sua interpretazione estensiva, anche laddove il socio gia’ fallito sia una societa’, anche di capitali, che partecipi, con altre societa’ o persone fisiche, ad una societa’ di persone (cd. supersocieta’ di fatto) – non assoggettata ad altrui direzione e coordinamento – la cui sussistenza, pero’, postula la rigorosa dimostrazione del comune intento sociale perseguito, che deve essere conforme, e non contrario, all’interesse dei soci, dovendosi ritenere che la circostanza che le singole societa’ perseguano, invece, l’interesse delle persone fisiche che ne hanno il controllo, anche solo di fatto, costituisca, piuttosto, una prova contraria all’esistenza della supersocieta’ di fatto.
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Corte di Cassazione|Sezione 1|Civile|Ordinanza|27 giugno 2022| n. 20552
Data udienza 17 maggio 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere
Dott. ZULIANI Andrea – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15087/2020 proposto da:
Fallimento della societa’ di fatto composta da (OMISSIS) S.r.l. in Liquidazione, (OMISSIS) S.r.l., (OMISSIS) s.r.l. e da (OMISSIS), nonche’ dei soci illimitatamente responsabili, in persona del curatore pro tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocata (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 811/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, pubblicata il 17/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/05/2022 dal cons. TRICOMI LAURA.
RITENUTO CHE:
La Corte d’appello di Firenze, per quanto in questa sede ancora rileva, ha accolto il reclamo proposto da (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale della stessa citta’ che, decidendo sulle istanze ex articoli 6 e 7 L.F. rispettivamente avanzate dal curatore del Fallimento di (OMISSIS) s.r.l. e dall’ufficio della Procura, aveva dichiarato, ai sensi dell’articolo 147, 5 comma, L. Fall., il fallimento della societa’ di fatto costituita fra lo stesso (OMISSIS), (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l. e la gia’ fallita (OMISSIS) s.r.l., nonche’ il fallimento delle due prime societa’ e di (OMISSIS) quali soci illimitatamente responsabili della s.d.f.
La corte del merito ha revocato la dichiarazione di fallimento della s.d.f. e dei soci dichiarati falliti per ripercussione, escludendo che potessero ravvisarsi gli elementi indicativi dell’esistenza fra gli stessi e (OMISSIS) di una c.d. “supersocieta’ di fatto”.
La sentenza, pubblicata il 17 aprile 2020, e’ stata impugnata dal Curatore del Fallimento revocato con ricorso per cassazione affidato a due motivi. Gianfranco (OMISSIS) ha replicato con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE:
1.1 Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2497 c.c. e dell’articolo 112 c.p.c.
Il ricorrente – dopo avere rammentato che la fattispecie disciplinata dall’articolo 2947 cit. richiede: a) che vi sia una persona fisica o giuridica che esercita in maniera stabile e organizzata un’attivita’ di direzione e coordinamento di una o piu’ societa’, in violazione dei principi di corretta gestione societaria; b) il perseguimento da parte della stessa di un interesse imprenditoriale, proprio o altrui, contrario a quello delle societa’ dominate – sostiene che la corte d’appello ha errato nel ritenere che (OMISSIS) abbia esercitato attivita’ di direzione e coordinamento abusivo di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (eventualmente foriera di responsabilita’), di cui difettano i relativi presupposti.
In particolare, quanto al primo profilo, osserva che innanzi tutto difetterebbe il requisito dell’eterodirezione, ovvero la qualifica di dominus di (OMISSIS) secondo la definizione dell’articolo 2497 c.c., avendo questi svolto, in via immediata ed esclusiva, le funzioni decisorie e gestorie di tutte e tre le societa’, delle quali era amministratore unico, oltre che unico socio. Contesta poi l’accertamento della corte del merito secondo cui i molteplici interventi di una societa’ a favore dell’altra o di (OMISSIS), o di quest’ultimo a favore dell’una o dell’altra societa’, trovavano spiegazione in operazioni infragruppo, tipiche della direzione coordinata ed unitaria, senza che dalle stesse emergesse l’esistenza di un soggetto terzo quale impresa comune: rileva al riguardo che il rapporto organico sussistente tra (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) escludeva a priori qualsiasi ipotesi di sovraordinamento del primo, che non agiva come holder in proprio, ma spendendo il nome di volta in volta delle seconde, in una sostanziale situazione di pariordinazione, riconducibile alla nozione della c.d. “supersocieta’ di fatto” elaborata dalla giurisprudenza di questa Corte.
Quanto al secondo profilo, lamenta che il giudice del reclamo, pur avendo dato atto che si era in presenza di una pluralita’ di operazioni poste in essere da (OMISSIS) non solo a vantaggio di se’ medesimo o della moglie e in pregiudizio di taluna delle societa’, ma anche in pregiudizio suo e a vantaggio di singole societa’, avrebbe ritenuto tale situazione non incompatibile con la direzione e il coordinamento unitario verticale, di cui all’articolo 2497 c.c., che ben possono essere di tipo c.d. “”virtuoso”, in quanto sorretti dalla logica dei vantaggi compensativi.
