la responsabilita’ ex articolo 1489 c.c. e’ esclusa sia nel caso in cui il compratore abbia effettiva conoscenza del peso gravante sulla cosa, che nel caso in cui si tratti di oneri e diritti apparenti, che risultino da opere visibili e permanenti, perche’ il compratore, avendo la possibilita’ di esaminare la cosa prima dell’acquisto, ove abbia ignorato cio’ che poteva ben conoscere in quanto esteriormente visibile, deve subire le conseguenze della propria negligenza, secondo il principio di autoresponsabilita.
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 4 gennaio 2018, n. 57
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente
Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18373-2013 proposto da:
(OMISSIS) SRL (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);
– ricorrente e controricorrente all’incidentale –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 369/2013 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 17/04/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/10/2017 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per accoglimento del ricorso principale, rigetto del ricorso incidentale;
uditi gli Avvocati (OMISSIS), che si riportano agli atti e depositano sent. Corte di Cassazione n. 21681/14 + relazione;
udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore dei resistenti che si riporta agli atti depositati.
ESPOSIZIONE DEL FATTO
Con citazione del 5.5.2006 la (OMISSIS) srl conveniva innanzi al Tribunale di Pordenone (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), esponendo di avere concluso, nel gennaio e febbraio 2005, con i convenuti distinti contratti preliminari aventi ad oggetto un’area di circa 3 ha con vocazione edificatoria.
Con apposita clausola del contratto (clausola n. 8) i promittenti alienanti garantivano espressamente l’assenza di qualsivoglia vincolo, onere o gravame sui terreni.
La (OMISSIS) versava dei contratti in esecuzione la somma di 230.000,00 Euro a (OMISSIS) e di 191.500,00 Euro a (OMISSIS) e (OMISSIS).
I promittenti alienanti rilasciavano altresi’ procura speciale alla (OMISSIS) per l’adempimento delle incombenze amministrative.
Sul finire dell’anno 2005 la (OMISSIS), in occasione di verifiche finalizzate ala perimetrazione dell’area, apprendeva che su detta area insistevano alcune servitu’ o vincoli di cui non era stata fatta menzione nei contratti preliminari, vale a dire: una servitu’ di canalette irrigue, una servitu’ di linea telefonica e soprattutto una servitu’ di elettrodotto (OMISSIS).
Tanto premesso e rilevato che tali servitu’ comportavano una diminuzione di valore dei terreni oggetto dei preliminari, proponeva domanda ex articolo 2932 c.c., in favore della (OMISSIS) chiedendo una diminuzione del prezzo pattuito nei contratti preliminari, ai sensi dell’articolo 1489 c.c., e la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni, anche in conseguenza della revoca della procura speciale, nel frattempo intervenuta.
Il tribunale di Pordenone trasferiva ex articolo 2932 c.c., a (OMISSIS) la complessiva quota indivisa dei beni oggetto dei preliminari e disponeva che, entro due mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, (OMISSIS) corrispondesse ai convenuti il prezzo residuo, pagamento cui veniva subordinata l’efficacia traslativa della sentenza medesima.
La Corte d’Appello, con la sentenza n. 369/2013, rigettava l’appello principale proposto da (OMISSIS) e quello incidentale proposto dai signori (OMISSIS) e confermava integralmente la sentenza impugnata.
La Corte territoriale, in particolare, escludeva l’applicabilita’ dell’articolo 1489 c.c., in quanto detta disposizione si riferiva a servitu’ non apparenti, laddove nel caso di specie era pacifico che tutte le servitu’ erano – evidenti-, come dimostrato dalle fotografie in atti.
Rilevava inoltre che, considerata l’entita’ economica dell’operazione e la qualifica di operatore professionale del promissario acquirente, doveva escludersi in radice che (OMISSIS) ignorasse lo stato dei luoghi.
Riteneva inoltre non contestata la circostanza che i preliminari fossero stati preparati dalla (OMISSIS), onde nessun rilievo poteva riconoscersi alla clausola n. 8), con la quale si garantiva espressamente l’assenza di qualsivoglia vincolo, onere o gravame sui terreni.
