l’approvazione assembleare dell’operato dell’amministratore e la mancata impugnativa della relativa delibera non consentono al Condominio di contestarne l’operato e di esperire nei suoi confronti l’azione di responsabilità. nfatti, la delibera assembleare che non sia stata tempestivamente impugnata per vizi che ne possano determinare l’annullamento, rende incontestabile il rendiconto stesso, di modo che eventuali crediti da questo risultanti in favore dell’amministratore (per anticipazioni e/o compensi oppure ad altro titolo ancora) non possano essere più messi in discussione dal Condominio.
Tribunale|Lecce|Sezione 2|Civile|Sentenza|9 aprile 2020| n. 959
Il Tribunale civile di Lecce – Sezione Seconda Civile in funzione di Giudice di Appello in composizione monocratica – nella persona del giudice, dr.ssa Annafrancesca Capone, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento civile iscritto al n. 9971 del ruolo generale dell’anno 2015, avente ad oggetto: appello avverso sentenza del Giudice di Pace;
promosso da
Condominio via (…), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rapp.to e difeso dall’avv.to Fr.Ri., in virtù di mandato su foglio separato allegato all’atto di citazione in appello;
– appellante –
contro
Dott. (…), rapp.to e difeso dall’avv. Gi.Fe., in virtù di mandato in calce alla comparsa di costituzione in appello;
– appellata –
FATTO E DIRITTO
Con atto di citazione in appello, ritualmente notificato, il Condominio via (…), in persona del legale rappresentante p.t dott. (…), ha impugnato la sentenza n. 436/2015, emessa dal Giudice di Pace di Nardò il 20.07.2015 e pubblicata in data 23.07.2015, in forza della quale lo stesso veniva condannato, a conferma del decreto ingiuntivo opposto n. 309/2013, al pagamento in favore del dott. (…) della somma di Euro 1.313,16 oltre accessori a titolo di compenso a saldo per l’attività di amministratore condominiale svolta tra il 2006 ed il 2010.
L’appellante, in via preliminare, ha ricostruito i fatti di causa deducendo che:
– il dott. (…) proponeva ricorso per decreto ingiuntivo, avanti al Giudice di Pace di Nardò, nei confronti del Condomino via (…), per ottenere il pagamento del saldo del compenso per Euro 1.313,16, a lui spettante in forza dell’attività di amministratore condominiale svolta tra il 2006 ed il 2010;
– il Condominio, con citazione in opposizione, contestava l’ingiunzione di pagamento eccependo il grave inadempimento dell’amministratore in relazione al mandato conferitogli, in quanto lo stesso aveva omesso di redigere i bilanci condominiali nonché di convocare l’assemblea per cinque anni consecutivi, dal 2007 al 2010, in violazione degli artt. 1129, 1130 e 1135 c.c.; aveva altresì omesso di compiere qualsivoglia attività di manutenzione ordinaria, straordinaria ed urgente ed, inoltre, aveva illegittimamente prorogato la sua stessa nomina; il Condominio concludeva, quindi, per la revoca del D.I. opposto ed, in via riconvenzionale, previo accertamento dell’inadempimento del ricorrente, per il rigetto della pretesa creditoria;
– si costituiva in giudizio il sig. (…) il quale, contestando tutto quanto ex adverso dedotto, in quanto infondato in fatto ed in diritto, chiedeva il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo opposto, previa concessione della provvisoria esecuzione;
– il Giudice di Pace di Nardò con sentenza n. 436/2015 rigettava integralmente la domanda dell’attore perché infondata e priva di qualsivoglia supporto probatorio in ordine alle eccezioni di merito e per l’effetto condannava il Condomino di via (…) al pagamento in favore del dott. (…) della somma di Euro 1.313,16, nonché delle spese di lite per un importo pari ad Euro 400,00 oltre accessori come per legge.