Il ricorrente denuncia sul punto la violazione dell’articolo 112 c.p.c., perche’ l’accertamento sarebbe stato compiuto d’ufficio, giacche’ (OMISSIS) non ha mai dedotto l’inesistenza di un danno da eterodirezione, alla luce del risultato complessivo, di vantaggio per il gruppo, derivante dalla propria attivita’, ma ha, al contrario, sempre riconosciuto l’azione risarcitoria come unica possibile reazione agli abusi commessi.
Assume, comunque, l’irrilevanza della questione inerente la natura “virtuosa” dell’attivita’ di direzione e coordinamento, pur escludendo che in concreto la gestione di (OMISSIS) lo sia stata.
Ribadisce che il fatto che il preteso holder abbia gestito direttamente ed in via esclusiva le societa’ di cui era amministratore e l’ulteriore circostanza che tale gestione sia pacificamente avvenuta nella prospettiva di un interesse comune e non nell’interesse proprio, impediscono di parlare di ingerenza qualificata o di eterodirezione.
Sostiene che difetta il perseguimento di un interesse di tipo “imprenditoriale”, essendo indimostrato che (OMISSIS) abbia agito come imprenditore individuale nello svolgimento dell’attivita’ di holder, con organizzazione di mezzi propri.
Critica infine l’assunto della corte del merito secondo cui una direzione unitaria, complessivamente svolta – quantomeno nelle intenzioni – nell’interesse di ciascuno dei soggetti coinvolti, puo’ al contempo esserlo anche nella prospettiva di un interesse comune, rilevando che, secondo la giurisprudenza di legittimita’, non vi puo’ essere sovrapposizione tra direzione e coordinamento abusivo e societa’ di fatto.
1.2. Il motivo e’ inammissibile.
1.3. La censura, sotto un primo profilo, risulta priva di decisivita’.
Quanto sembra prospettare il ricorrente, e cioe’ che il fallimento e’ stato revocato perche’ la fattispecie e’ stata ricondotta al disposto dell’articolo 2497 c.c., non coglie la unitaria e complessa ratio della decisione impugnata.
Non e’ esatto dire che la corte di merito ha qualificato l’attivita’ di (OMISSIS) come di direzione e coordinamento di un gruppo di societa’ organizzate verticalmente: il giudice a quo ha, piuttosto, preso in esame le difese prospettate sul punto dal reclamante, per poi pervenire ad una statuizione la cui ratio non si fonda sull’applicazione deLl’articolo 2479 c.c., ma sull’accertamento della mancanza dei presupposti/requisiti per ravvisare la sussistenza di una super societa’ di fatto tra la gia’ fallita (OMISSIS), lo stesso (OMISSIS) e le altre societa’ da lui amministrate. Cio’ e’ dimostrato non solo dalla trattazione unitaria dei motivi di reclamo, ma dalla focalizzazione della motivazione su ben altro aspetto, ovvero (pag. 10 della sentenza impugnata) su “cio’ che invece contraddistingue il vincolo societario”, individuato nella “presenza di un’attivita’ comune e di un patrimonio che siano effettivamente comuni e cioe’ rispettivamente svolta l’una e costituito l’altro nel contemporaneo e permanente interesse dell’organismo… “, seguita dall’analisi delle risultanze istruttorie, dalla quale e’ stata dedotta l’insussistenza, nella specie, dei suddetti elementi, qualificanti la c.d. supersocieta’ di fatto.
Rispetto a tale ratio, la disamina della questione concernente l’applicabilita’ al caso di specie dell’articolo 2497 c.c. costituisce un argomento di supporto e di completamento, privo tuttavia di autonoma rilevanza decisoria (cio’ che e’ sufficiente ad escludere che ricorra il vizio di ultrapetizione denunciato), tanto piu’ che, come lo stesso ricorrente non ha mancato di evidenziare, la corte del merito non ha escluso che il vincolo sociale di fatto caratterizzante la c.d. supersocieta’ possa ricorrere anche nell’ipotesi di eterodirezione delle compagini appartenenti ad un gruppo.
Va aggiunto che il Fallimento attribuisce erroneamente alla corte d’appello l’affermazione secondo cui, in difetto di diversa e piu’ rigorosa prova, laddove vi sia attivita’ di direzione e coordinamento svolta in violazione dei principi di corretta gestione delle societa’ dirette e coordinate puo’ presumersi solo l’abuso di dominio, del quale si risponde a titolo risarcitorio: come emerge dalla piana lettura della sentenza, il passo contestato riporta in realta’, in sintesi, uno dei motivi di reclamo.
