In particolare è stato indicato che fondamento dell’usucapione è, dunque, una particolare situazione di fatto esercitata, senza interruzioni, sulla cosa, da parte di colui che, attraverso tale prolungata signoria, si sostituisce, in concreto, al titolare effettivo del diritto. L’usucapione si fonda sul dato oggettivo del verificarsi di determinati fatti. L’acquisizione del diritto, di conseguenza, avviene ipso iure, con il maturarsi delle circostanze richieste dalla legge e la sentenza che accerta l’acquisto è, pertanto, sentenza dichiarativa. Il possesso ad usucapionem deve essere necessariamente connotato da specifici requisiti, che ne determinino la pienezza e l’esclusività del potere di fatto e non deve essere viziato da violenza o clandestinità. Al fine di usucapire il bene posseduto è, però, altrettanto necessario che ricorra il mancato esercizio del diritto da parte del titolare dello stesso. Oltre agli elementi oggettivi della continuità e non interruzione, la legge richiede un elemento psicologico, che viene individuato nell’animus possidendi. Con esso si indica, non la convinzione di essere proprietario o titolare di altro diritto reale sulla cosa, bensì l’intenzione di comportarsi come tale, esercitando facoltà corrispondenti a questa convinzione.

Corte d’Appello Napoli, Sezione 6 civile Sentenza 1 giugno 2018, n. 2616

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, SESTA SEZIONE CIVILE, riunita in camera di consiglio nelle persone dei seguenti magistrati:

Dott.ssa MARIA ROSARIA CASTIGLIONE MORELLI – Presidente

Dott. ANTONIO QUARANTA – Consigliere Rel.

Dott.ssa MARIA GRAZIA SAVASTANO – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n.5316 del Ruolo Generale Civile dell’anno 2013, avente ad oggetto: appello in materia di usucapione, vertente

TRA

(…), nata a N. il (…), ivi residente alla (…) n.21, (C.F. (…)), rappresentata e difesa dagli Avv.ti Vi., Al. e Ma.Te. ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Napoli, alla Via (…), come da mandato a margine dell’atto di citazione in appello;

APPELLANTE

CONTRO

(…), nata a N. il (…) ed ivi residente, alla Via T. S. M. n.36, (C.F. (…)), presso lo studio dell’Avv. Fe.Na., dal quale è rappresentata e difesa giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta in appello;

APPELLATA

AVVERSO

la sentenza n.11111/13 emessa dal G.O.T. presso il Tribunale di Napoli, Quarta Sezione Civile, il 7.10.13, depositata il 9.10.13, non notificata, con cui l’adito giudice rigettava la domanda proposta da (…), odierna appellante, nei confronti di (…), odierna appellata, condannando la prima al pagamento in favore della seconda delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro. 3.500,00, di cui Euro. 300,00 per spese, Euro. 1.500,00 per diritti ed Euro. 1.700,00 per onorari, oltre spese generali nella misura di legge, I.V.A. e C.P.A., con attribuzione al procuratore antistatario.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 25.1.06 (…) conveniva in giudizio la nipote (…) per sentir riconoscere sulla base del proprio ventennale possesso, pacifico e indiscusso, la intervenuta usucapione in proprio favore della proprietà dell’appartamentino in N., alla (…), cat. (…), cl. (…), vani 3, ordinandosi di conseguenza al competente Conservatore dei RR.II. di Napoli 1, (Agenzia del Territorio), la trascrizione della emananda sentenza con esonero da responsabilità.

Assumeva l’attrice che il 13 ottobre del 1982 aveva acquistato da tale (…) il detto appartamento per il prezzo di Lire 24.000.000, da essa pagato a mezzo di assegno circolare del (…), Agenzia di Via (…), aggiungendo che poiché all’epoca era in corso il giudizio di separazione personale con il marito aveva fatto intervenire all’acquisto la nipote convenuta, all’epoca studentessa e priva di reddito, perché risultasse formalmente intestataria dell’immobile ; precisava di essere stata immessa contestualmente all’acquisto nel pieno e pacifico possesso dell’appartamento anzidetto, possesso che aveva sempre mantenuto provvedendo innanzitutto alla sua ristrutturazione, costata Lire 20.000.000, e poi destinandolo a propria abitazione, tanto da stipulare personalmente i vari contratti dì utenza domestica, da partecipare alle assemblee di condominio a nome proprio, relazionandosi quale proprietaria con tutti gli amministratori condominiali succedutisi dal 1982 in poi, pagando regolarmente con proprio denaro sia le tasse relative all’immobile, (I.C.I.), sia le spese condominiali, ordinarie e straordinarie; rappresentava ancora di avere intentato alcuni anni prima anche un giudizio civile contro i proprietari del lastrico solare sovrastante, finalizzato al risarcimento dei danni all’appartamento per infiltrazioni meteoriche, facendo quindi eseguire i lavori necessari di manutenzione straordinaria e di ripristino, sempre pagati con proprio denaro, da una impresa di Somma Vesuviana.