Tanto premesso, parte appellante, ha chiesto la riforma della sentenza di primo grado in quanto manifestamente illegittima, viziata ed ingiusta per travisamento della prova ed errata valutazione delle risultanze documentali, manifesta illogicità della motivazione, violazione ed errata applicazione dell’art. 1460 c.c. nonché degli artt. 2697, 1129, 1130 e 1135 c.c..
Più in particolare, l’appellante ha sostenuto che il sig. (…) solo in data 11.05.2011 aveva provveduto a convocare l’assemblea ordinaria che portava all’approvazione dei bilanci consuntivi relativi agli esercizi 2006-2007-2008-2009 e 2010; che tale condotta è da considerarsi una “grave irregolarità”, ex art. 1129 c.c., in quanto aveva impedito ai condomini di verificare anno per anno le voci di entrata ed uscita del patrimonio del Condominio e, di conseguenza, di preventivare le spese, in violazione degli artt. 1130 e 1135 c.c..
L’odierno appellato, inoltre, omettendo di depositare i bilanci per cinque anni consecutivi, non aveva potuto agire entro sei mesi dalla chiusura annuale di ciascun esercizio per la riscossione forzosa del credito gravante sui condomini morosi (in particolare nei confronti dell’Istituto Autonomo Case Popolari- IACP), ed inoltre, non convocando annualmente l’assemblea, aveva di fatto prorogato la propria nomina in violazione degli artt. 1129 co. 10 e 1135 c.c.; tali inadempimenti sarebbero stati tali da escludere la diligenza richiesta al mandatario nell’esecuzione del mandato, ed il Giudice di prime cure avrebbe errato nel non considerarla quale valida eccezione sollevata dal Condominio ex art. 1460 c.c..
Ha concluso, quindi, chiedendo la riforma della sentenza appellata con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio.
Si è costituito il sig. (…) il quale nel merito ha eccepito:
– che con l’assemblea dell’11 maggio 2011 sono stati approvati i bilanci consuntivi ed i riparti per gli esercizi 2006-2007-2008-2009-2010 nonché il compenso spettante all’amministratore sig. (…) per Euro 3.929,76; che il relativo verbale assembleare non è mai stato impugnato e che non vi è stata alcuna deliberazione successiva in revoca della precedente; ciò nonostante il compenso spettante all’amministratore veniva corrisposto solo parzialmente dal Condomino, costringendo l’odierno appellato ad agire in giudizio per recuperare la residua somma di Euro 1.313,16;
– che, nel corso dell’assemblea dell’11.05.2011, come si rileva dal relativo verbale, il sig. (…) provvedeva a consegnare copia di tutta la documentazione attestante le spese sostenute nel periodo 2006-2010, a riprova della regolare gestione del Condominio;
– che la somma vantata nei confronti del condomino moroso IACP, regolarmente sollecitato dall’amministratore, è stata integralmente pagata, secondo i tempi burocratici dell’Ente e che quindi non vi è stato alcun pregiudizio ai danni del Condomino;
– che l’opposizione a decreto ingiuntivo è stata proposta dall’amministratore dott. (…) senza previa autorizzazione/ratifica da parte dell’assemblea;
– che l’appellante ha errato nel riferirsi alla legge sulla riforma condominiale dell’11 dicembre 2012 n. 220 posto che la stessa, essendo entrata in vigore il 18 giugno 2013, non può essere applicata al caso di specie.
Ha concluso per il rigetto dell’appello nonché per la vittoria delle spese e competenze di causa.
Acquisito il fascicolo di primo grado, non essendo necessaria attività istruttoria, la causa è stata trattenuta a sentenza sulle conclusioni delle parti, con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare deve essere rigettata l’eccezione sollevata dal sig. (…) circa il difetto di legittimazione processuale dell’amministratore dott. G., il quale avrebbe agito nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avanti al Giudice di Pace di Nardò senza un’espressa autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale.
