l’usucapione è possibile anche fra comproprietari ed in assenza di un formale atto di interversione del possesso, purché l’esercizio della signoria di fatto sull’intera proprietà comune non sia dovuto alla mera astensione del titolare della quota, ma risulti inconciliabile con la possibilità di godimento di quest’ultimo; il che avviene laddove siano stati compiuti atti o comportamenti che realizzino l’impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di proseguire un rapporto materiale con il bene, denotando inoltre, inequivocamente, l’intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva.
Tribunale Roma, Sezione 5 civile Sentenza 11 settembre 2018, n. 17113
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE QUINTA CIVILE
in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Sebastiano Lelio Amato, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa di I Grado iscritta al n. r.g. 49410/2013 promossa da:
(…), c.f. (…), nato il (…) a R.,
con il patrocinio degli avv.: CE.CL., AN.AN.
Parte attrice
Contro
(…), nata a R. il (…),
con il patrocinio degli avv.: FE.GI., GU.FE.
Convenuta
e
(…), res. in Q. S. E., via (…),
(…), res. in R., via (…),
Convenute contumaci
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, ritualmente notificato, (…) evocava in giudizio le sorelle germane (…), (…) e (…) ed esponeva: che dal 1990 esercitava animo domini il possesso continuo, pacifico ed ininterrotto di un immobile della consistenza di mq 28, sito in R., via (…), da lui utilizzato per il ricovero della propria autovettura (…) e per il deposito di bottiglie di vino che impiegava nell’esercizio dell’attività di agente di commercio di vini;
che l’immobile suddetto risultava intestato anche alle sorelle, ma il suo possesso era avvenuto in termini di esclusività e l’uso esclusivo era ben noto ai familiari.
Ciò esposto, (…) chiedeva all’adito Tribunale di accogliere le seguenti conclusioni: “accertare l’avvenuta usucapione da parte dell’attore dell’immobile sito in R., via (…) contraddistinto da foglio (…) Catasto dei fabbricati di Roma, particella n. (…) sub. (…) categoria (…) classe (…); per l’effetto, dichiarare che il sig. (…) … è divenuto proprietario per usucapione dell’immobile de quo”, con ordine di trascrizione della sentenza e vittoria di spese in caso di opposizione alla domanda.
Si costituiva (…), contestando in fatto ed in diritto l’avversa domanda e chiedendone il rigetto.
Le altre convenute rimanevano contumaci.
Nel corso dell’istruttoria, venivano acquisiti i documenti depositati dalle parti e si procedeva all’assunzione di testimonianze, nonché all’interrogatorio di (…) e della contumace (…).
All’udienza di precisazione delle conclusioni venivano assegnati i termini di legge per conclusionali e repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda non è fondata e deve essere rigettata.
E’ opportuno ricostruire brevemente le vicende proprietarie dell’immobile de quo.
I diritti su detto bene, originariamente appartenente per quote uguali ai genitori delle odierne parti in causa, sig.ri (…) e (…), sono pervenuti alle parti dapprima per successione alla (…) (deceduta il 17.2.96), relativamente alla quota di 1/12 per ciascuno, e poi per successione a (…) (deceduto il 4.2.12), di guisa che, attualmente, le parti in causa ne risultano titolari per la quota indivisa di 1/4 ciascuna.
In punto di diritto, va osservato che l’usucapione è possibile anche fra comproprietari ed in assenza di un formale atto di interversione del possesso, purché l’esercizio della signoria di fatto sull’intera proprietà comune non sia dovuto alla mera astensione del titolare della quota, ma risulti inconciliabile con la possibilità di godimento di quest’ultimo (v. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12775 del 20/05/2008); il che avviene laddove siano stati compiuti atti o comportamenti che realizzino l’impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di proseguire un rapporto materiale con il bene, denotando inoltre, inequivocamente, l’intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva (v. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11903 del 09/06/2015).
Orbene, all’esito del giudizio non risulta provato che il sig. (…) abbia compiuto, in relazione all’immobile in questione, atti incompatibili con l’esercizio del possesso da parte della madre e del padre, finché in vita, e delle sorelle, e che abbia pertanto esercitato in via esclusiva – uti dominus e non uti condominus – il possesso per tutto il tempo necessario all’usucapione (20 anni).
A sostegno dei suoi assunti, l’attore ha dichiarato di parcheggiare la propria autovettura (…) all’interno del box cantina di cui si tratta, ma la convenuta ha prodotto un estratto del PRA da cui risulta che l’auto suddetta è stata da lui venduta nel 1996.
L’unico teste di parte attrice (F.D.) ha bensì confermato l’uso esclusivo, ma in realtà dalla deposizione si evince chiaramente che fosse entrato nel box-cantina accompagnato dall’attore e che desumesse il possesso esclusivo delle chiavi in capo allo stesso attore per il semplice fatto che “non ho visto altri aprire il box”.
Tale circostanza appare inidonea a fondare una valida deduzione, visto che il teste “vedeva” il box solo quando vi si recava accompagnato dall’attore. Circa il fatto che il teste avesse visto bottiglie di vino nel locale, va considerato che nulla ha detto (e nulla verosimilmente sapeva) su chi ne fosse proprietario, e, a tacer d’altro, anche la sig.ra (…) è rappresentante di vini.
Il teste citato da quest’ultima (sig. (…)) ha dichiarato di essere amico della sig.ra (…) e membro, con essa, di un gruppo di appassionati del vino, e di averla accompagnata più volte, tra il 1996 e il 2008, all’interno del box, ove conservava “sia vino personale, sia campioni utilizzati per la propria attività di agente di commercio”. Ha altresì ricordato che nel box si trovava ricoverata un’auto, ma non la (…) indicata dall’attore, bensì un veicolo di marca (…).
Si può dunque dire che l’assunto attoreo di uso esclusivo del box-cantina non solo non sia stato provato, ma sia stato smentito, in base alla deposizione del teste (…).
Riguardo alle dichiarazioni della convenuta contumace (…), favorevoli all’attore, occorre evidenziare innanzitutto che “La confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti necessari è liberamente apprezzata dal giudice nei confronti di tutti, perché l’art. 2733, terzo comma, cod. civ. non distingue tra i litisconsorti che la hanno resa e gli altri” (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8458 del 04/05/2004).
Le dichiarazioni della sig.ra (…) non appaiono attendibili, sia perché in contrasto con quanto riferito dal teste (…), estraneo alle vicende familiari che coinvolgono le parti e quindi del tutto indifferente, sia perché la stessa (…) risulta aver inviato una mail alla germana (…) il cui tenore è del tutto incompatibile con la posizione processualmente assunta. Nella suddetta mail (all. 11 del fasc. della convenuta costituita) la sig.ra (…), in un poscritto, chiede alla sorella se il suo avvocato “Gi.” si opporrà alla causa di usucapione intentata dal fratello, spiegandole: “se Gi. non si opporrà sarà meglio per tutti … e io inoltre se (…) non diventerà proprietario non potrò mai avere la mia quota del garage da lui e dovrò aspettare per anni che si risolva la questione giudiziaria” (corsivo aggiunto).
Per le ragioni sopra esposte, la domanda proposta da (…) è infondata e deve essere rigettata.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, il Tribunale rigetta la domanda.
Condanna (…) alla refusione, in favore di (…), delle spese di lite, che liquida in Euro 4.835,00 per compensi professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e spese generali come per legge.
Così deciso in Roma il 10 settembre 2018.
Depositata in Cancelleria l’11 settembre 2018.