la parte attrice che non provvede al tempestivo deposito dei decreti ministeriali sulla base dei quali effettuare la valutazione dell’eventuale superamento del tasso soglia, impedisce al giudicante di accertare (mediante consulenza tecnica contabile) la fondatezza o meno dell’eccezione di usurarietà. I decreti ministeriali (tra cui rientrano quelli con i quali trimestralmente viene stabilito il tasso medio ai fini del calcolo del tasso soglia oltre il quale l’interesse assume natura usuraria) sono infatti atti amministrativi a cui è impossibile applicare il principio “iura novit curia” di cui all’articolo 113 del codice di procedura civile.
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Tribunale Rieti, civile Sentenza 12 aprile 2019, n. 306
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI RIETI
SEZIONE CIVILE
in persona della giudice dott.ssa Roberta Della Fina e in composizione monocratica, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1612 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2014 proposta da:
(…),
nata a M. il (…), c.f. (…),
precedentemente difesa dagli Avv.ti CI.AN., MA.CA. e MA.LU. in virtù di delega a margine dell’atto di citazione (procura revocata nel corso del giudizio, come dichiarato all’udienza del 9.10.2015)
ATTRICE
CONTRO
(…) S.P.A. (già (…) S.P.A.)
Rappresentata e difesa dall’Avv. PE.AL., per delega in calce alla comparsa di costituzione e risposta
CONVENUTA
OGGETTO: contratti bancari.
FATTO E DIRITTO
Con atto di citazione ritualmente notificato (…) ha convenuto in giudizio (…) s.p.a. ((…) s.p.a.) al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni:
“Piaccia all’On.le Tribunale adito, contrariis reiectis, previa ogni opportuna declaratoria, così giudicare:
1. Accertare e dichiarare la nullità delle clausole del contratto di mutuo n. (…) del 31/07/2002 che stabiliscono la corresponsione di interessi a tasso usurario e di conseguenza
2. Accertare e dichiarare la gratuità del contratto di mutuo ora detto ex art. 1815 del c.c.
3. Rideterminare il dare e avere tra le parti in costanza del rapporto dedotto in narrativa;
4. Condannare la banca convenuta a restituire a parte attrice tutte le somme eventualmente corrisposte in eccesso da quest’ultima, nella misura indicata nella perizia o nella diversa misura che sarà determinata in corso di causa, previa, all’occorrenza, compensazione legale o giudiziale tra quanto eventualmente dovuto da parte attrice alla banca;
5. Condannare la Banca a risarcire a parte attrice i danni patrimoniali da essa subiti a seguito delle somme addebitate illecitamente alla stessa da parte della banca convenuta, nella misura che sarà provata in corso di causa o liquidata in via equitativa dal Giudice;
6. Accertare e dichiarare la liberazione della datrice d’ipoteca Signora (…) per un’obbligazione futura secondo quanto disposto dall’art. 1956 c.c.”
Ha dedotto, a sostegno della propria domanda:
– di essere cliente della banca convenuta per essersi accollata un porzione del contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile n. (…) del 31/07/2002 per un valore nominale di Euro 232.410,00 avendo acquistato dalla (…) s.r.l. delle porzioni immobiliari facenti parte di un villino sito nel comune di (…), via F. T. n. 115;
– che a garanzia della somma mutuata era stata iscritta ipoteca sulle porzioni immobiliari indicate;
– che nel corso del rapporto di mutuo i tassi di interesse applicati dalla banca sono stati tali da superare il limite previsto dalla legge ai fini della determinazione del tasso usurario;
– che, conseguentemente, il mutuo deve ritenersi gratuito ai sensi dell’art. 1815 c.c., con conseguente restituzione all’attrice di quanto indebitamente pagato alla banca ed eventuale compensazione con quanto dovuto dalla (…) all’istituto di credito in virtù di tale contratto di mutuo;
– che per effetto del comportamento illecito della banca convenuta l’attrice ha subito danni patrimoniali in termini di danno emergente e lucro cessante.
Si è costituita in giudizio la banca convenuta chiedendo, in via preliminare, di dichiarare nulla la citazione per difetto dei requisiti di cui agli artt. 163 e 164 c.p.c. e dichiarare comunque inammissibili le domande proposte dall’attrice perché infondate; di dichiarare improcedibile l’azione avversaria per non avere esperito l’obbligatorio tentativo di mediazione. Nel merito, ha chiesto di rigettare le domande proposte dalla controparte perché infondate in fatto ed in diritto.