Sempre avuto riguardo alla conoscenza dei vincoli,rilevava come tale conoscenza poteva desumersi dal fatto che nel giugno 2005, vale a dire pochi mesi dopo la conclusione dei preliminari, il legale rappresentante della promissari acquirenti dimostrava di conoscere la reale situazione dei luoghi, per aver esibito unitamente ad un’istanza presentata al Comune di Pordenone una planimetria in cui veniva ben evidenziata la linea elettrica di alta tensione.
Respingeva altresi’ l’appello incidentale dei promittenti alienanti, rilevando, da un lato che l’obbligo di pagamento del prezzo in capo al promissario acquirente non puo’ che farsi risalire alla data del passaggio in giudicato della sentenza, dall’altro che non risultava provato il maggior danno da svalutazione monetaria ex articolo 1224 c.c., richiesto dagli appellanti incidentali.
Per la cassazione di detta sentenza, ha proposto ricorso (OMISSIS), affidandosi a cinque motivi.
I signori (OMISSIS) hanno resistito con controricorso ed hanno altresi’ proposto ricorso incidentale con due motivi, cui la (OMISSIS) resiste con controricorso.
In prossimita’ dell’odierna udienza entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1489 e 1491 c.c., anche in relazione all’articolo 12 Disp. sulla legge in generale, nonche’ la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1372 c.c., ex articolo 360 c.p.c., n. 3, censurando la statuizione che ha affermato la non applicabilita’ al caso di specie dell’articolo 1489 c.c..
Ad avviso della ricorrente, il requisito dell’apparenza della servitu’ non rileva quando, come nel caso di specie, il venditore ha specificamente dichiarato che il bene era libero da pesi o oneri.
In tal caso, dovrebbe applicarsi in favore della controparte il principio dell’ “affidamento”, in quanto detta dichiarazione esonererebbe l’acquirente dall’onere di verificare la condizione di liberta’ da vincoli del bene oggetto del contratto.
Il motivo e’ destituito di fondamento.
Come questa Corte ha, anche di recente, affermato, nella vendita di cosa gravata da oneri o da diritti di terzi, la responsabilita’ del venditore ai sensi dell’articolo 1489 c.c. e’ esclusa tanto nel caso in cui il compratore abbia avuto effettiva conoscenza del peso gravante sulla cosa, presumendosi che egli l’abbia accettata con tale peso, quanto nel caso in cui si tratti di oneri e diritti apparenti, che risultino cioe’ da opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio; senza che rilevi, in tali ipotesi, la dichiarazione del venditore, della inesistenza di pesi o oneri sul bene medesimo, non operando, in tal caso, il principio dell’affidamento (Cass. 8 aprile 2013, n. 8500).
Si osserva al riguardo che pure l’orientamento citato dal ricorrente, secondo cui l’espressa dichiarazione del venditore che il bene compravenduto e’ libero da oneri o diritti reali o personali di godimento esonera l’acquirente dall’onere di qualsiasi indagine, operando a suo favore il principio dell’affidamento nell’altrui dichiarazione (Cass. 976 del 19.1.2006), deve ritenersi applicabile nella sola ipotesi in cui i pesi sul bene erano conoscibili, e non anche quando, come nel caso in esame, la Corte abbia accertato non gia’ la mera conoscibilita’, ma l’effettiva conoscenza, da parte del promissario acquirente, delle servitu’.
Ed invero, secondo la stessa formulazione letterale dell’articolo 1489 c.c., il presupposto cui e’ subordinata la domanda di riduzione del prezzo o di risoluzione del contratto, e’ costituito dal fatto che il compratore non abbia conoscenza dei suddetti oneri, mentre la stessa garanzia non ha alcuna rilevanza nell’ipotesi in cui l’acquirente era a conoscenza dello stato di fatto e di diritto del bene acquistato.
