nelle società di persone, se l’amministratore non presenta il rendiconto il socio – diversamente da quanto accade nelle società di capitali, ove occorre una delibera assembleare che ne autorizzi la distribuzione – non percepisce gli utili, subendo così, in via diretta ed immediata, un danno che, come tale, può invocare agendo per far valere la responsabilità extracontrattuale dell’organo amministrativo, ai sensi dell’art. 2395 c.c., ivi applicabile analogicamente, atteso che la società personale, ancorché priva di autonoma personalità giuridica, costituisce un centro di imputazione di situazioni giuridiche distinte da quelle dei soci, sicché, anche con riguardo ad essa, è configurabile una responsabilità degli amministratori nei confronti dei singoli soci, oltre che verso la società, alla stregua di quanto previsto in materia di società per azioni.

Tribunale|Pescara|Civile|Sentenza|20 maggio 2024| n. 720

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI PESCARA

in persona del giudice unico dott. (…) ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. (…)/2021 RG

TRA

(…) (nata ad (…) il (…)), rappresentata e difesa dall’Avv. (…) come da mandato in atti; -ATTRICE

(…) (nato a (…) il (…)), rappresentato e difeso dagli Avv.ti (…) e (…) come da mandato in atti; -CONVENUTO

Oggetto: rapporti societari.

Conclusioni delle parti: all’udienza del 12.12.2023, le parti hanno precisato le conclusioni come da verbale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione ritualmente notificato, (…) ha evocato in giudizio (…) premettendo: di essere socia accomandante di “(…) di (…) & C. sas”, il cui capitale sociale è detenuto da tre soci, vale a dire l’attrice e (…) quali soci accomandanti titolari ciascuno di una quota pari al 5% del capitale, e (…) socio accomandatario, titolare della restante quota; che tale distribuzione della partecipazione societaria discende da due contratti di cessione di quote del 17.4.2008 e del 22.10.2008; che da diversi anni l’amministratore omette la comunicazione del rendiconto alla (…) per come previsto ed imposto dall’art. 2320, comma 3, cc; che l’omessa comunicazione del rendiconto da parte del socio accomandatario dà diritto al socio accomandante di agire direttamente nei confronti del primo per i danni arrecatigli costituiti nella mancata distribuzione degli utili ex art. 2043 cc ed in virtù dell’applicazione analogica dell’art. 2395 cc; che dalla CTU sul reddito della (…) svolta nel giudizio di separazione personale tra le stesse parti, il Consulente aveva accertato gli utili fiscali conseguiti dalla (…) stessa negli anni 2017 e 2018 e la CTP aveva calcolato gli utili per il periodo 2013/2016; che sulla scorta di tali accertamenti l’attrice ha diritto a percepire, a titolo di utili non distribuiti, l’importo di Euro. 9.085,15, corrispondente alla quota parte del reddito sociale conseguito nel periodo 2013/2018.

Tanto premesso, la (…) ha così concluso: nel merito: III) Accertare la mancata presentazione del rendiconto da parte di (…) (c.f.: (…)) quale socio accomandatario/amministratore di (…) di (…) e c. s.a.s. e l’esistenza di utili non comunicati alla socia accomandante (…) (c.f.: (…)), e per l’effetto condannare il convenuto al pagamento di una somma pari agli utili non distribuiti all’attrice nel periodo di tempo 2013-2018, quantificata in Euro 9.085,15, o comunque nell’ammontare minore o maggiore ritenuto di giustizia; (…) il convenuto al pagamento degli interessi legali, nonché al pagamento delle spese, competenze ed onorari del presente giudizio (tenuto conto dell’ammissione della sig.ra (…) al patrocinio a spese dello Stato da parte del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di (…). si è costituito in giudizio (…) eccependo il mancato espletamento della negoziazione assistita, la prescrizione del diritto agli utili relativi al periodo 2013/2016 ex art. 2949 cc, l’inesistenza del credito eccependo in compensazione il valore della quota acquistata dalla (…) ad aprile 2008, pagata integralmente dallo stesso (…) nonché la circostanza di avere l’attrice comunque beneficiato in modo diretto degli utili societari attraverso il godimento della palma e di tutti i servizi connessi all’attività di balneazione.