Invero, l’amministratore condominiale, ex. art. 1131 c.c. come riformato dalla L. n. 202 del 2012, gode di rappresentanza processuale nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’art. 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condomino o dall’assemblea; solo qualora detto interesse esorbiti dalla sfera delle sue attribuzioni, la sua legittimazione ad agire deve essere subordinata ad un’espressa autorizzazione assembleare.
Nel caso di specie, occorre rilevare che l’amministratore dott. (…), opponendosi al decreto ingiuntivo emesso in favore del precedente amministratore dott. (…), agiva al di fuori delle controversie rientranti tra quelle per le quali l’amministratore gode di autonoma rappresentanza processuale ai sensi dell’art. 1130 e 1131 c.c., sicché, ai fini della sua costituzione in giudizio, certamente occorreva l’autorizzazione assembleare ovvero una ratifica del suo operato.
Ciò nonostante, posto che “il difetto di legittimazione processuale della persona fisica, che agisca in giudizio in rappresentanza di un ente può essere sanato in qualunque stato e grado del giudizio, con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti, per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato della effettiva rappresentanza dell’ente stesso, il quale manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare l’operato del falsus procurator” (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, n. 27236/2017; Cass. Civ. 23274/2016), si deve ritenere che il dott. (…) abbia sanato il proprio difetto di legittimazione processuale per effetto della Delib. del 21 ottobre 2015, a mezzo della quale all’unanimità l’assemblea condominiale autorizzava la costituzione del dott. (…) nel presente giudizio di appello.
Nel merito, l’appello è infondato e non può trovare accoglimento.
In primo luogo occorre sottolineare che la materia condominiale è stata oggetto di una dettagliata modifica ad opera della L. n. 220 dell’11 dicembre 2012, entrata in vigore il 18 giugno 2013, senza che il legislatore (fatta eccezione per l’art. 26 L. n. 220 del 2012) abbia previsto una disciplina transitoria.
Di conseguenza, trovano applicazione i principi generali, per cui la legge non può che disporre per l’avvenire, non potendo avere effetti retroattivi (ex art. 11 preleggi) e non potendo essere applicata ai rapporti giuridici esauriti ed a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita al momento della sua entrata in vigore, se attraverso di essa si disconoscano gli effetti già scaturiti o si tolga efficacia alle conseguenze attuali o future.
Pertanto, posto che i fatti che ci occupano si riferiscono agli anni 2006-2010, è del tutto evidente che non si possa prendere a riferimento la disciplina introdotta dalla L. n. 202 del 2012, ma occorra guardare alla normativa previgente.
Tanto chiarito, l’appellante lamenta che il sig. (…), con la sua condotta negligente, avrebbe violato: l’art. 1129 co. 9 c.c., omettendo di esigere nel termine di sei mesi dalla chiusura dell’esercizio il pagamento dei crediti del condominio verso i condomini morosi; l’art. 1129 co. 10 c.c. omettendo di convocare l’assemblea per la nomina dell’amministratore per cinque anni consecutivamente; l’art. 1129 co. 12 c.c. omettendo di convocare l’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale; l’art. 1130 n. 10 c.c. omettendo di redigere annualmente il rendiconto consuntivo e preventivo ed infine l’art. 1135 c.c. contravvenendo alle prerogative assembleari, con particolare riferimento al diritto di convocazione annuale per l’approvazione dei rendiconti e delle spese nonché in ordine alla conferma o revoca dello stesso amministratore.
Tuttavia, le violazioni lamentate dall’appellante sono state espressamente codificate solo con la L. n. 220 del 2012, che ha introdotto agli artt. 1129 ss. c.c. una disciplina assai più dettagliata rispetto a quella precedente.