Non appare poi condivisibile la prospettata applicazione estensiva o analogica dell’articolo 1491 c.c., in presenza di specifica disposizione, quale appunto l’articolo 1489 c.c., che disciplina la fattispecie in esame, relativa o oneri o diritti reali sulla cosa venduta.
Il secondo motivo, articolato in due distinte censure, denuncia, con la prima doglianza, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ex articolo 360 c.p.c., n. 5), in relazione alla statuizione, contenuta nella sentenza impugnata, sul difetto di rilevanza della clausola n. 8 del contratto (con la quale si garantiva l’assenza di pesi sugli immobili in questione), in quanto il contratto era stato materialmente stilato dalla (OMISSIS).
La seconda doglianza concerne la nullita’ della sentenza, per avere la Corte territoriale omesso di esaminare la questione relativa alla modalita’ di sottoscrizione dei contratti, erroneamente ritenuta pacifica, omettendo di pronunciarsi sulla richiesta di ammissione delle prove testimoniali, gia’ escluse dal primo giudice.
La prima censura e’ inammissibile atteso che la Corte territoriale non solo ha specificamente preso in esame il fatto costituito dalla materiale redazione del contratto, ma, ai sensi dell’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, ha rigettato l’impugnazione su tale punto proposta dall’odierna ricorrente, sulla base delle stesse ragioni di fatto poste a fondamento della pronuncia di primo grado, ritenendo provato e sostanzialmente non contestato che il contratto fosse stato materialmente stilato da (OMISSIS) srl.
E cio’, sulla base dell’interpretazione degli atti difensivi, riservata al giudice di merito e che non risulta contraddetta dal contenuto degli atti (atto di citazione di appello e capitoli di prova formulati nella memoria istruttoria del 23.12.2006) riportati in ricorso dall’odierna ricorrente, i quali hanno ad oggetto il coinvolgimento dei promittenti alienanti nella determinazione del contenuto negoziale, ma non anche il diverso aspetto relativo alla materiale redazione della scrittura.
Si osserva, in ogni caso, che la materiale redazione dei contratti preliminari da parte della (OMISSIS) non costituisce la principale ratio della pronuncia di inefficacia della clausola n. 8 del contratto, ma un ulteriore argomento ad adiuvandum.
Del pari inammissibile la dedotta nullita’ della sentenza per omessa pronuncia sulla richiesta di ammissione delle prove testimoniali, gia’ escluse dal primo giudice.
Il vizio di omessa pronuncia, che determina la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’articolo 360, comma 1, n. 4, dello stesso codice, si configura infatti esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione ad istanze istruttorie, per le quali l’omissione e’ denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. 13716 /2016).
Con il terzo, articolato, motivo si denuncia la nullita’ della sentenza per violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e 1367 c.c., nonche’ dell’articolo 1341 e 1370 c.c., anche in relazione all’articolo 1489 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4.
La prima doglianza censura la statuizione della sentenza impugnata nella parte in cui esclude la rilevanza della clausola n. 8 per il solo fatto che il contratto era stato materialmente stilato da (OMISSIS).
La doglianza e’ inammissibile, perche’ non coglie la ratio della sentenza impugnata.
Come si e’ gia’ evidenziato, la Corte territoriale non ha fatto discendere l’inefficacia della clausola n. 8) dal solo fatto che il preliminare era stato materialmente redatto da (OMISSIS), ma ha utilizzato tale circostanza come argomento ad adiuvandum, ad ulteriore sostegno dell’inefficacia di detta clausola dei contratti preliminari.
Tale statuizione e’ fondata su una pluralita’ di rationes decidendi, ed in particolare sul fatto che la disposizione dell’articolo 1489 c.c., si riferisce alle sole servitu’ non apparenti, mentre nel caso in esame si trattava di servitu’ apparenti e per di piu’ conosciute dalla (OMISSIS).
