Nell’ambito delle diverse procedure di risarcimento regolate dal D.Lgs. n. 209 del 2005 (codice delle assicurazioni private), la compagnia di assicurazione del danneggiato ben può costituirsi in giudizio quale rappresentante volontaria della compagnia assicuratrice del danneggiante sulla scorta del mandato da quest’ultima conferitole, senza che ciò pregiudichi il diritto del danneggiato di scegliere il soggetto nei cui confronti fare valere la propria pretesa e fermo restando che gli effetti di una eventuale pronuncia si producono soltanto nella sfera giuridica della mandante. Può insomma accedere che l’assicuratore del danneggiato svolga una difesa in contrasto colla domanda risarcitoria del suo stesso garantito: nel caso di richiesta proposta dal danneggiato ex a. 144 D.Lgs. n. 209 del 2005 nei confronti del veicolo antagonista e del suo assicuratore, deve perciò ritenersi ammissibile la costituzione in giudizio dell’assicuratore del danneggiato, anche quale mandataria della compagnia assicuratrice convenuta. Più in generale, l’ammissibilità del cosiddetto “mandato card” o “di rappresentanza” risulta pienamente confermata.

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Tribunale|Milano|Sezione 10|Civile|Sentenza|18 agosto 2022| n. 6854

Data udienza 18 agosto 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO

DECIMA SEZIONE CIVILE

nella persona del giudice Roberto Pertile pronuncia questa

SENTENZA

IN GRADO D’APPELLO

nella causa civile di secondo grado, iscritta al n. 37170 / 2019 RG, promossa da:

(…) col procuratore domiciliatario avv. (…)

PARTE APPELLANTE

contro:

(…) col procuratore domiciliatario avv. (…)

contumace

PARTE APPELLATA

LO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito del sinistro stradale occorso in data 20/7/2016, l’odierna appellante (…) convenne dinnanzi al giudice di pace di Milano (…) e (…) ( assicuratrice e per la (…) della (…) chiedendone la condanna in solido al risarcimento del danno, quantificato in Euro 3.200,00 (comprensivi di danni materiali e fermo tecnico) nonché al risarcimento delle spese legali stragiudiziali per Euro 1.215,00. Il sinistro – allegò l’attrice – era da attribuire in via esclusiva a colpa della (…) la quale aveva svoltato improvvisamente a sinistra senza azionare l’indicatore di direzione, urtando così il motociclo attoreo.

Si costituì la soc. (…) rappresentata e difesa da (…) eccependo in via preliminare la nullità dell’atto di citazione “per estrema sintesi della narrativa” e, nel merito, l’infondatezza della pretesa attorea.

Il giudice di pace di MILANO, respinta l’eccezione di inammissibilità della costituzione della (…) dichiarò la contumacia della convenuta (…) e svolse istruttoria, durante la quale la stessa (…) non si presentò per rispondere all’interrogatorio formale.

Con sentenza n. 727/2019 depositata il 21/1/2019 il giudice di pace dichiarò che il sinistro era stato causato per il 70% da responsabilità della convenuta (…) e per il restante 30%, da responsabilità del conducente del veicolo dell’attrice, condannando quindi le convenute (…) e (…) in solido a pagare EUR 2.134,00 all’attrice quale risarcimento parziale del danno materiale, unitamente alle spese di lite (liquidate complessivamente in Euro 1.382,00 oltre accessori di legge).

Con atto di citazione in appello (notificato il 22/7/2019 al difensore della rappresentante della (…) in primo grado e il 23/7/2021 alla (…) stessa, nonché alla (…) il 31/7/2019) (…) impugna tale sentenza lamentando l’illegittimità della costituzione della società convenuta, l’errata valutazione delle prove, l’erronea quantificazione del danno e l’infondatezza del rigetto della richiesta di spese legali stragiudiziali, esponendo in particolare che:

– il giudice di pace era incorso in violazione e falsa applicazione dell’art. 77 c.p.c. avendo ritenuto lecita la costituzione in giudizio della (…) quale rappresentante della (…) posto che la (…) si era costituita “in nome e per conto” della (…) per mezzo di un “mandato irrevocabile di rappresentanza”, dunque “al di fuori del regime di cui all’art. 149” cap, laddove invece la procura era stata conferita “per la gestione e la liquidazione del danno nei sinistri rientranti nell’ambito di applicazione degli articoli 141 e 149” cap (doc. 1 convenuta, fascicolo di primo grado);

