l’usucapione dei beni in comunione è disciplinata dall’art. 1102 c.c., che stabilisce come requisito necessario a tale stregua quello della c.d. interversione del possesso ovvero il compimento di atti idonei a mutare il titolo del godimento del bene, cioè atti che servono a rendere incompatibile l’esercizio del potere dell’occupante con il permanere del possesso altrui. Invece, ai fini dell’usucapione dei beni in comunione ereditaria, ai sensi di quanto disposto dall’art. 714 c.c., non occorre che il possessore compia un atto positivo di impedimento o di opposizione diretto a dimostrare l’interversione del titolo del possesso, ma, è sufficiente che egli possieda in modo esclusivo la cosa comune, ponendo in essere attività apertamente contrastanti ed incompatibili con il compossesso e il diritto degli altri partecipanti.
Tribunale Benevento, civile Sentenza 14 gennaio 2019, n. 60
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Ordinario di Benevento
Giudice Unico dott. Pietro Vinetti
ha pronunciato la seguente sentenza nella causa iscritta a n. RG. 864/2017, avente ad oggetto azione negatoria, ad istanza di
(…) rappr. e dif. dall’avv. FI.PI., giusta procura in calce a citazione, presso cui el.mente domicilia
attore
e
(…) e (…) entrambi rappr. e dif. dall’avv. CA.CA., giusta procura in calce alla comparsa di costituzione, presso cui el.mente domiciliano
convenuti
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’attore ha agito in giudizio al fine di conseguire, accertata in capo a sé comproprietà, pro indiviso, di una serie di fondi, di cui alle p.lle (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…) del f.(…) del NCT del Comune di (…), chiedeva dichiararsi che i convenuti non erano proprietari esclusivi dei medesimi fondi e inoltre, per effetto dell’accertamento suddetto, condannare i convenuti in epigrafe alla rettifica e/o modifica della dichiarazione successoria presentata dagli stessi in data 24.02.2015, nella quale si sono attribuita la piena proprietà dei fondi in questione.
L’istante ha dedotto che i fondi per cui è causa sono entrati a far parte di uno stato di comunione ereditaria per effetto della successione legittima di (…), padre dell’odierno attore e dei germani (…), (…) e (…) (…) ha, poi, disposto della propria quota a favore degli altri coeredi. I residui comunisti procedevano, in data 27/9/1986, alla predisposizione di un progetto di divisione, impegnandosi alla formalizzazione per atto pubblico entro il 1987.
Successivamente al decesso, nel 2012, di (…), l’attore insisteva perché si procedesse alla regolazione della divisione e gli eredi di (…) proponevano all’attore di acquistarne la quota per Euro 10.000,00, proposta rifiutata, perché ritenuta incongrua, dall’attore. Successivamente, l’attore scopriva, nel raccogliere la documentazione della titolarità dei beni, che gli aventi causa di (…) si erano dichiarati proprietari esclusivi dei beni oggetto di lite nella dichiarazione di successione registrata all’Agenzia delle Entrate e trascritta ai RR.II..
Gli odierni convenuti, costituitisi in giudizio, hanno chiesto il rigetto della domanda attorea, eccependo l’intervenuta usucapione dei beni in argomento.
Ciò premesso, giova precisare che, in linea generale, l’usucapione dei beni in comunione è disciplinata dall’art. 1102 c.c., che stabilisce come requisito necessario a tale stregua quello della c.d. interversione del possesso ovvero il compimento di atti idonei a mutare il titolo del godimento del bene, cioè atti che servono a rendere incompatibile l’esercizio del potere dell’occupante con il permanere del possesso altrui.
Invece, ai fini dell’usucapione dei beni in comunione ereditaria, ai sensi di quanto disposto dall’art. 714 c.c., non occorre che il possessore compia un atto positivo di impedimento o di opposizione diretto a dimostrare l’interversione del titolo del possesso, ma, come confermato da una costante giurisprudenza di legittimità, è sufficiente che egli possieda in modo esclusivo la cosa comune, ponendo in essere attività apertamente contrastanti ed incompatibili con il compossesso e il diritto degli altri partecipanti.
In tal senso la Cassazione ha precisato che “in tema di compossesso il godimento esclusivo della cosa da parte di uno dei compossessori non è – di per sé – idoneo a far ritenere lo stato di fatto così determinatosi funzionale all’esercizio del possesso “ad usucapionem”, risultando necessaria – a tali fini – la manifestazione di un dominio esclusivo sulla cosa comune da parte dell’interessato, attraverso un’attività durevole, apertamente contrastante e inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui” (Cass. 6775/2012, in tal senso anche la più recente Cass. 20039/2016, relativa specificatamente alla materia condominiale).
Ovviamente, ai fini dell’accertamento suindicato, occorre considerare che i beni facenti parte della comunione ereditaria sono caratterizzati dall’indivisibilità e dalla circostanza che, normalmente, i medesimi vengano utilizzati congiuntamente da più coeredi.
Pertanto, non è affatto agevole stabilire se il coerede che goda dei medesimi beni, intenda utilizzare solo quelli che astrattamente gli spetteranno a seguito della divisione ereditaria oppure se intenda possedere ed usucapire anche i beni destinati alla soddisfazione degli altri coeredi. Per queste ragioni, considerando che in questi casi manca l’identificazione dei beni finalizzati a soddisfare le singole quote, l’utilizzazione da parte di un coerede per l’intero dei beni ereditari, in linea di principio, non può essere considerata sufficiente ai fini dell’usucapione.