Con la seconda doglianza la ricorrente lamenta la violazione delle norme in tema di interpretazione del contratto, ed in particolare del principio di conservazione delle singole clausole, stabilito dall’articolo 1367 c.c., nonche’ per avere qualificato come clausola di stile” il gia’ menzionato articolo 8). Conviene premettere che in materia contrattuale e’ rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimita’ se sorretto da congrua e corretta motivazione, lo stabilire se una determinata clausola contrattuale sia soltanto “di stile” ovvero costituisca espressione di una concreta volonta’ negoziale, con efficacia normativa del rapporto.
E’ stato tuttavia precisato che, sia per il principio di conservazione delle clausole contrattuali, sia perche’ rispondente all’interesse dell’acquirente di un immobile a non esser limitato nella disponibilita’ e nel godimento del medesimo, non puo’ ritenersi generica ed indeterminata, e pertanto di stile, la clausola secondo la quale l’alienante garantisce la liberta’ del bene da ipoteche, pesi e trascrizioni pregiudizievoli, pur se essa e’ sintetica e onnicomprensiva, laddove essa non aggiunga ulteriori argomenti al riguardo(Cass. n. 19104 del 2.9.2009).
Orbene, nel caso di specie la Corte territoriale ha adeguatamente argomentato la propria qualificazione della clausola n.8) come “clausola di stile”, accertando che le servitu’ in oggetto erano “apparenti” ed anzi “evidenti” e conosciute dalla promissaria acquirente.
Ha pertanto richiamato l’orientamento di questa Corte, secondo cui la responsabilita’ ex articolo 1489 c.c. e’ esclusa sia nel caso in cui il compratore abbia effettiva conoscenza del peso gravante sulla cosa, che nel caso in cui si tratti di oneri e diritti apparenti, che risultino da opere visibili e permanenti, perche’ il compratore, avendo la possibilita’ di esaminare la cosa prima dell’acquisto, ove abbia ignorato cio’ che poteva ben conoscere in quanto esteriormente visibile, deve subire le conseguenze della propria negligenza, secondo il principio di autoresponsabilita’ (Cass. 2856/1995 e Cass. 8500/2013).
Cio’ comporta che la garanzia di cui trattasi e’ da intendersi esclusa, nel caso in cui le limitazioni fossero effettivamente conosciute dall’acquirente, applicandosi la presunzione legale che il compratore a conoscenza delle servitu’ abbia ugualmente accettato il bene con quelle limitazioni, anche a fronte della dichiarazione del venditore, della inesistenza di pesi o oneri sul bene medesimo, non operando in tal caso il principio dell’affidamento nella rilevanza negoziale delle dichiarazioni della controparte.
A tale principio si e’ conformata la Corte territoriale, sulla scorta dell’accertamento di fatto, alla stregua del quale la (OMISSIS) era a conoscenza dell’esistenza delle servitu’ da qualificarsi come -apparente” ed anzi – evidente”, secondo quanto ritenuto nella sentenza impugnata. Quanto sopra assorbe l’esame delle ulteriori doglianze formulate in relazione alla dedotta violazione degli articoli 1362 e ss., nonche’ 1341 e 1370 c.c..
Il quarto motivo censura la pronuncia della Corte d’Appello laddove afferma che nella fattispecie in esame si sarebbe trattato di -oneri apparenti”, ravvisando sia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1061 c.c., che l’omesso esame di un fatto decisivo, ex articolo 360 c.p.c., n. 5).
Il motivo presenta profili di inammissibilita’, in quanto la medesima questione viene prospettata mediante mezzi di impugnazione eterogenei, quali la violazione di norme di diritto, che presuppone accertati gli elementi del fatto, e l’omesso esame di un fatto decisivo (Cass. 31.1.2013, n. 2299).
Il motivo e’ inammissibile anche sotto altro profilo, poiche’ esso, nei termini in cui e’ formulato, non censura l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, ne’ la violazione dell’articolo 1061 c.c., ma evidenzia, piuttosto, una insufficiente motivazione, non piu’ censurabile alla luce del nuovo disposto dell’articolo 360 codice di rito, comma 1, n. 5), (Cass. SS.UU. n. 8053/2014), lamentando, in buona sostanza, che la Corte territoriale non abbia valutato in modo adeguato le risultanze dell’istruttoria espletata.