Sulla scorta di queste eccezioni, ha chiesto declaratoria di improcedibilità della domanda per mancato espletamento della negoziazione assistita, e, nel merito, il rigetto della domanda.

All’udienza del 12.12.2023, espletata l’istruttoria ammessa, le parti hanno precisato le conclusioni come in atti.

Sul difetto della condizione di procedibilità.

La controversia oggetto del presente giudizio rientra nel novero delle cause per le quali la legge impone, come condizione di procedibilità, il preventivo espletamento della negoziazione assistita (art. 3, d.l. 132/2014).

Viene infatti dedotta una responsabilità extracontrattuale del socio accomandatario amministratore della (…) per la mancata comunicazione annuale dei bilanci e dei conti profitti e perdite della (…) al socio accomandante.

In realtà, l’attrice aveva invitato il convenuto alla negoziazione con raccomandata a.r. 16/20.12.2019, che non è in contestazione.

A seguito dell’infruttuoso esperimento della negoziazione assistita, l’odierna attrice ha proposto la domanda giudiziale con atto di citazione notificato in data (…), dopo circa un anno e mezzo. (…) parte convenuta, l’art. 8 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, imporrebbe invece alla parte di proporre la domanda entro il termine di trenta giorni, scaduto i1 quale la domanda risulterebbe improcedibile. (…) è infondata.

L’ art. 8 in questione, all’interno della disciplina del capo II del decreto-legge n. 132 del 2014 (capo relativo alla “procedura per negoziazione assistita da uno o più avvocati”), testualmente recita: “Dal momento della comunicazione dell’invito a concludere una convenzione di negoziazione assistita ovvero della sottoscrizione della convenzione si producono sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data é impedita, per una sola volta, la decadenza, ma se l’invito é rifiutato o non é accettato nel termine di cui all’articolo 4, comma I, la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal rifiuto, dalla mancata accettazione nel termine ovvero dalla dichiarazione di mancato accordo certificata dagli avvocati”.

La disposizione in esame si compone quindi di due periodi.

Nel primo, il legislatore prevede che la comunicazione dell’invito a concludere una convenzione produca sulla prescrizione gli stessi effetti della domanda giudiziale, e cioè la interruzione (ex art. 2943, primo comma, cod. civ.) e la sospensione per tutto il corso del giudizio fino al passaggio in giudicato della sentenza (ex art. 2945, secondo comma, cod. civ.).

Il secondo periodo, poi, disciplina, invece, esclusivamente gli effetti della comunicazione dell’invito a concludere la convenzione sulla decadenza, la quale dalla data della comunicazione stessa é “impedita per una sola volta”. La decadenza alla quale fa riferimento questo secondo periodo dell’art. 8 è quella di “diritto sostanziale” eventualmente prevista per il diritto soggettivo fatto valere in giudizio: in altre parole, solo ed esclusivamente per le controversie relative a diritti soggetti a decadenza, viene in gioco la disciplina in esame. Questa norma prevede quindi che, in tali casi, la decadenza venga impedita dalla comunicazione dell’invito a concludere la convenzione; nell’ipotesi di esito negativo della negoziazione assistita (per rifiuto, mancata accettazione nel termine ovvero dichiarazione di mancato accordo certificata), viene in rilievo, ma solo nelle ipotesi di negoziazioni relative a diritti soggetti a decadenza per adire l’autorità giudiziaria, la previsione per cui la domanda giudiziale debba essere proposta entro il medesimo termine di decadenza (quello previsto dalla disciplina sostanziale per quello specifico diritto soggettivo) decorrente dal rifiuto, dalla mancata accettazione nel termine ovvero dalla dichiarazione di mancato accordo certificata.

Giova peraltro precisare che la soluzione qui accolta è anche coerente con una interpretazione costituzionalmente orientata ex art. 24 Cost. dell’art. 8 in esame: quella ivi prevista non è la previsione di una ulteriore decadenza, e non incide affatto sul regime delle decadenze, che rimangono quelle già previste e disciplinate dall’ordinamento.