In definitiva, il mezzo in esame risulta impostato su di una logica binaria, di stretta alternativita’ fra la fattispecie contemplata dall’articolo 2497 c.c. e quella di cui all’articolo 147, 5 comma L. Fall., che non e’ stata seguita dal giudice del reclamo e che, peraltro, non trova corrispondenza nella giurisprudenza di questa Corte, che, pur escludendo che in caso di insolvenza di un gruppo di societa’ organizzate verticalmente ed etero- dirette possa configurarsi la c.d. supersocieta’ di fatto, non ha mai affermato che qualora piu’ societa’ siano amministrate e possedute da un unico soggetto debba necessariamente riscontrarsi l’uno o l’altro fenomeno ed ha, per converso, sottolineato come la prova della sussistenza di una s.d.f. fra detto soggetto e le societa’ medesime debba essere fornita in maniera rigorosa, in primo luogo attraverso la dimostrazione del comune interesse sociale perseguito.
1.4. La corte del merito ha, per l’appunto escluso che i ripetuti interventi di (OMISSIS) in favore dell’una o dell’altra societa’, o dell’una societa’ in favore delle altre, fossero riconducibili all’attivita’ di un organismo comune, collocato a latere delle singole compagini sociali: il motivo risulta dunque inammissibile anche laddove, dando per pacifico che la gestione di (OMISSIS) sia avvenuta nella prospettiva dell’interesse comune, non tiene conto del contrario, predetto accertamento di fatto, ne’ denuncia sul punto un vizio di motivazione secondo il modello legale, ovvero attraverso la specifica indicazione dei fatti storici, non esaminati dal giudice del reclamo, dai quali desumere che la gestione fosse stata esercitata in detta prospettiva, anziche’ nell’interesse delle singole societa’ o del presunto holder.
2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 2247, 2297, 2257, 2267 e 2268 c.c., nonche’ l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio.
2.2. Il ricorrente, ricordato che secondo la corte d’appello, chi invoca l’esistenza di una c.d. supersocieta’ di fatto e’ tenuto a provare: a) la ricorrenza di indici di riconoscibilita’ effettiva della riconduzione dell’attivita’ a un organismo collocato a latere dei singoli associati; b) che la riconduzione sia sistematica e frutto di un’attivita’ programmata; c) che la permanenza si estrinsechi nella sopravvivenza di un’autonomia patrimoniale idonea a fornire adeguato supporto per la sopravvenienza della sopravvenuta inoperativita’ di uno, di alcuni o anche di tutti i soggetti partecipi, deduce in primo luogo che il giudice avrebbe reso affermazioni contraddittorie, laddove, dopo aver riconosciuto sussistente l’elemento sub b), in ragione dei numerosi e reciproci trasferimenti di fondi tra le societa’ e (OMISSIS) o dei pagamenti eseguiti di volta in volta da ciascun soggetto in funzione di adempimento del debito dell’altro, ha escluso la ricorrenza dell’elemento sub. a) in base al rilievo che si trattava di interventi che non avevano mai superato la soglia della bilateralita’ e che si erano verificati in occasione di singole emergenze.
Aggiunge che la corte fiorentina non avrebbe tenuto conto di una serie di circostanze (l’aver (OMISSIS) e (OMISSIS) svolto, in parte nello stesso periodo, la medesima attivita’ di elaborazione di dati contabili; l’aver anche (OMISSIS) svolto di fatto la stessa attivita’, fatturata a clienti di (OMISSIS) per un periodo piu’ lungo di quello nel quale i conti di quest’ultima erano bloccati a causa di un contenzioso civile; l’aver anche (OMISSIS) esercitato la medesima attivita’ avvalendosi dei beni strumentali di tutte e tre le societa’ e percependo parte dei compensi riferibili alle stesse; la sede comune di queste ultime e dell’ufficio professionale di (OMISSIS)) indicative dell’esercizio in comune di un’ impresa. Rileva ancora che ad analoga conclusione dovevano condurre i numerosi, reciproci, pagamenti o gli interventi di trasferimento fondi di volta in volta eseguiti da (OMISSIS) o da ciascuna delle tre societa’ in favore dell’altra, aventi evidente scopo solidaristico, tanto piu’ che nella s.d.f. non e’ necessario che l’attivita’ comune sia posta in essere congiuntamente da tutti i soci. Contesta l’affermazione del giudice del reclamo secondo cui le due operazioni immobiliari citate in sentenza (vendita da (OMISSIS) a (OMISSIS) di un immobile contestualmente concesso da quest’ultima in locazione finanziaria a (OMISSIS); trasferimento di un fondo da (OMISSIS) a (OMISSIS) per un corrispettivo simbolico) non consentivano di far emergere “un’impresa comune in capo alla quale detti immobili potessero, all’evenienza, ritrovare utile ricovero da pretese di terzi”, atteso che la s.d.f. non ha un’autonomia patrimoniale, restando i suoi beni formalmente intestati ai soci di fatto. Assume, infine, che il giudice ha reso una motivazione poco chiara in ordine alla mancanza di prova dell’esistenza di un fondo comune, senza tener conto dei plurimi elementi, capillarmente ricostruiti e documentati, atti a dimostrare il contrario.
