l’usura rende nullo il patto con il quale si convengono interessi moratori che eccedono il tasso soglia di cui alla L. n. 108 del 1996, articolo 2 relativo al tipo di operazione cui accede il patto di interessi moratori convenzionali e calcolato senza maggiorazioni o incrementi, ma non il contratto cui tale patto accede. La nullita’ della pattuizione di interessi moratori usurari riguarda piuttosto le conseguenze della mora debendi e dell’accertamento del credito conseguente all’inadempimento contrattuale; pertanto, detta nullita’ non si trasmette alla clausola del contratto di leasing che preveda la risoluzione di diritto per mancato pagamento di uno o piu’ canoni convenuti, costituenti il corrispettivo convenuto, e la conseguente restituzione del bene.
Per ulteriori approfondimenti, si consiglia:
Il contratto di leasing o locazione finanziaria
Il contratto di franchising o di affiliazione commerciale
Il contratto di mutuo: aspetti generali.
Mutuo fondiario e superamento dei limiti di finanziabilità.
Il contratto autonomo di garanzia: un nuova forma di garanzia personale atipica
La fideiussione tra accessorietà e clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni
Per approfondire la tematica degli interessi usurari e del superamento del tasso soglia si consiglia la lettura del seguente articolo: Interessi usurari pattuiti nei contatti di mutuo
Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Ordinanza|3 settembre 2019| n. 21976
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29818-2017 proposto da:
(OMISSIS), in qualita’ di legale rappresentante pro tempore della (OMISSIS) SAS DI (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA in persona del suo Amministratore Delegato Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2050/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 19/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/03/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.
RILEVATO
che:
1. Con ricorso notificato il 13 dicembre 2017, la societa’ (OMISSIS) S.a.S. di (OMISSIS) (dichiarata fallita il (OMISSIS)) ricorreva innanzi alla Corte di cassazione al fine di ottenere in via principale, la sospensione del procedimento in attesa della definizione di quello pendente tra le stesse parti innanzi alla Corte d’appello di Firenze, iscritta alla R.G. 1762016 e, in via subordinata, la cassazione con rinvio della sentenza della Corte d’appello di Firenze numero 2050-2017, depositata il 20 settembre 2017.
2. Con la pronuncia qui impugnata era stato rigettato l’appello avverso la sentenza del Tribunale di Firenze che, dopo aver ritenuto incontestato il mancato pagamento dei canoni di locazione finanziaria di un immobile maturati da agosto 2011 a febbraio 2013 e avere rilevato che la parte ricorrente si era legittimamente avvalsa della clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto di leasing, aveva dato atto della risoluzione di diritto intimata dalla societa’ concedente, alla quale conseguivano gli obblighi restitutori ex articolo 1458 c.c. ed ex articolo 1526 c.c., in ragione della quale la societa’ utilizzatrice era rimasta debitrice della somma di Euro 107.272,68, comprensiva di interessi di mora fino al 7 ottobre 2013.
La parte resistente (OMISSIS) s.p.a., in data 22 gennaio 2018 ha notificato controricorso principalmente per rilevare la mancata impugnazione della motivazione della Corte d’appello che ha ritenuto sussistere un giudicato interno sull’operata risoluzione di diritto.
3. Nel giudizio di primo grado la societa’ convenuta – qui ricorrente – aveva chiesto la sospensione del procedimento in forza della pregiudizialita’ del procedimento parallelo di opposizione a decreto ingiuntivo instaurato dalla societa’ concedente, e cio’ al fine di evitare un possibile conflitto di giudicati; in ogni caso aveva dedotto l’illegittimita’ degli interessi moratori applicati in quanto usurari.
Il Tribunale aveva rigettato l’istanza e le eccezioni della convenuta motivando anche in punto di interessi, ritenendoli non usurari, tuttavia omettendo di rigettare tale domanda di accertamento di nullita’, corrispondente ad altra pendente in altro precedente giudizio instaurato per il pagamento del credito insoluto.