La convenuta ha, inoltre, dedotto che l’attrice non ha versato le rate del mutuo sulla medesima gravante a partire dalla rata di giugno 2011, fatta eccezione per il versamento nell’aprile 2013 della somma di Euro 6.000,00, e che, pertanto, la morosità accumulata è pari a complessivi Euro 176.091,54 alla data del 30/9/2014, di cui Euro 45.114,59 per rate insolute dal 30/6/2011 al 30/6/2014, Euro 4.683,48 per interessi di mora, ed Euro 126.293,47 per capitale residuo.
Ha, quindi, chiesto in via riconvenzionale di condannare (…) a pagare alla (…) s.p.a. la somma di Euro. 176.091,54 oltre interessi dal 30/9/2014 secondo il saggio contrattualmente previsto.
All’udienza dell’1.7.2016 parte convenuta ha rappresentato l’intervenuta fusione per incorporazione di (…) s.p.a in (…) s.p.a., depositando telematicamente la prova di tale fusione in data 7.4.2017.
La causa, istruita con produzioni documentali, è stata trattenuta in decisione all’udienza del 22.2.2019, prima udienza tenuta davanti a questa giudice, sulle conclusioni rassegnate dalle parti.
In data 14.3.2019 è stata depositata comparsa di costituzione di nuovo difensore per l’attrice; la relativa procura alle liti deve, tuttavia, ritenersi nulla, atteso che è stata rilasciata da (…) non in proprio bensì quale legale rappresentante di (…) s.r.l., soggetto estraneo al presente giudizio.
Le domande di parte attrice devono essere rigettate.
Deve preliminarmente osservarsi che in materia di contratti bancari l’attore/cliente non può limitarsi ad una generica contestazione delle operazioni e delle clausole contrattuali asseritamente illegittime ma deve indicare in modo specifico quali siano gli addebiti che ritiene non dovuti, specificando quali siano le poste illegittime, sia sotto il profilo dell’an che del quantum debeatur.
In particolare, qualora si lamenti, come nel caso in esame, l’applicazione di interessi usurari, occorre indicare il tasso concordato, nonché quello che si ritiene sia stato effettivamente praticato – unitamente ai criteri di determinazione dello stesso -, l’esatto periodo di superamento del tasso soglia e i vari tassi soglia nei diversi periodi in cui se ne assume il superamento, nonché l’esatta contestazione relativa alla dedotta usura: infine occorre indicare, con conteggi chiari e verificabili, le somme che si assumono illegittimamente percepite dalla banca in applicazione degli interessi ritenuti usurari.
Nel caso di specie, pur avendo l’attrice dedotto la nullità delle clausole del contratto di mutuo intercorso con la banca convenuta (originariamente stipulato dalla (…) s.r.l. e oggetto di accollo da parte dell’attrice) che abbiano previsto l’applicazione di interessi usurari, non ha offerto indicazione alcuna dei tassi di interesse concretamente applicati, dei tassi soglia nei vari periodi, né del periodo di asserito superamento del tasso soglia, omettendo anche l’indicazione degli importi che sarebbero stati illegittimamente percepiti dalla banca (o comunque contabilizzati) in correlazione all’erogazione del credito.
L’attrice si è infatti limitata a rinviare alla perizia stragiudiziale allegata al fascicolo di parte, la quale si configura come del tutto inattendibile e priva di rilevanza probatoria, atteso che, a sua volta, non reca alcuna indicazione del tasso di interesse concretamente applicato e del tasso soglia di usura che si assume superato dal tasso contrattualmente previsto, limitandosi a dichiarare “che alla data della sottoscrizione del contratto in oggetto il tasso di interesse concordato era usurario”.
A ciò si aggiunga, peraltro, che parte attrice non ha neppure prodotto in giudizio i decreti ministeriali contenenti l’indicazione dei tassi-soglia per la determinazione dell’usura.
La giurisprudenza è chiara, a tal proposito, nell’affermare che la parte attrice che non provvede al tempestivo deposito dei decreti ministeriali sulla base dei quali effettuare la valutazione dell’eventuale superamento del tasso soglia, impedisce al giudicante di accertare (mediante consulenza tecnica contabile) la fondatezza o meno dell’eccezione di usurarietà. I decreti ministeriali (tra cui rientrano quelli con i quali trimestralmente viene stabilito il tasso medio ai fini del calcolo del tasso soglia oltre il quale l’interesse assume natura usuraria) sono infatti atti amministrativi a cui è impossibile applicare il principio “iura novit curia” di cui all’articolo 113 del codice di procedura civile. (cfr., ex multis, Sentenza Tribunale di Mantova, 08.01.2018, n.5; Cass. civ., sez. un., 29 aprile 2009, n. 9941).