Nel costituirsi con comparsa depositata nel corso della prima udienza la convenuta contestava l’avversa pretesa, pur riconoscendo il possesso attoreo dell’immobile fin dall’ottobre del 1982, sostenendo che solo per cortesia aveva acconsentito e tollerato che la zia occupasse l’appartamento de quo, trasferendovisi con la propria famiglia, tanto che tutte le comunicazioni, i contratti, gli oneri gravanti sul cespite erano sostenuti da essa comparente che provvedeva a seconda del caso; così, i contratti di utenza domestica erano sottoscritti e stipulati da essa convenuta, le comunicazioni relative alle riunioni assembleari erano ad essa rivolte partecipandovi l’attrice solo per delega, i canoni condominiali ordinari e straordinari erano corrisposti da essa deducente, che provvedeva la pagamento dei lavori straordinari interessanti il cespite, avendo in particolare più volte effettuato ricorso alla Commissione Tributaria Regionale di Napoli per contestare ammende irrogate in relazione all’immobile, provvedendo quindi a corrispondere all’ufficio Servizio della Riscossione dei Tributi di Napoli la somma di Lire 6.193.320 per tributi non corrisposti e relativi all’immobile stesso.

Instauratosi il contraddittorio il giudice assegnava alle parti i termini di cui agli artt. 183, 5 comma, e 184 c.p.c. per il deposito delle memorie come previste e l’articolazione dei mezzi istruttori procedendo poi al raccoglimento delle prove orali ammesse, interrogatori formali di attrice e convenuta e prova per testi; all’esito, fatte precisare le conclusioni e assegnati i termini di cui all’art. 190 c.p.c., decideva la causa come da sentenza in epigrafe.

Avverso quest’ultima proponeva appello l’attrice lamentando, con un unico motivo di impugnazione assumente la violazione degli artt. 1158, 1141, 1 comma, e 1142, 1165 in relazione all’art. 2943 c.c., nonché degli artt. 2730 c.c., 116 e 115, comma 2, c.p.c., la errata qualificazione giudiziale del materiale di prova raccolto, attribuendo in particolare significazione agli elementi allegati dalla convenuta e obliterando invece quelli allegati da essa appellante, con difetto di motivazione, e ciò sia in riferimento ai riscontri di natura documentale dell’incarto che in riferimento alla portata stessa della prova orale. Concludeva dunque perché, in totale riforma della sentenza impugnata, si fosse accolta la propria domanda dichiarandosi l’intervenuta usucapione in proprio favore dell’immobile in contesa, vinte le spese del doppio grado; in via subordinata rinnovava la richiesta di autorizzazione al prosieguo della prova orale con l’audizione degli altri testi indotti in primo grado.

Costituitasi, l’appellata resisteva al gravame e, denotatane l’assoluta infondatezza, ne chiedeva il rigetto con vittoria delle ulteriori spese del grado.

Riprodottosi il contraddittorio in appello la Corte rinviava senz’altro per la precisazione delle conclusioni e sulle stesse, dopo alcuni differimenti dovuti ad esigenze di ruolo, concessi alle contendenti i termini di rito, di giorni sessanta più venti, per il deposito, rispettivamente, di comparse conclusionali ed eventuali memorie di replica, ha riservato la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello non è fondato e non merita quindi accoglimento.