2.2. Anche questo motivo va dichiarato inammissibile.
2.3. Come di recente ribadito da questa Corte “L’articolo 147, comma 5, l.fall. trova applicazione non solo quando, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, risulti che l’impresa e’, in realta’, riferibile ad una societa’ di fatto tra il fallito ed uno o piu’ soci occulti, ma, in virtu’ di sua interpretazione estensiva, anche laddove il socio gia’ fallito sia una societa’, anche di capitali, che partecipi, con altre societa’ o persone fisiche, ad una societa’ di persone (cd. supersocieta’ di fatto) – non assoggettata ad altrui direzione e coordinamento – la cui sussistenza, pero’, postula la rigorosa dimostrazione del comune intento sociale perseguito, che deve essere conforme, e non contrario, all’interesse dei soci, dovendosi ritenere che la circostanza che le singole societa’ perseguano, invece, l’interesse delle persone fisiche che ne hanno il controllo, anche solo di fatto, costituisca, piuttosto, una prova contraria all’esistenza della supersocieta’ di fatto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della Corte d’Appello, che aveva escluso la ricorrenza della descritta fattispecie, valorizzando, per un verso, la mancanza di un fondo comune fra i presunti soci di fatto, per altro verso, la circostanza che le condotte distrattive accertate in capo all’amministratore legale di una delle societa’ non erano finalizzate allo svolgimento di attivita’ imprenditoriale comune ma solo a sottrarre liquidita’ ai creditori del singolo ente).” (Cass. n. 7903/2020).
Se, dunque e’ da confermare il principio enunciato per la prima volta da Cass. n. 10507/2016 in ordine all’interpretazione estensiva dell’articolo 147, 5 comma, L. Fall., e’ tuttavia altrettanto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte (v. ancora Cass. n. 10507/2016 e, in motivazione, Cass. n. 12120/2016) che la sussistenza del fenomeno della c.d. supersocieta’ di fatto postula la rigorosa dimostrazione del comune intento sociale perseguito, che deve essere conforme, e non contrario, all’interesse dei soci, dovendosi ritenere che la circostanza che le singole societa’ perseguano, invece, l’interesse delle persone fisiche che ne hanno il controllo, anche solo di fatto, costituisca, piuttosto, una prova contraria all’esistenza della supersocieta’ di fatto.
Simile circostanza – si dice – puo’ semmai costituire indice di esistenza di una holding di fatto nei cui confronti il curatore puo’ agire in responsabilita’ (articolo 2497 c.c.) e che puo’ essere dichiarata autonomamente fallita, ove ne sia accertata l’insolvenza a richiesta di uno dei soggetti legittimati (cfr. Cass. n. 15346/2016; Cass. n. 5520/2017).
2.5. La corte d’appello fiorentina si e’ attenuta a detti principi, avendo escluso proprio che potesse reputarsi esistente nel caso concreto il comune intento sociale perseguito dai singoli pretesi associati: testualmente, in ragione della evidenziata natura bilaterale degli interventi (che non ne contraddice la pure ritenuta sistematicita’), ha rimarcato che il loro inserimento in un quadro generale e disorganico “mal si conciliava con la formazione di un sodalizio, e trovava la sua costante ragion d’essere nella circostanza che il potere di disposizione finiva ad ogni occasione per ricadere nell’orbita esclusiva di (OMISSIS) e nell’esclusivo e mai superato suo potere di direzione e di coordinamento”.
In tal guisa essa ha revocato il fallimento della societa’ di fatto, previa analisi dei singoli elementi di prova desumibili dai documenti.
2.7. Cio’ posto, il motivo si risolve in una richiesta di integrale rivalutazione delle emergenze istruttorie, in linea con le aspettative del ricorrente, senza tuttavia che sia illustrata la decisivita’ dei fatti di cui il giudice avrebbe omesso l’esame.
In particolare, va osservato che lo stesso Fallimento evidenzia circostanze (il fatto che (OMISSIS) considerasse il pacchetto clienti come un bene personale e che operasse in modo confuso, in proprio o per conto delle societa’, attingendo in maniera casuale ai fondi dell’una o dell’altra o ai propri), che non appaiono indicative ne’ di un patrimonio comune, ne’ di comuni attivita’.
3. Il ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
– La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi e in Euro 200,00per esborsi, oltre spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% e accessori di legge.
– Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.