– la costituzione della (…) provocava un conflitto di interessi in quanto “l’assicurazione del danneggiato non era un terzo qualsiasi bensì un soggetto che aveva nei confronti dello stesso specifici obblighi” e la costituzione in giudizio “per contraddire il proprio assicurato” si poteva giustificare “solo e nella misura in cui fosse previsto dalla legge”, non potendo “certamente … essere la convenzione CARD a legittimare tale costituzione, trattandosi di atto tra privati”;

– il mandato alla (…) era nullo in quanto scrittura privata autenticata, peraltro priva di univoca identificazione della compagnia mandataria;

– il giudice di pace era incorso in violazione e falsa applicazione degli artt. 2054 e 2697 c.c. in quanto aveva erroneamente ritenuto che il “motociclo attoreo al momento dell’urto de quo stesse effettuando una manovra di sorpasso in corrispondenza di un incrocio”, circostanza inveritiera poiché – come confermato dall’esame testimoniale e dalla “tipologia e localizzazione dei danni riportati dal motociclo” (doc. 3-6 attrice, fascicolo di primo grado ) – il veicolo della (…) prima di svoltare repentinamente e senza azionare l’indicatore di direzione, si trovava in sosta sul margine destro della carreggiata (il che escludeva che la condotta del veicolo attoreo potesse essere qualificata come “sorpasso”) e vi era, sulla sinistra, una strada secondaria precedente al semaforo (il che smentiva la collocazione dell’evento “in prossimità di una intersezione”);

– “il fatto che il motociclo dell’appellante si trovasse sul lato sinistro della corsia nulla dimostrava circa la sua responsabilità nella causazione del sinistro” poiché “era noto a tutti che i motocicli proceddessero tendenzialmente al centro della carreggiata proprio per evitare quello che era successo nel caso de quo” e “l’accertamento della colpa esclusiva in capo a uno dei conducenti e della regolare condotta di guida dell’altro, liberava quest’ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilità fissata in via sussidiaria dall’art. 2054 c.c.”;

– il giudice di primo grado doveva riconoscere a favore dell’appellante anche il risarcimento del danno da fermo tecnico, posto che la giurisprudenza costante ne riteneva possibile “la liquidazione equitativa … anche in assenza di prova specifica, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo tempo”;

– il giudice di pace doveva riconoscere altresì all’appellante le spese legali stragiudiziali, poiché “l’attività stragiudiziale, anche se svolta da un legale, era comunque un qualcosa di intrinsecamente diverso rispetto alle spese legali vere e proprie”.

Conclude chiedendo di dichiarare inammissibile la costituzione della soc. (…) nel merito chiede di accertare l’esclusiva responsabilità della convenuta (…) pel sinistro e pertanto di condannarla, in solido colla (…) a risarcire l’intero danno materiale e da fermo tecnico (pari a Euro 3.200,00, dedotto quanto corrisposto in esecuzione della sentenza appellata) oltre alla rifusione delle spese legali stragiudiziali (paria Euro 1.215,00).

L’appellata (…) si costituisce in appello (a mezzo della rappresentante (…) con comparsa di risposta depositata il 28/11/2019, osservando che:

– l’appello della (…) è inammissibile in quanto non essendo indicate “le norme di legge violate” e gli “errori logici di fatto e di diritto commessi dal Giudice di Pace e/o come e/o dove il costrutto motivazionale avrebbe dovuto essere diversamente condotto invece da come avvenuto”, doveva quindi essere respinto “con ordinanza ex art. 348 bis c.p.c. ovvero con sentenza ex art. 352 c.p.c.”;

– il mandato irrevocabile conferito dalla (…) alla (…) a rappresentarla in giudizio costituisce un “normale caso di rappresentanza diretta con spendita del nome” ex artt. 1704 c.c. e 77 c.p.c., considerato legittimo dalla Cassazione “atteso che, in tale ipotesi, l’assicurazione mandataria agiva a tutela di un diritto dell’impresa mandante e non in proprio” e che destinataria degli effetti della sentenza rimaneva la (…) senza alcun pregiudizio per la (…)