L’art. 1129 c.c. ante riforma disponeva che:
“Quando i condomini sono più di quattro, l’assemblea nomina un amministratore. Se l’assemblea non provvede, la nomina è fatta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini. L’amministratore dura in carica un anno e può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea. Può altresì essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall’ultimo comma dell’articolo 1131, se per due anni non ha reso il conto della sua gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità. La nomina e la cessazione per qualunque causa dell’amministratore dall’ufficio sono annotate in apposito registro”.
Mentre l’art. 1130 c.c., nel prevedere le attribuzioni dell’amministratore così disponeva: “L’amministratore deve: 1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini e curare l’osservanza del regolamento di condominio;2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini; 3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni; 4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio. Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione”.
E’ quindi evidente che le eccezioni mosse dall’appellante nei confronti del dott. (…), circa la violazione dell’art. 1129 co. 9, co.10 e co. 12 non possono trovare accoglimento, posto che all’epoca dei fatti tali circostanze non erano specificamente previste dalla legge.
Inoltre, sebbene l’art. 1129 c.c. ante riforma prevedesse già la durata di un anno per la carica di amministratore condominiale non può ritenersi che una maggior durata delle sue funzioni possa configurarsi quale violazione delle prerogative assembleari, posto che “in tema di condomino di edifici, l’istituto della “prorogatio imperii” – che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell’interesse del condomino alla continuità dell’amministratore – è applicabile in ogni caso in cui il condominio rimanga privato dell’opera dell’amministratore, e pertanto non solo nei casi di scadenza del termine di cui all’art. 1129 comma 2 c.c., o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o di annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina” (Cass. civ. sez. II, n.1405/07).
L’amministratore condominiale, inoltre, pur dovendo rendere il conto della sua gestione annualmente (ex art. 1130 u.c.), non aveva un termine perentorio entro il quale convocare l’assemblea per l’approvazione del rendiconto, come invece previsto dalla nuova disciplina nel termine di 180 giorni dalla stessa approvazione; tanto è vero che lo stesso art. 1129 c.c., tra i motivi per cui un condòmino poteva agire giudizialmente per ottenere la revoca dell’amministratore, prevedeva proprio il mancato deposito del rendiconto per due anni consecutivi, lasciando quindi intendere che l’amministratore potesse anche non convocare l’assemblea e potesse anche non depositare il conto della sua gestione; sarebbe spettato ai condòmini eventualmente agire giudizialmente per contestare all’amministratore le irregolarità commesse, che peraltro, a differenza della nuova disciplina non erano incluse tra le “gravi irregolarità” ex art.1129 c.c, posto che non vi era un’ espressa codificazione in tal senso.
Inoltre, la precedente normativa nulla prevedeva circa il rendiconto condominiale, la cui fattispecie è stata specificamente normata solo a seguito della L. n. 220 del 2012 con la previsione dell’art. 1130-bis c.c..
L’appellante, infine, ha lamentato la violazione dell’art. 1135 c.c. in quanto la condotta complessivamente tenuta dall’amministratore condominiale avrebbe violato le prerogative assembleari, con particolare riferimento al diritto di convocazione annuale per l’approvazione dei rendiconti nonché circa la conferma o revoca dell’amministratore.
Tuttavia, vale la pena evidenziare come anche ai sensi dell’art. art. 66 delle disp. att. cc. ante riforma “l’assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall’art. 1135 del codice, può essere convocata in via straordinaria dall’amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione”.
Da tanto discende che i condòmini avevano la possibilità di convocare l’assemblea di propria iniziativa, proprio al fine di avere informazioni sull’operato dell’amministratore nonché, eventualmente, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1129 c.c. per disporre la revoca dello stesso.
Invece, l’assemblea condominiale, convocata dopo cinque anni in data 11.05.2011, lungi dal contestare l’operato del (…), procedeva all’approvazione dei rendiconti relativi agli esercizi 2006-2010 ed al compenso allo stesso spettante per l’attività svolta e documentata nel quinquennio in questione, con otto voti favorevoli, due astenuti e due assenti.