L’omesso esame di un fatto decisivo non puo’ infatti consistere nella difformita’ dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice di merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice di individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove e scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione e dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge, in cui un valore legale e’ assegnato alla prova (ex plurimis Cass. n. 6064/08).
Nel caso di specie la Corte territoriale ha accertato l’evidenza della servitu’ sulla base delle caratteristiche delle opere e della loro visibilita’, come risultante non solo dalla loro descrizione, ma anche dalle fotografie in atti, definite piu’ che eloquenti, ed ha inoltre evidenziato che la situazione giuridica dei luoghi era puntualmente desumibile dalle planimetrie presentate in Comune dalla (OMISSIS), pochi mesi dopo la conclusione dei preliminari: in tali planimetrie era ben descritta ed evidente, la linea elettrica dell’alta tensione, evidenziata da una doppia linea tratteggiata, che attraversava i terreni in oggetto.
A fronte di tale accertamento di fatto, riservato al giudice di merito, adeguatamente motivato, in quanto si fonda sulle riproduzioni fotografiche e sulle acquisizioni documentali, appare inammissibile il rilievo della ricorrente, che contesta, nel merito, che fosse rilevabile che la servitu’ di elettrodotto insisteva proprio sul fondo oggetto dei preliminari.
Il quinto motivo denuncia la violazione degli articoli 2727 e 2729 c.c., censurando la statuizione della sentenza impugnata, secondo cui il promissario acquirente era a conoscenza dell’esistenza delle servitu’. Secondo la prospettazione della ricorrente tale conclusione era stata desunta da elementi indiziari privi dei caratteri di gravita’, precisione e concordanza richiesti dalla legge.
Il motivo e’ destituito di fondamento.
Conviene premettere che in tema di prova per presunzioni, il giudice deve esercitare la sua discrezionalita’ nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento ed e’ tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positivita’ parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria. Successivamente, e’ doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati, per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi (Cass. 9108/2012;5374/2017).
A tale principio si e’ conformata la Corte territoriale, la quale ha posto in rilievo una serie di indici della conoscenza dell’esistenza della servitu’ in capo alla promissaria acquirente, costituiti dalla veste professionale della stessa, dalla rilevanza economica dell’affare (valore di oltre 2.500.000 Euro), dalla situazione dei luoghi e della evidenza ictu oculi della servitu’ senza necessita’ di svolgere particolari accertamenti.
Ha altresi’ evidenziato che gia’ pochi mesi dopo la conclusione dei contratti preliminari(nel giugno 2005) la planimetria presentata al Comune di Pordenone dal legale rappresentante della (OMISSIS), indicava chiaramente l’esistenza sui terreni oggetto del preliminare della linea elettrica di alta tensione.
Considerato dunque che, quanto meno a quella data, la promissaria acquirente era a conoscenza delle servitu’, la Corte ha dato rilievo al fatto che solo nel gennaio dell’anno successivo la (OMISSIS) contesto’ formalmente l’esistenza di dette servitu’ ai promittenti alienanti, ritenendo particolarmente significativa l’inerzia della (OMISSIS) nei confronti delle controparti nell’immediatezza e dopo la presentazione dell’istanza: condotta che induce a ritenere, in virtu’ di canoni di ragionevolezza, che la conoscenza della servitu’ non fosse necessariamente contestuale o acquisita nell’immediatezza della data di presentazione dell’istanza.
Ora, se e’ vero che tale fatto non costituisce prova diretta della conoscenza della servitu’ alla data di conclusione dei preliminari, in quanto antecedenti, la Corte ha peraltro correttamente dato rilievo pure a tale elemento, nella valutazione complessiva degli indici presuntivi, giungendo pertanto alla conclusione, non sindacabile nel presente giudizio, di adeguatezza degli elementi, complessivamente considerati, a dimostrare la conoscenza delle servitu’, in capo alla promissaria acquirente, gia’ al momento della conclusione dei preliminari.