– l’estromissione della (…) non è ammessa dal codice di procedura civile e, se disposta, violerebbe il diritto costituzionale alla difesa della (…)

– devono “ritenersi inconferenti e prive di valore giuridico” le ragioni di contestazione “relative al fatto che il mandato sarebbe solo una scrittura privata autenticata” così come “del tutto inconsistenti dovevano giudicarsi quelle relative alla supposta univoca individuazione di (…) quale società mandataria di (…) in forza del mandato di rappresentanza prodotto, per le quali potevano venire in soccorso, come … per il Giudice di primo grado, le risultanze dei documenti 3 e 4”;

– l’istruttoria esperita in primo grado non ha consentito di chiarire “come si fosse verificata la collisione, quali fossero le direttive di marcia dei due veicoli e/o la loro posizione sulla carreggiata”, le testimonianze non erano sufficientemente attendibili poiché “era presumibile che la trasportata a bordo della vettura dietro la Fiat Panda della (…) (la teste (…) non potesse vedere i danni riportati dalla fiancata del motociclo” e “quanto all’uso dell’indicatore di direzione sx … la risposta era in ogni caso dubitativa, in quanto non veniva dall’osservazione diretta ma era frutto di una deduzione puramente soggettiva”; in definitiva, non vi era alcuna prova della esclusiva responsabilità della (…) nella causazione del sinistro, né della “condotta di guida utile a scongiurare il verificarsi del sinistro” da parte del conducente del motociclo attoreo;

– il giudice di pace aveva correttamente escluso la risarcibilità del danno da fermo tecnico poiché nessuna prova era stata fornita non era possibile riconoscerlo in re ipsa, non essendo un’automatica conseguenza dell’indisponibilità del veicolo; l’assenza di prova non poteva essere surrogata dalla valutazione equitativa, consentita solo nel caso di prova dell’an del pregiudizio;

– per le spese legali stragiudiziali, la (…) è “carente di legittimazione attiva sul punto perché l’appello l’avrebbe dovuto proporre lo stesso avvocato titolare del credito in quanto distrattario”; inoltre, data la natura di danno emergente ad esse riconosciuta dalla Cassazione, tali spese stragiudiziali non risultano risarcibili qualora “superflue ai fini di una più pronta definizione del contenzioso, non avendo avuto in concreto utilità per evitare il giudizio o per assicurare una tutela più rapida risolvendo problemi tecnici di qualche complessità”.

Conclude chiedendo di dichiarare l’appello inammissibile ex art. 348 c.p.c. o ex art. 352 c.p.c.; nel merito, di dichiarare infondato l’appello e confermare la sentenza di primo grado in ogni sua parte.

All’udienza di prima comparizione (tenuta il 27/10/2020 dal giudice originariamente designato) veniva dichiarata la contumacia dell’appellata (…) e, su concorde istanza delle parti, veniva fissata udienza per precisare le conclusioni.

All’udienza del 23/12/2021 le parti rassegnavano le conclusioni in epigrafe trascritte.

Scaduti il 21.2.2022 i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, il giudice pronuncia questa sentenza.

I MOTIVI DELLA DECISIONE

L’eccezione di inammissibilità dell’appello è infondata. Secondo il costante orientamento del giudice di legittimità, infatti, ai fini della specificità dei motivi d’appello richiesta dall’a. 342 c.p.c. è sufficiente una chiara esposizione delle doglianze rivolte alla pronuncia impugnata, sicché l’appellante il quale lamenti l’erronea ricostruzione dei fatti da parte del giudice di primo grado può limitarsi a chiedere al giudice di appello di valutare ex novo le prove già raccolte e sottoporre le argomentazioni già svolte nel processo di primo grado (Cass. sez. 6, ordinanza n. 40560 del 17/12/2021). Inoltre, per esporre le ragioni di fatto e di diritto a sostegno del gravame, l’appellante può limitarsi a prospettare le medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass. sez. 2, ordinanza n. 23781 del 28/10/2020; Cass. sez. 2, ordinanza n. 7675 del 19/3/2019). Infine, affinché un capo di sentenza possa ritenersi validamente impugnato, è necessario che l’atto di gravame esponga compiute argomentazioni che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, mirino ad incrinarne il fondamento logico-giuridico (Cass. sez. L, ordinanza n. 3194 del 4/2/2019).