Il giudice di primo grado, dopo avere passato in rassegna le connotazioni tutte del possesso utile alla usucapione, ha denotato come nella fattispecie la convenuta, attuale proprietaria dell’immobile in contesa, avesse opposto all’invocata usucapione dell’attrice documentazione da cui risultava l’assolvimento di oneri e pagamenti connessi all’esercizio del suo diritto dominicale; ed infatti, dalla documentazione esibita agli atti di parte convenuta risultava che quest’ultima aveva provveduto, nelle rispettive date del 1983, al pagamento di bollette Enel, mentre nelle date corrispondenti del 1984, 1986, 1999 e 2000, 2006 aveva provveduto al pagamento di tributi erariali, presentando ricorsi alla commissione tributaria e appello commissione regionale avverso atti impositivi legati all’immobile oggetto di causa. Ha poi sottolineato come, in sede di interrogatorio formale, la stessa convenuta avesse confermato di avere acquistato l’immobile con assegno circolare consentendo alla zia, per ragioni di cortesia, di dimorarvi ottenendo, nel momento in cui aveva preteso la stipula di un contratto di locazione, un netto rifiuto seguito dalla instaurazione del presente giudizio di usucapione. Ha fatto rilevare, infine, come il testimoniale, (testi (…) e (…)), avesse confermato le circostanze relative alla intervenuta presentazione di ricorsi tributari a vario titolo sottoscritti dalla convenuta, oltre che al pagamento di oneri condominiali, sicché le risultanze probatorie di natura documentale e non avevano dimostrato come la convenuta medesima avesse in definitiva esercitato le facoltà concernenti il suo diritto di proprietà nel corso degli anni, esercizio che rappresentava causa ostativa all’acquisto per usucapione propugnato dall’attrice. La conclusione giudiziale appena riportata appare corretta, frutto di coerente interpretazione e vaglio del materiale di prova raccolto, tanto da poter essere condivisa. Non vi è dubbio, in altri termini, che l’attrice abbia posto in essere tutti quei contegni che valgono, in astratto, a radicare l’esercizio del possesso uti dominus, possesso che tuttavia non basta ai fini della usucapione allorquando ad esso non si accompagni, in concreto, come nel caso giudicato, l’assoluta inerzia del soggetto nei cui confronti si pretenda di usucapire, essendo, fra i requisiti del possesso ad usucapionem, imprescindibile anche quello che si sostanzia nel suo carattere pacifico ed indisturbato, non certo ravvisabile quando il possesso stesso sia contrastato dall’esercizio, comunque, di avverse facoltà dominicali, le uniche che avrebbero potuto giustificare e legittimare gli atti posti in essere dalla convenuta, come sopra indicati.

Il Tribunale ha ricostruito le dichiarazioni testimoniali finendo per avere un quadro chiaro del contesto per cui è causa e non appare in alcun modo che vi sia stata una forzatura ovvero una errata interpretazione delle stesse. In ogni caso la sentenza si basa su documenti quali pagamenti di tasse ed imposte e ricorsi tributari per cui, al di là della formale intestazione dell’immobile, ricorre la innegabile attività espletata dalla convenuta nel legittimare il suo titolo e la sua qualità di proprietaria del cespite. La stessa figlia dell’odierna appellante, ((…)), aveva riferito di aver sottoposto alla firma della cugina – quale proprietaria – alcuni ricorsi predisposti per tributi sull’immobile in esame, essendo risaputo che l’immobile era di (…), tanto che ad essa era sottoposto ogni atto per l’espletamento di quanto utile e necessario all’immobile stesso; la convenuta personalmente si curava di affidare la gestione del proprio immobile a questo o a quel professionista sottoscrivendo e firmando i ricorsi e le deleghe alle riunioni condominiali a cui prendeva parte la propria zia. Anche relativamente all’acquisto l’immobile figura comprato da (…) a nulla rilevando il possesso in capo alla controparte di una copia della matrice dell’assegno circolare corrisposto. Il fatto che l’acquirente del bene fosse stata all’epoca priva di redditi o di disponibilità economiche che le avessero consentito il pagamento del prezzo, essendo ancora studentessa, non esclude certo l’acquisizione del suo diritto dominicale sul bene, diritto discendente ovviamente dalla sola formale intestazione in suo favore, non essendovi peraltro prova certa, dato l’acquisto avvenuto con assegno circolare e non di conto corrente tratto sul conto dell’appellante, che il denaro fosse stato fornito all’acquirente medesima dalla propria zia.

Ciò detto, deve considerarsi giusto, in ultima analisi, il rilievo del giudice di prime cure per il quale “costituiscono univoci atti di possesso, per impedire ad altri l’usucapione … e consentire la rivendicazione del proprietario, leso nel suo diritto, l’esercizio di azioni giudiziarie, affittanze di fondi con ricezione dei corrispettivi, delimitazioni di confini, alienazioni di porzioni, dichiarazioni di successione, pratiche per esproprio parziale, apposizione di termini, il versamento di indennità per l’occupazione di una sorgente da parte del comune. Corte appello Genova, 03/04/1992, Arch. civ. 1992, 1071). Questo perché “con l’espressione “usucapione ” si indica un modo d’ acquisto della proprietà e degli altri diritti reali a titolo originario.