Passando al ricorso incidentale dei signori (OMISSIS), il primo motivo denuncia la violazione degli articoli 1224 e 2697 c.c., articoli 112, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4), censurando la statuizione della sentenza impugnata che ha escluso il riconoscimento ai promittenti alienanti del maggior danno derivante da svalutazione monetaria, in quanto, da un lato i promittenti alienanti non si erano qualificati come imprenditori, e dall’altro non erano stati allegati fatti dai quali potesse riconoscersi il maggior danno ex articolo 1224 c.c., dovendo riconoscersi il maggior danno in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento del titoli di Stato sia stato superiore al saggio degli interessi legali.
Secondo i ricorrenti non ha alcuna rilevanza la categoria di appartenenza del creditore o la deduzione di alcuna altra circostanza che non sia il notorio fenomeno inflattivo.
Il motivo e’ infondato.
Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, cui il collegio intendere dare continuita’, in caso di inadempimento di una obbligazione di valuta, quale quella in esame, il maggior danno di cui all’articolo 1224 c.c., comma 2, – spettante a qualunque creditore ne chieda il risarcimento, senza necessita’ di inquadrarlo in una apposita categoria – e’ determinato in via presuntiva nell’eventuale differenza, durante la mora, tra il tasso di rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e il saggio degli interessi legali (Cass. Ss.Uu. 19499/2008; Cass. n. 3954/2015).
Il danno da svalutazione monetaria dunque non e’ “in re ipsa”, ma deve essere provato dal creditore, quantomeno deducendo e dimostrando che il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato di durata annuale e’ stato superiore, nelle more, agli interessi legali (Cass. 11943/2016).
A tale indirizzo si e’ attenuta la pronuncia impugnata.
Non risulta infatti che i ricorrenti incidentali abbiano specificamente dedotto e dimostrato che il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato di durata annuale e’ stato superiore, nel periodo in esame, agli interessi legali, limitandosi a richiamare genericamente, solo nella memoria di replica, la gia’ menzionata massima delle Ss. UU. n. 19499/2008, che individua il maggior danno ex articolo 1224 c.c. ,nella differenza tra rendimento dei titoli di Stato ed interessi legali.
Il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione degli articoli 1372 e 2932 c.c., lamentando che la Corte territoriale abbia omesso di dare rilievo alla pattuizione delle parti, di anticipato pagamento del prezzo, ed abbia subordinato la corresponsione del saldo al passaggio in giudicato della sentenza ex articolo 2932 c.c..
Il motivo e’ infondato.
Come evidenziato nella sentenza impugnata, la pattuizione di pagamento anticipato del corrispettivo a carico del promissario acquirente, contenuta negli originari contratti preliminari, deve ritenersi superata dalla pronuncia della sentenza costituiva di cui all’articolo 2932 c.c., atteso che le pronunce costitutive che tengono luogo dell’obbligo di concludere un contratto, essendo fonte autonoma di rapporti giuridici, spiegano i loro effetti solo dal momento del loro passaggio in giudicato (Cass. 17688/2010).
Da cio’ discende che, ai fini della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto avente per oggetto il trasferimento della proprieta’ di un bene, colui che chiede il trasferimento non e’ necessariamente tenuto ad eseguire la propria prestazione, ancorche’ esigibile, purche’ ne faccia offerta, essendo all’uopo idonea anche la sola manifestazione di volonta’ del promissario acquirente, contenuta nell’atto di citazione, di corrispondere il residuo prezzo (Cass. 9314/2017).
In conclusione, vanno rigettati sia il ricorso principale che quello incidentale.
Considerata la soccombenza reciproca va disposta l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, sia da parte della ricorrente principale che dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13 comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale.
Spese compensate.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, sia da parte della ricorrente principale che dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.