La sintesi dell’atto di appello sopra riportata impone di riconoscere che l’impugnazione in esame sia connotata da adeguata specificità sia quanto all’argomentazione sia per le conclusioni, sicché l’eccezione dell’appellata deve essere appunto respinta.

Infondata è, però, anche l’eccezione dell’appellante relativa all’asserita illegittimità della costituzione della convenuta. In proposito, è sufficiente osservare che nell’ambito delle diverse procedure di risarcimento regolate dal D.Lgs. n. 209 del 2005 (codice delle assicurazioni private), la compagnia di assicurazione del danneggiato ben può costituirsi in giudizio quale rappresentante volontaria della compagnia assicuratrice del danneggiante sulla scorta del mandato da quest’ultima conferitole, senza che ciò pregiudichi il diritto del danneggiato di scegliere il soggetto nei cui confronti fare valere la propria pretesa e fermo restando che gli effetti di una eventuale pronuncia si producono soltanto nella sfera giuridica della mandante (così, tra le altre, Cass. sez. 3, ordinanza n. 31965 del 11/12/2018). Può insomma accedere che l’assicuratore del danneggiato svolga una difesa in contrasto colla domanda risarcitoria del suo stesso garantito: nel caso di richiesta proposta dal danneggiato ex a. 144 D.Lgs. n. 209 del 2005 nei confronti del veicolo antagonista e del suo assicuratore, deve perciò ritenersi ammissibile la costituzione in giudizio dell’assicuratore del danneggiato, anche quale mandataria della compagnia assicuratrice convenuta (Cass. Sez. 6, ordinanza n. 20383 del 01/08/2018; Cass. Sez. 3, sentenza n. 10816 del 18/04/2019 che si riferisce espressamente alla piena legittimità del mandato “card” o “di rappresentanza”, in forza del quale l’assicuratore del danneggiato può operare come mandatario di quello del responsabile del sinistro).

Più in generale, l’ammissibilità del cosiddetto “mandato card” o “di rappresentanza” risulta pienamente confermata dal giudice di legittimità sin da Cass. sez. 3, sent. 11 ottobre 2016, n. 20408) e più di recente risulta ribadita da Cass. Sez. 3, sentenza n. 21761 del 28/08/2019, sicché le corrispondenti eccezioni dell’appellante devono essere respinte.

Nel merito, la sentenza impugnata deve essere riformata quanto all’accertamento della responsabilità. Alla luce delle testimonianze di (…) e (…) raccolte il 23.3.2018 ma, soprattutto, della mancata risposta della convenuta contumace all’interrogatorio formale ammesso il 29.9.2017 e ritualmente deferitole (mancata risposta attestata nel verbale 23.3.2018 e confermata nell’ottava pagina, non numerata, della sentenza impugnata) deve infatti escludersi che si possa configurare un concorso di colpa del motociclista nella causazione del sinistro. In particolare, i testimoni interrogati dal giudice di pace hanno coerentemente dichiarato che l’autoveicolo, che si trovava fermo al margine destro della carreggiata, intraprese improvvisamente una manovra di svolta a sinistra, senza previamente segnalarlo cogli indicatori di direzione, rendendo così inevitabile l’urto col motociclo che sopraggiungeva con marcia regolare e che, di conseguenza, nulla avrebbe potuto fere per evitare l’urto. Ciò risulta appunto confermato dalla ficta confessio che si può ricavare ex a. 232 c.p.c. dalla mancata risposta della (…) al suo interrogatorio formale, valutata unitamente alle dichiarazioni testimoniali.

Per converso, non vi è nessun elemento che possa giustificare la tesi del sorpasso della Panda da parte del motociclista, in ragione proprio del fatto che l’istruttoria consente di affermare che l’auto era ferma a margine della carreggiata prima di intraprendere la svolta senza presegnalarla.