Nessuno dei condòmini, successivamente, ex art. 1137 c.c., faceva ricorso all’autorità giudiziaria per impugnare la delibera assembleare entro trenta giorni dalla data di comunicazione della stessa.
Da ciò consegue che l’approvazione assembleare dell’operato dell’amministratore e la mancata impugnativa della relativa delibera non consentono al Condominio di contestarne l’operato e di esperire nei suoi confronti l’azione di responsabilità.
Infatti, la delibera assembleare che non sia stata tempestivamente impugnata per vizi che ne possano determinare l’annullamento, rende incontestabile il rendiconto stesso, di modo che eventuali crediti da questo risultanti in favore dell’amministratore (per anticipazioni e/o compensi oppure ad altro titolo ancora) non possano essere più messi in discussione dal Condominio.
Pertanto, posto che il compenso spettante all’amministratore per l’attività svolta negli anni 2006-2010, come espressamente dedotto e comprovato documentalmente, fu approvato dall’assemblea condominiale, regolarmente convocata, tanto ha reso incontestabile tale voce tra i debiti del bilancio.
Quali che siano state, poi, le ragioni che indussero i condomini a tale approvazione, è evidente che gli stessi sarebbero stati liberi di non approvare il predetto rendiconto, magari anche limitatamente alla voce attualmente in discussione.
Per completezza, a parere di codesto Tribunale, deve, poi, escludersi che la mancata convocazione dell’assemblea per l’approvazione dei consuntivi negli anni 2006-2010 possa qualificarsi in termini di nullità ex art. 1421 c.c., rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento e perciò svincolata dal termine di decadenza di cui all’art. 1137 c.c., comma 3.
In proposito, occorre ricordare che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito, dando alla questione una sistemazione del tutto condivisibile, che le delibere condominiali, analogamente a quelle societarie, sono nulle soltanto se hanno un oggetto impossibile o illecito (contrario, cioè, all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), ovvero non rientrante nella competenza dell’assemblea (ad esempio, ratifica di una spesa priva di inerenza alla gestione condominiale), o se indicono su diritti individuali inviolabili per legge (cfr., Cass. n.13111/92; n.31/00; n.13013/00; n.4806/05; n. 18192/09).
Infine, la delibera condominiale, successivamente all’approvazione, era certamente suscettibile di revoca o di modifica, ma occorre rilevare che la volontà di revoca doveva essere espressa secondo le modalità previste dall’art. 1136 c.c., analogamente a quanto avviene in materia societaria; circostanza, anche questa, rimasta disattesa.
Ne consegue che il compenso spettante all’amministratore risultante dai consuntivi relativi agli anni 2006-2010, regolarmente approvati con delibere dall’assemblea condominiale, mai gravate da alcuna impugnazione ovvero successiva revoca assembleare, non può essere messo in discussione in questa sede.
Alla luce di quanto sopra, va pertanto rigettata la domanda proposta dall’appellante e confermata la sentenza del Giudice di prime cure.
Per quanto riguarda le spese di lite, considerato il totale rigetto delle richieste dell’appellante, va disposta la condanna del Condominio via (…) al pagamento delle spese di lite relative al presente grado del giudizio, da quantificarsi secondo i criteri di cui al D.M. n. 55 del 2014, tenendo conto del valore della causa e dell’attività concretamente svolta.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sull’appello proposto avverso la sentenza n. 436/2015 emessa dal Giudice di Pace di Nardò il 20.07.2015 e pubblicata in data 23.07.2015: – rigetta l’appello per le ragioni in parte motiva e conferma integralmente la sentenza impugnata;
– condanna il Condominio via (…) a rifondere al sig. (…) spese e competenze legali del presente grado di giudizio che si liquidano in Euro 850,00 oltre rimborso forfettario, CAP ed IVA come per legge.
Così deciso in Lecce il 25 marzo 2020.
Depositata in Cancelleria il 9 aprile 2020.
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