4. La Corte d’appello, adita dalla societa’ ricorrente, riteneva infondato l’appello, perche’
i) la questione sul carattere usurario, e quindi illegittimo, degli interessi moratori convenuti era pendente in un separato giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per il quale sussisteva un’ ipotesi di litispendenza che impediva al giudice successivamente adito di occuparsi della medesima domanda ex articolo 39 c.p.c., in cio’ correggendo la sentenza del Tribunale che si era inammissibilmente pronunciata in merito agli interessi, senza oltretutto addivenire a un esplicito rigetto della domanda di accertamento negativo;
ii) su tale omissione di pronuncia, non vi era stato uno specifico motivo di impugnazione;
iii) in ogni caso, il tema degli interessi moratori convenuti e applicati non puo’ rilevare nel presente giudizio ove e’ stato chiesto l’accertamento della risoluzione del contratto di leasing, intervenuta di diritto con statuizione non impugnata dalla parte;
iv) anche ove fosse sussistente la nullita’ del contratto di leasing ex articolo 1815 c.c. in conseguenza del carattere usurario degli interessi applicati, e’ comunque fondata la domanda di rilascio del bene immobile, conseguente alla ipotetica nullita’ del contratto, che farebbe venir meno il titolo della detenzione.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’articolo 295 c.p.c.;
con il secondo motivo ha dedotto contraddittoria e illogica motivazione, con conseguente violazione e falsa applicazione articolo 295 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, poiche’ non sarebbe stato dalla Corte di appello considerato che la pretesa nullita’ della clausola sulla corresponsione di interessi moratori usurari non avrebbe determinato la nullita’ del contratto di leasing, mai dedotta, bensi’ la nullita’ della richiesta risoluzione del contratto;
con il terzo motivo ha dedotto illogica e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 con conseguente violazione falsa applicazione articolo 295 c.p.c., ex articolo 360 c.p.c., n. 3.
1.1. I motivi vanno trattati congiuntamente in quanto connessi. Essi sono inammissibili per un’assorbente ragione.
1.2. La Corte d’appello ha preliminarmente rilevato che la sentenza del Tribunale non e’ stata impugnata nella parte in cui ha statuito che il contratto si e’ risolto di diritto per effetto della clausola risolutiva espressa e tanto basta ai fini della dichiarazione di inammissibilita’ dell’impugnazione.
Ed invero, il Tribunale, in relazione a tale clausola – valevole in caso di mancato pagamento da parte dell’utilizzatore di qualsiasi parte del canone alle scadenze o dei relativi accessori -, aveva dato atto della rilevanza del mancato pagamento dei canoni dall’agosto 2011 al febbraio 2013, ritenendo tale inadempimento senz’altro grave ai sensi dell’articolo 1455 c.c. per la richiesta di immediata restituzione del bene.
1.3. La mancata impugnazione di tale asserto da parte della societa’ ricorrente determina l’inammissibilita’ dei motivi attinenti a ogni ulteriore ratio decidendi contenuta nella pronuncia impugnata: quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimita’, si fonda su distinte ed autonome “rationes decidendi” ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perche’ possa giungersi alla cassazione della stessa e’ indispensabile, da un lato, che il soccombente censuri tutte le riferite “rationes”, dall’altro che tali censure risultino tutte fondate.
Ne consegue che, rigettato (o dichiarato inammissibile) il motivo che investe una delle riferite argomentazioni, a sostegno della sentenza impugnata, sono inammissibili, per difetto di interesse, i restanti motivi, atteso che anche se questi ultimi dovessero risultare fondati, non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio ritenuta corretta (Sez. 3, Sentenza n. 17004 del 20/08/2015; Sezioni Unite, N. 24469 del 2013; Sez. 3, Sentenza n. 12372 del 2006).
1.4. Gli ulteriori motivi restano pertanto assorbiti da quanto sopra rilevato, dovendosi tuttavia correggere la motivazione resa dalla Corte di appello ove ha ritenuto che la nullita’ della clausola sugli interessi moratori convenuti sarebbe in grado di rendere nullo il contratto di leasing, e quindi di determinare comunque un obbligo restitutorio del bene.
Difatti, l’usura rende nullo il patto con il quale si convengono interessi moratori che eccedono il tasso soglia di cui alla L. n. 108 del 1996, articolo 2 relativo al tipo di operazione cui accede il patto di interessi moratori convenzionali e calcolato senza maggiorazioni o incrementi (v da ultimo Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 27442 del 30/10/2018), ma non il contratto cui tale patto accede.
La nullita’ della pattuizione di interessi moratori usurari riguarda piuttosto le conseguenze della mora debendi e dell’accertamento del credito conseguente all’inadempimento contrattuale; pertanto, detta nullita’ non si trasmette alla clausola del contratto di leasing che preveda la risoluzione di diritto per mancato pagamento di uno o piu’ canoni convenuti, costituenti il corrispettivo convenuto, e la conseguente restituzione del bene.
2. Conclusivamente la Corte rigetta il ricorso, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014 a favore della parte resistente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 7.200,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge; Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.