Invero, l’unica documentazione afferente la previsione dei tassi-soglia di usura è stata prodotta dalla banca convenuta in allegato alla comparsa di costituzione e risposta (cfr. allegato 5); tale documentazione, tuttavia, non coincide con i decreti ministeriali cui sopra si è fatto riferimento, configurandosi come documentazione formata unilateralmente dalla banca convenuta; conseguentemente, non può avere alcun rilievo probatorio.
Dalle superiori considerazioni deriva che l’attrice non ha fornito, e neppure allegato, alcun elemento probatorio a sostegno delle proprie deduzioni in ordine alla nullità delle clausole del contratto di mutuo relative alla determinazione degli interessi per usurarietà degli stessi.
Analogamente, l’attrice, pur avendo richiesto la restituzione di quanto indebitamente pagato alla banca convenuta in applicazione delle clausole ritenute nulle, non ha fornito alcuna prova dei pagamenti effettuati, di cui deduce il carattere indebito.
La (…) non ha, dunque, da un lato, fornito la prova dei pagamenti effettuati e, dall’altro, provato il carattere indebito degli stessi.
La mancata prova in ordine all’applicazione di interessi usurari al contratto di mutuo determina, oltre al rigetto della domanda di accertamento della nullità delle relative clausole e della domanda di ripetizione dell’indebito (o di eventuale compensazione con quanto dovuto alla banca in forza del contratto), altresì il rigetto della domanda di risarcimento del danno patrimoniale, difettando la prova del fatto illecito legittimante tale richiesto risarcimento.
Deve inoltre rigettarsi la domanda proposta dall’attrice ai sensi dell’art. 1956 c.c. e contenuta nelle conclusioni dell’atto di citazione (rispetto alla quale l’attrice non ha svolto alcuna deduzione nel corpo dell’atto di citazione), atteso che tale norma si applica all’ipotesi in cui sia stata rilasciata una fideiussione per un’obbligazione futura, fattispecie non attinente al caso di specie, avente ad oggetto un mutuo ipotecario, in cui, peraltro, l’ipoteca è stata concessa contestualmente alla stipula del contratto di mutuo.
Dal rigetto nel merito delle domande di parte attrice deriva, in virtù del principio della ragione più liquida, l’assorbimento delle ulteriori eccezioni preliminari formulate da parte convenuta.
Deve, invece, essere accolta la domanda riconvenzionale proposta da parte convenuta.
Ai sensi degli artt. 1218 e 1453 c.c., in caso di inadempimento di obbligazioni derivanti da contratto il riparto dell’onere probatorio segue la regola per cui il creditore che agisca per ottenere l’adempimento della prestazione deve fornire la prova del titolo dal quale deriva l’obbligazione inadempiuta e allegare l’inadempimento del debitore; quest’ultimo, invece, deve provare di aver esattamente adempiuto l’obbligazione dedotta nel contratto o che l’inadempimento è derivato da causa ad esso non imputabile (Cass. civ., sez. U, Sentenza n. 13533 del 30/10/2001).
Nel caso in esame la banca convenuta ha provato il titolo del proprio credito, producendo in giudizio il contratto di mutuo ipotecario stipulato con la (…) s.r.l. in data 31.7.2002 e il relativo piano di ammortamento (cfr. allegato 4 alla comparsa di risposta; peraltro prodotti dalla stessa attrice quale allegato 3 all’atto di citazione). La prova dell’accollo del debito gravante su (…) s.r.l. da parte dell’attrice, peraltro, deriva dal fatto che la stessa attrice, nell’atto di citazione, ha dichiarato di essersi accollata il mutuo per l’importo di Euro 232.410,00.
Mediante la produzione del piano di ammortamento, inoltre, la banca convenuta ha provato le singole scadenze alle quali dovevano essere corrisposte dall’attrice le rate del mutuo.
La convenuta ha, inoltre, allegato l’inadempimento di parte attrice all’obbligazione su di essa gravante, deducendo che quest’ultima non ha versato le rate di mutuo a partire dalla rata di giugno 2011, salvo aver versato nell’aprile 2013 la somma di Euro 6.000,00.
Dal canto suo, l’attrice, non avendo svolto alcuna difesa a fronte della domanda riconvenzionale formulata dalla banca, non ha eccepito e dimostrato l’esistenza di fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa fatta valere in giudizio dalla convenuta – atti a paralizzare la domanda da questa svolta – o che l’inadempimento sia derivato da causa a lei non imputabile.