Si ribadisce, invece, che la descritta disciplina oggetto del secondo periodo dell’art. 8 non riguarda il regime della prescrizione dei diritti soggettivi, i quali infatti possono essere fatti valere in via giudiziale secondo le regole ordinarie e senza un ulteriore termine decadenziale ex art. 8 in esame.

Chiaramente, peraltro, questi diritti restano soggetti al termine di prescrizione previsto dalla legge.

Alla luce di quanto sopra esposto, la fattispecie concreta é estranea all’ambito d’applicazione dell’art. 8, secondo periodo, in questione, dal momento che dall’attore é fatto valere il diritto al risarcimento del danno previsto dall’ art. 2043 cod. civ., soggetto alla prescrizione quinquennale ma per il quale non é prevista alcuna decadenza. (…) non è pertanto decaduto dal proprio potere di agire in giudizio.

Va conseguentemente rigettata l’eccezione di improcedibilità della domanda, atteso che comunque il procedimento di negoziazione assistita richiesto dalla legge é stato espletato, sia pure con esito negativo.

Sulle eccezioni di compensazione e di prescrizione.

Va premesso che il convenuto si è costituito alla data dell’udienza in citazione, vale a dire il (…).

Ora, è noto che in tema di estinzione delle obbligazioni, la compensazione in senso tecnico (o propria) postula l’autonomia dei rapporti contrapposti di debito/credito e non è configurabile allorchè essi traggono origine da un unico rapporto: in questo caso si parla di compensazione impropria ed il calcolo delle somme a credito e a debito può essere compiuto anche d’ufficio dal giudice in sede di accertamento della fondatezza della domanda; di conseguenza, solo nel caso di compensazione impropria non si applicano le norme processuali che pongono preclusioni e decadenze.

Tanto per dire che, nel caso, a fronte della domanda proposta dall’attrice a titolo di responsabilità extracontrattuale dell’amministratore, il convenuto ha sollevato l’eccezione di compensazione dell’importo relativo alla quota sociale, ovvero inerente al rapporto contrattuale discendente dall’acquisto della partecipazione societaria da parte della (…) sicchè trattandosi di compensazione propria, data la diversità dei titoli, l’eccezione, in quanto eccezione in senso stretto, resta soggetta alle preclusioni e decadenze previste in questo caso.

Pertanto, vista la tardiva costituzione del convenuto, quest’ultimo è decaduto dall’eccezione di compensazione.

A ciò si aggiunga, quanto alla circostanza di avere l’attrice beneficiato in modo diretto degli utili usufruendo dei servizi dello stabilimento balneare, che, ai sensi dell’art. 10 dei Patti sociali, gli “utili netti risultanti dal bilancio saranno ripartiti tra i soci in proporzione al capitale da ciascuno sottoscritto, salvo diversa destinazione e ripartizione da decidersi dai soci alla unanimità”.

È dunque prevista una deliberazione all’unanimità per il caso in cui gli utili non debbano essere ripartiti tra i soci, per cui, non avendo il convenuto dato la prova di questa diversa pattuizione/deliberazione dei soci, non appare rilevante l’assunto per cui l’utile societario sarebbe stato distribuito e goduto nelle forme evocate dal (…) Quanto all’eccezione di prescrizione del diritto azionato per il periodo 2013/2016, valgono anche qui le stesse considerazioni svolte sopra.

Infatti è noto che la prescrizione del diritto azionato è eccezione in senso stretto, non rilevabile d’ufficio e soggetto alle preclusioni e decadenze del codice di rito (v. per tutte Cass. SS.UU. 3567/2011).

Dunque, il convenuto, tardivamente costituito, è decaduto anche dall’eccezione di prescrizione.

Sulla domanda attorea.