In particolare è stato indicato che fondamento dell’usucapione è, dunque, una particolare situazione di fatto esercitata, senza interruzioni, sulla cosa, da parte di colui che, attraverso tale prolungata signoria, si sostituisce, in concreto, al titolare effettivo del diritto. L’usucapione si fonda sul dato oggettivo del verificarsi di determinati fatti. L’acquisizione del diritto, di conseguenza, avviene ipso iure, con il maturarsi delle circostanze richieste dalla legge e la sentenza che accerta l’acquisto è, pertanto, sentenza dichiarativa. Il possesso ad usucapionem deve essere necessariamente connotato da specifici requisiti, che ne determinino la pienezza e l’esclusività del potere di fatto e non deve essere viziato da violenza o clandestinità. Al fine di usucapire il bene posseduto è, però, altrettanto necessario che ricorra il mancato esercizio del diritto da parte del titolare dello stesso. Oltre agli elementi oggettivi della continuità e non interruzione, la legge richiede un elemento psicologico, che viene individuato nell’animus possidendi. Con esso si indica, non la convinzione di essere proprietario o titolare di altro diritto reale sulla cosa, bensì l’intenzione di comportarsi come tale, esercitando facoltà corrispondenti a questa convinzione” (Tribunale Grosseto, 02/08/2017, n. 789, Redazione Giuffrè 2017). In altre parole, “l’acquisto della proprietà per usucapione ha per fondamento una situazione di fatto caratterizzata dal mancato esercizio del diritto da parte del proprietario e dalla prolungata signoria di fatto sulla cosa da parte di chi si sostituisca a lui nella utilizzazione di essa. Deriva, da quanto precede, pertanto, che l’esercizio, da parte del proprietario, di taluna delle facoltà inerenti al suo diritto, oltre a rendere di per sé equivoca e non pacifica l’altrui situazione possessoria, fa sì che questa non aderisca al contenuto del diritto di proprietà (ai sensi dell’art. 1140 c.c.) che deve presentare i caratteri della pienezza e dell’esclusività e non possa, quindi, dare luogo all’acquisto del diritto stesso per usucapione” (Cassazione civile, sez. II, 30/08/2012, n. 14722, Guida al diritto 2012, 42, 97; nello stesso senso Cassazione civile, sez. II, 27/02/2007, n. 4444, Giust. civ. Mass. 2007, 3 Il civilista 2008, 7-8, 20; Il civilista 2009, 3, 90; Il civilista 2010, 3, 94: “ai fini dell’usucapione del diritto di proprietà di beni immobili, l’elemento psicologico, consistente nella volontà del possessore di comportarsi e farsi considerare come proprietario del bene, può essere desunto dalle concrete circostanze di fatto che caratterizzano la relazione del possessore con il bene stesso. In questo contesto va esclusa la sussistenza dell’elemento psicologico, richiesto ai fini dell’usucapione, qualora sia dimostrato che il possessore aveva la consapevolezza di non potere assumere iniziative sulla conservazione e disposizione del bene e qualora l’intestatario del bene non ha dismesso l’esercizio del suo diritto di proprietà ma abbia invece continuato ad assumersene i relativi diritti e facoltà e i corrispettivi obblighi ed oneri”; “la pienezza e l’esclusività di questo potere, che soddisfano il requisito dell’univocità del possesso e lo rendono idoneo a determinare il compiersi della prescrizione acquisitiva, vanno apprezzate e valutate non in astratto ma con riferimento alla specifica natura del bene, alla sua destinazione economica e produttiva, alle utilità che esso secondo un criterio di normalità è capace di procurare al proprietario ed il cui conseguimento costituisce secondo un analogo criterio il precipuo contenuto delle sue facoltà di godimento” – Tribunale Bari, 07/04/2005, Giurisprudenzabarese . it 2005).

Al rigetto dell’appello segue, per rigore di soccombenza, la condanna dell’appellante alla rifusione delle ulteriori spese del grado, liquidate d’ufficio come da dispositivo.

A norma dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 24 dicembre 2012, destinato a trovare applicazione ai procedimenti di appello introdotti in data successiva al 28.12.12, quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice deve dare atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui alla norma in esame mentre l’obbligo di pagamento sorge al momento del suo deposito.

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Napoli, Sesta Sezione Civile, definitivamente pronunciando sull’appello proposto, avverso la sentenza in epigrafe, da (…) nei confronti di (…) con citazione del 16.12.13, così provvede:

1) Rigetta l’appello;

2) Condanna l’appellante alla rifusione in favore della controparte delle ulteriori spese del grado, liquidate d’ufficio, in mancanza di nota, in complessivi Euro 2.480,00, di cui Euro 180,00 per spese ed Euro 2.300,00 per compensi, giusta quanto disposto dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55, il tutto oltre rimborso forfetario spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge;

3) Attesta che sussistono per l’appellante i presupposti per il suo assoggettamento alla contribuzione ulteriore come prevista per legge.

Così deciso in Napoli il 20 aprile 2018.

Depositata in Cancelleria l’1 giugno 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.