Così chiarito che l’appellante ha diritto a essere integralmente risarcita del danno, occorre procedere alla liquidazione di quest’ultimo.

In proposito, si deve però sottolineare che l’appellante non ha prodotto nessuna fattura né altro documento idoneo a dimostrare l’effettivo esborso delle cifre che formano oggetto del semplice preventivo (intestato “doc. P 2016 del 22.7.2016”) prodotto in primo grado. Da ciò discende che, pel danno materiale al veicolo, risulta congruo liquidare un importo pari a quello indicato dal preventivo, cioè EUR 2.977,21, aumentato di interessi legali dal fatto al saldo.

La mancanza di prova dell’effettività della riparazione (circostanza eccepita ritualmente dalla convenuta nella memoria ex a. 320 c.p.c.) esclude per sé la risarcibilità del fermo tecnico. Invero, secondo il costante orientamento del giudice di legittimità, incombe sul danneggiato l’onere di allegare e dimostrare tale danno, e la relativa prova non può limitarsi alla sola indisponibilità del veicolo nel tempo occorrente per la riparazione, ma deve anche dimostrare la spesa sostenuta per procacciarsi un mezzo sostitutivo, oppure la perdita subita per la rinuncia forzata ai proventi ricavabili dall’uso del mezzo (Cass. sez. 6, ordinanza n. 5447 del 28/02/2020; Cass. Sez. 3, sentenza n. 20620 del 14/10/2015), circostanze che nella specie sono appunto contraddette proprio dalla mancanza di prova della riparazione.

Quanto alle spese stragiudiziali, occorre valutare se esse siano state necessitate e giustificate per esercitare il diritto al risarcimento (Cass. sez. 6, ordinanza n. 14444 del 26/5/2021). Inoltre, le spese legali sostenute nella fase precedente all’instaurazione del giudizio divengono una componente del danno da liquidare e, come tali devono essere chieste e liquidate sotto forma di spese vive o spese giudiziali (Cass. Sez. 3, ordinanza n. 24481 del 4/11/2020). Considerato il valore della causa e il suo esito, a titolo di compensi per prestazioni stragiudiziali (il cui esborso non risulta peraltro concretamente sostenuto né fatturato) appare congruo liquidare l’importo di EUR 610,00, prossimo al minimo tabellare, stante la sostanziale semplicità delle questioni.

Deve essere confermato il capo della sentenza di primo grado che liquida le spese di lite mentre le spese di questo grado, liquidate in dispositivo in un importo fra i minimi e i medi, tenendo conto del valore effettivo della controversia, dell’attività processuale concretamente svolta e della natura e importanza delle questioni trattate, seguono la soccombenza ex a. 91 c.p.c..

PER QUESTI MOTIVI

pronunciando definitivamente nel contraddittorio fra le parti, rigettata ogni contraria domanda ed eccezione, letti gli aa. 281 quater e segg, 282 c.p.c., così decide:

1. accoglie parzialmente l’appello avverso la sentenza n. 727/2019 del 21/1/2019 del giudice di pace di Milano;

2. per l’effetto, in parziale riforma della sentenza suddetta, condanna i convenuti, in solido fra loro, a pagare all’attrice il complessivo importo di EUR 2.977,21 oltre agli interessi legali dalla data del sinistro al saldo, dedotti gli importi già versati in esecuzione della sentenza di primo grado;

3. condanna i convenuti, in solido fra loro, a rifondere inoltre all’attrice le spese per l’assistenza stragiudiziale, rideterminate in EUR 610,00 oltre agli accessori di legge e interessi legali dal sinistro al saldo;

4. conferma la condanna alle spese di lite contenuta nella sentenza impugnata;

5. condanna gli appellati, in solido fra loro, a rifondere all’appellante le spese processuali di questo grado, che liquida in Euro 174,00 per spese, e Euro 900,00 per compensi professionali, oltre alle spese generali, IVA (se ed in quanto non recuperabile in virtù del regime fiscale di cui gode la parte) e CPA, con distrazione in favore del difensore dell’appellante, come da sua richiesta.

Così deciso in Milano il 18 agosto 2022.

Depositata in Cancelleria il 18 agosto 2022.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.