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quando la societa’ e’ in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell’applicazione della L. Fall., articolo 5, deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e cio’ in quanto – non proponendosi l’impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori previa realizzazione delle attivita’, ed alla distribuzione dell’eventuale residuo tra i soci – non e’ piu’ richiesto che essa disponga, come invece la societa’ in piena attivita’, di credito e di risorse, e quindi di liquidita’, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Presidente
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11504/2017 proposto da:
FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE C.F./P.I. (OMISSIS), in persona del curatore fallimentare pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE P.I. (OMISSIS), in persona del liquidatore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 280/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI depositata il 23/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 05/07/2018 dal Presidente relatore Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO.
La Corte:
RILEVATO
che:
Con sentenza de 23/3/2017, la Corte d’appello di Bari ha accolto il reclamo proposto dalla (OMISSIS) srl in liquidazione ed ha revocato il fallimento di detta societa’, sul rilievo che proprio dalla relazione L. Fall., ex articolo 33, emergeva un attivo di Euro 1.597.883,00 a fronte del passivo di Euro 1.515.965,00, da cui l’insussistenza dello stato di insolvenza della societa’ in liquidazione.
Ricorre il Fallimento con tre motivi.
Si difende la societa’ con controricorso, illustrato con memoria.
CONSIDERATO
che:
Col primo motivo, il Fallimento denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., articolo 5, anche in relazione alla L.Fall., articoli 18, 33, 42, 52 e 96, si duole dell’esclusivo rilievo attribuito dalla Corte barese alla relazione L. Fall., ex articolo 33, ed alle poste attive e passive stimate dal Curatore sulla base delle scritture contabili “rettificate” alla data del 30/4/2016, oltre un mese dopo la dichiarazione di fallimento, mentre alla data del 31/3/2016, pochi giorni prima di detta dichiarazione, per stessa ammissione del debitore, la societa’ registrava un patrimonio netto negativo.
Col secondo, si duole dell’abuso da parte del Giudice del reclamo dei poteri officiosi, nell’acquisire la relazione L. Fall., ex articolo 33, per valutare i componenti positivi e negativi del patrimonio del debitore, gia’ constatati dalle parti.
Col terzo, del vizio di motivazione, per avere la Corte di merito valorizzato la relazione del curatore nella parte espositiva di meri dati contabili e non tenuto conto di quanto dedotto dal Fallimento nel giudizio di reclamo, e non contestato dal debitore.
Col quarto, denuncia la nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per la totale insufficienza motivazionale, risultando la carenza del criterio logico- giuridico seguito.
Tutti i motivi di ricorso, da valutarsi unitariamente in quanto strettamente collegati, sono da ritenersi infondati, diversamente da quanto ritenuto nella proposta ex articolo 380 bis c.p.c..
Va premesso che la Corte d’appello ha reso applicazione del principio, reiteratamente affermato da questa Corte, secondo il quale, quando la societa’ e’ in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell’applicazione della L. Fall., articolo 5, deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e cio’ in quanto – non proponendosi l’impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori previa realizzazione delle attivita’, ed alla distribuzione dell’eventuale residuo tra i soci – non e’ piu’ richiesto che essa disponga, come invece la societa’ in piena attivita’, di credito e di risorse, e quindi di liquidita’, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte (cosi’, tra le ultime, le pronunce 19414/2017 e 25167/2016).
Ora, il Fallimento ricorrente addebita sostanzialmente alla Corte d’appello di avere fatto ricorso solo ai dati esposti dal curatore nella relazione L. Fall., ex articolo 33, ricavati dalle scritture contabili “rettificate” alla data del 30/4/2016, a distanza di oltre un mese dalla dichiarazione di fallimento, per comparare l’attivo col passivo, con cio’ superando le stesse dichiarazioni della societa’ debitrice rese pochi giorni prima della dichiarazione di fallimento, nonche’ nello stesso giudizio di reclamo.
In questa prospettiva, pero’, sono insiti due presupposti erronei.
Va in prima battuta infatti osservato che il giudizio sulla insolvenza spetta al Giudicante e, rispetto allo stesso, non puo’ ipotizzarsi la valenza confessoria, id est, cogente, come vorrebbe l’odierno ricorrente, ben potendo certamente il Giudicante avvalersi dei dati positivi e negativi constatati dal debitore o ritenuti dalle stesse parti, o, come nel caso di specie, dei dati contabili risultanti dalla relazione del Curatore.
Inoltre, il ricorrente sostanzialmente postula che la valutazione sull’insolvenza sia stata erroneamente condotta alla data del deposito della relazione del Curatore (18/6/2016) o comunque alla data dell’aggiornamento delle poste attive e passive(indicata in ricorso come 30/4/2016), e quindi in data successiva a quella della dichiarazione di fallimento (ed infatti, come affermato nella pronuncia 19790/2015, l’accertamento dello stato di insolvenza va compiuto con riferimento alla situazione esistente alla data della sentenza dichiarativa di fallimento e non gia’ a quella di presentazione del relativo ricorso).
Ora, tale interpretazione della pronuncia impugnata, se pure ipotizzabile alla stregua di una certa equivocita’ del ricorso all’espressione “allo stato”, non e’ nei fatti supportata da riferimenti maggiormente qualificanti, ed e’ invece plausibilmente da riferirsi proprio ai dati rettificati, e riscontrabili pertanto nella fase del reclamo, ma pur sempre riferiti alla data della dichiarazione di fallimento (ed anzi, proprio il ricorso ai dati “rettificati” nella relazione L. Fall., ex articolo 33, depone per la corretta valutazione riferita alla precedente data).
E’ infine meramente assertiva e del tutto generica la deduzione del Fallimento, del carattere provvisorio e non verificato delle poste attive e passive alle quali si e’ riferita la sentenza impugnata.
Il ricorso va pertanto respinto; le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna il Fallimento alle spese, liquidate in Euro 6100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi; oltre spese tariffarie ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 -bis.