In altre parole, in questi casi è necessario accertare il requisito oggettivo dell’esclusione degli altri coeredi al godimento dei beni in comune, in quanto “posto che il coerede, rimasto nel possesso dei beni ereditari, può, prima della divisione, usucapirne la proprietà esclusiva, senza che sia necessaria una formale interversione del titolo del possesso, attraverso l’estensione del suo originario possesso comune in termini di esclusività, il mero protrarsi del godimento da parte del comunista, con l’astensione degli altri, non trasforma il compossesso in possesso esclusivo, in assenza di condotte che denotino in maniera piena ed inoppugnabile l’intento di possedere con modalità incompatibili con il compossesso altrui” (Cass. 9556/2018).
Pertanto, come ampiamente argomentato, non sussiste il requisito oggettivo dell’esclusività nel godimento della cosa comune nell’ipotesi nella quale, vengano compiuti degli atti compatibili con la permanenza dei beni nella comunione in attesa del procedimento di divisione.
Ebbene, nel caso di specie, le parti convenute non hanno fornito elementi probatori sufficienti al fine di accertare la fondatezza dell’eccezione di usucapione sollevata.
Infatti, considerando la destinazione dei fondi oggetto di causa, la coltivazione dei medesimi non rappresenta un’attività incompatibile con il possesso degli altri coeredi; allo stesso modo, non può costituire di per sé prova dell’esclusività del possesso la circostanza che il dante causa degli odierni convenuti abbia conseguito una serie di indennità compensative con decreti della Comunità Montana, anche per i fondi per cui è causa, nonché che il convenuto (…) abbia versato dei contributi associativi ai Coltivatori Diretti anche per le particelle oggetto di contesa. In altre parole, la documentazione prodotta non può essere considerata sufficiente ai fini della prova dell’esclusività del possesso, dato che l’indicazione nella medesima dei fondi per cui è causa, denota il semplice utilizzo da parte del (…) e degli odierni convenuti dei medesimi, senza costituirne titolo esclusivo di godimento e conseguentemente porsi come condizione ostativa all’utilizzo dei medesimi da parte degli altri comproprietari.
Allo stesso modo la prova dell’esclusività del possesso non è stata fornita né in sede di interpello né nel corso dell’esame testimoniale. Tanto è vero che, a riprova che i beni siano stati posseduti uti condominus e non uti dominus, in sede di interrogatorio formale, la stessa (…) ha dichiarato che suo marito (…) propose di acquistare anche le quote dei fondi spettanti a P.; circostanza che è stata confermata anche nel corso dell’esame testimoniale del teste di parte attrice, P.G., che ha anche specificato che tale proposta di acquisto risalisse al 2011. Allo stesso modo, anche se nel corso dell’esame dei testi di parte convenuta, è stato dimostrato l’utilizzo costante da parte del dante causa (…) e degli aventi causa (…) e (…) dei fondi per cui è causa, non è stata fornita alcuna prova dell’esclusività del possesso.
Per queste ragioni, l’eccezione di usucapione sollevata dagli odierni convenuti non può trovare accoglimento, mentre, per converso, deve ritenersi che parte attrice, che ha agito ex art.949 c.c., abbia soddisfatto gli oneri probatori su di sé incombenti:
“L’azione negatoria, diversamente da quella di rivendicazione, pone un onere probatorio di minor rigore, potendo essere dimostrata la proprietà con ogni mezzo, anche mediante presunzioni, in ipotesi di insufficienza dei titoli di provenienza” (Cass. sent. n.12166/2002).
Nel caso di specie, parte attrice ha prodotto la dichiarazione di successione del comune dante causa nonché il successivo atto di acquisto dalla germana (…) da parte degli altri tre comunisti, tra cui l’odierno attore, aventi ad oggetto i beni immobili per cui è causa, dovendo ritenersi, pertanto, soddisfatto l’onere probatorio dell’attore che ha agito in negatoria, costituendo i documenti sopra ricordati e l’incontestata provenienza dei beni pro indiviso in favore delle parti contendenti da un comune dante causa elementi sufficienti a fondare la pretesa svolta ex art. 949 c.c.
Va, pertanto, in accoglimento della domanda svolta da parte attrice, dichiarato che (…) e (…) non sono proprietari esclusivi, ma solo pro quota, dei beni oggetto di contesa, dovendo, pertanto, condannarsi i predetti convenuti alla modifica della dichiarazione di successione in morte di (…) dagli stessi presentata in data 24/2/2015 all’Agenzia delle Entrate.
Le spese vanno poste a carico della parte convenuta soccombente, liquidate in favore della parte attrice come in dispositivo, ex D.M. n. 55 del 2014 scaglione compreso tra 1.101,00 Euro e 5.200,00 Euro, valori medi di liquidazione.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria o diversa istanza e deduzione rigettata e disattesa, così provvede:
– Dichiara che (…) e (…) non sono proprietari esclusivi, ma solo comproprietari pro quota, dei fondi di cui alle p.lle (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…) e (…) del f. (…) del NCT del Comune di M. e, per l’effetto, condanna (…) e (…) ad effettuare, in favore di (…), la rettifica della dichiarazione di successione presentata in data 24.02.2015 al numero 322 volume 9990 presso l’Agenzia delle Entrate di Benevento – Ufficio Provinciale di Benevento – Ufficio Territoriale, nella parte in cui i convenuti si sono attribuiti la piena proprietà dei fondi di cui sopra;
– Condanna (…) e (…) al pagamento in favore di (…) di spese e compensi di lite, che liquida in Euro. 2.430,00 per compensi, e Euro. 150,00 per spese, oltre spese forfetarie, cpa e iva.
Così deciso in Benevento il 27 dicembre 2018.
Depositata in Cancelleria il 14 gennaio 2019.