Conseguentemente, deve riconoscersi la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda riconvenzionale di condanna dell’attrice al pagamento alla convenuta delle somme dovutele a titolo di rate scadute e impagate e di interessi.
Devono, inoltre, ritenersi sussistenti i presupposti per la condanna dell’attrice al pagamento dell’intero capitale residuo, nonostante la previsione, in base al piano di ammortamento allegato al contratto, del pagamento degli importi dovuti in rate semestrali sino al 31.12.2022.
Ai sensi dell’art. 1186 c.c., infatti, anche qualora sia stabilito un termine a favore del debitore per l’adempimento della prestazione, il creditore può esigere immediatamente la prestazione se, tra l’altro, il debitore è divenuto insolvente.
Nel caso in esame la richiesta della banca convenuta di ottenere il pagamento anche del capitale residuo, formulata con la comparsa di costituzione e qualificabile come dichiarazione al debitore di decadenza dal beneficio del termine, risulta fondata in considerazione del fatto che il perdurante e reiterato inadempimento delle obbligazioni contrattuali da parte della debitrice a far data dal 2011 (che non ha contestato di aver cessato di versare le rate del mutuo a partire dal giugno 2011, salvo il versamento di Euro 6.000,00 ad aprile 2013, e non ha dedotto di aver effettuato ulteriori pagamenti in pendenza di giudizio) appare idoneo a far ritenere, sia pur in via presuntiva, sussistente quella “situazione di dissesto economico, sia pure temporanea, in cui il debitore venga a trovarsi, la quale renda verosimile l’impossibilità da parte di quest’ultimo di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni” (cfr. ex multis Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 24330 del 18 novembre 2011) in cui si sostanzia l’insolvenza rilevante ai sensi dell’art. 1186 c.c.
Se, infatti, a far ritenere sussistente tale stato di insolvenza non è sufficiente il mancato pagamento di alcune rate in cui è stata frazionata la prestazione dovuta dal debitore, a conclusioni diverse deve giungersi nell’ipotesi in cui il mancato pagamento si sia protratto per anni (nel caso di specie, dal 2011 ad oggi), in tal modo determinando una rilevante esposizione debitoria e rendendo evidente l’esistenza di una strutturale incapacità del debitore di far fronte all’obbligazione su di lui gravante.
A ciò si aggiunga, peraltro, che l’incapacità di adempiere alle obbligazioni gravanti sulla (…) (e non, quindi, la mera volontà di non adempierle) emerge dalle stesse allegazioni contenute nell’atto di citazione, nel quale, a pagina 4, si legge:
“la Signora (…), a causa dell’eccessività degli interessi richiesti, non riesce più a far fronte al pagamento regolare delle rate concordate”. Da tale dichiarazione può evincersi che il mancato pagamento delle rate del mutuo non è stato posto in essere dall’attrice in considerazione della ritenuta illegittimità degli interessi applicati, ma in virtù dell’incapacità di far fronte ai pagamenti richiesti, in tal modo evidenziando la sussistenza di uno stato di insolvenza idoneo a legittimare la richiesta della banca convenuta di ottenere la condanna dell’attrice al pagamento anche del capitale residuo.
Dalle superiori considerazioni deriva l’accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dalla banca convenuta, con conseguente condanna dell’attrice al pagamento alla B.(…) s.p.a. della somma di Euro. 176.091,54 oltre interessi dalla data di costituzione in giudizio della convenuta sino all’effettivo soddisfo, secondo il saggio contrattualmente previsto.
Le spese, liquidate in base ai parametri minimi del D.M. n. 55 del 2014 stante la ridotta complessità della controversia, seguono la soccombenza, in applicazione del principio di cui all’art. 91 c.p.c.
P.Q.M.
il Tribunale di Rieti, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:
– rigetta le domande di parte attrice;
– accoglie la domanda riconvenzionale di parte convenuta e per l’effetto condanna (…) al pagamento in favore di (…) S.P.A. della somma di Euro. 176.091,54 oltre interessi dalla data di costituzione in giudizio della convenuta sino all’effettivo soddisfo, secondo il saggio contrattualmente previsto;
– condanna (…) a rifondere a (…) S.P.A. le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.200,00 per compensi ed Euro 759,00 per esborsi, oltre spese generali, IVA e CPA.
Così deciso in Rieti l’11 aprile 2019.
Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2019.