È affermato dalla giurisprudenza di legittimità che, nelle società di persone, se l’amministratore non presenta il rendiconto il socio – diversamente da quanto accade nelle società di capitali, ove occorre una delibera assembleare che ne autorizzi la distribuzione – non percepisce gli utili, subendo così, in via diretta ed immediata, un danno che, come tale, può invocare agendo per far valere la responsabilità extracontrattuale dell’organo amministrativo, ai sensi dell’art. 2395 c.c., ivi applicabile analogicamente, atteso che la società personale, ancorchè priva di autonoma personalità giuridica, costituisce un centro di imputazione di situazioni giuridiche distinte da quelle dei soci, sicchè, anche con riguardo ad essa, è configurabile una responsabilità degli amministratori nei confronti dei singoli soci, oltre che verso la società, alla stregua di quanto previsto in materia di società per azioni (cfr. Cass. n. 1261/2016 per cui va sul punto conclusivamente affermato il seguente principio di diritto: “(…) società personali, il socio può agire nei confronti dell’amministratore per far valere la responsabilità extracontrattuale di questi in applicazione analogica dell’art. 2395 c.c., e, ove dedotte la mancata presentazione del rendiconto da parte dell’amministratore, e la conseguente mancata percezione degli utili, deve ritenersi che il socio abbia fatto valere il danno a sè diretto ed immediato”).

Ciò posto, nel caso, il convenuto non ha fornito alcuna prova di avere comunicato al socio accomandante i rendiconti, per cui, data la mancata distribuzione di utili (circostanza peraltro incontestata), appare fondata la domanda dell’attrice al risarcimento dei danni proprio rappresentati dagli utili non conseguiti.

Ora, è stata ritualmente acquisita al processo la CTU contabile svolta dal dott. (…) nel giudizio di separazione personale tra le stesse parti in relazione, fra l’altro, agli utili conseguiti dalla società “Tre Palme”, e, sulla scorta delle risultanze della consulenza cennata, risulta che gli utili fiscali, ricavati e non distribuiti all’attrice, ammontano, per gli anni 2017/2018, ad Euro. 5.821,40.

Ora, “Il giudice di merito può utilizzare, in mancanza di qualsiasi divieto di legge, anche prove raccolte in un diverso giudizio fra le stesse anche altre parti, come qualsiasi altra produzione delle parti stesse, al fine di trarne non solo semplici indizi o elementi di convincimento, ma anche di attribuire loro valore di prova esclusiva, il che vale anche per una perizia svolta in sede penale o una consulenza tecnica svolta in altre sedi civili.” (cosi Cass. n. 8585/1999; conf. Cass. n. 2998/2001; n. 28855/2008; nella giurisprudenza di merito v. Corte di Appello di Napoli sez. V, 06/09/2019, n. 4314).

Pertanto, posti questi principi e facendo rinvio alla ricostruzione data dal dott. (…) che qui si condivide, deve allora concludersi che i danni subiti dall’attrice per la mancata distribuzione degli utili sono pari ad Euro. 5.821,40 per gli anni 2017/2018.

Quanto agli anni 2016-2017-2018, le risultanze della CTP in atti del dott. (…) (che non è stata oggetto di sostanziale contestazione da parte del convenuto), ha ricostruito, per gli anni dal 2013 al 2016, utili non corrisposti alla socia per Euro. 3.263,80.

In conclusione, in accoglimento della domanda, il convenuto va condannato al pagamento, in favore dell’attrice, di Euro. 9.085,20, oltre gli interessi legale dalla domanda al soddisfo.

Spese di lite.

Le spese, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico del convenuto per il principio di soccombenza ed in favore dell'(…) essendo l’attrice ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

Il Tribunale di Pescara definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: – in accoglimento della domanda, condanna (…) al pagamento, in favore dell’attrice, di Euro. 9.085,20, oltre gli interessi legali dalla domanda al soddisfo; – condanna il convenuto alla rifusione, in favore dell'(…) delle spese di lite, che liquida in Euro. 5.077,00 per compensi (dm 147/22, scaglione da 5.200,00 euro a 26 mila euro, parametri), oltre 15% per rimborso forfettario, iva e cap.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.