Nel contratto di comodato, il termine finale può, a norma dell’art. 1810 cod. civ., risultare dall’uso cui la cosa dev’essere destinata, in quanto tale uso abbia in sé connaturata una durata predeterminata nel tempo; in mancanza di tale destinazione, invece, l’uso del bene viene a qualificarsi a tempo indeterminato, sicché il comodato deve intendersi a titolo precario e, perciò, revocabile “ad nutum” da parte del proprietario.

 

 

 

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Il contratto di comodato

Il contratto di locazione e le principali obbligazioni da esso nascenti.

Corte di Cassazione, Sezione U civile Sentenza 9 febbraio 2011, n. 3168

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f.

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere

Dott. TIRELLI Francesco – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

spa EN. Di. e spa EN. , elettivamente domiciliata in Roma, Via Attilio Friggeri 106, presso lo studio dell’avv. Michele Tamponi, rappresentate e difese per procura in atti dagli avv. GIULIANI Cristina e Massimo Cesaroni;

– ricorrenti –

contro

srl Fa. , elettivamente domiciliata in Roma, Via G. E. Vico 31, presso lo studio dell’avv. SCOCCINI Enrico, che la rappresenta e difende per procura in atti unitamente all’avv. Alessandro Antichi;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

per la cassazione della sentenza n. 190/2010, depositata dalla Corte di appello di Firenze in data 8/2/2010;

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 1/2/2011 dal Relatore Cons. Dott. Francesco Tirelli;

Udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dr. IANNELLI Domenico, il quale ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

La Corte, osserva quanto segue:

FATTO E DIRITTO

Con atto notificato il 20/4/2010, la spa EN. Di. proponeva ricorso, in proprio e nella qualita’ di procuratrice speciale della spa EN. , contro la sentenza in epigrafe richiamata, di cui chiedeva la cassazione con ogni consequenziale statuizione.

L’intimata srl Fa. resisteva con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, al quale resistevano le spa EN. ed EN. Di. .

La cancelleria provvedeva ai dovuti avvisi e la controversia veniva decisa all’esito della pubblica udienza del l/2/2011.

Motivi della decisione.

Riuniti innanzitutto i due ricorsi perche’ proposti contro la medesima sentenza, osserva il Collegio che dalla lettura di quest’ultima e delle impugnazioni contro di essa presentate, risulta pacificamente in fatto che il (OMESSO) la srl SO. (poi divenuta srl Fa. ) acquistava un complesso immobiliare sito in (OMESSO) e denominato (OMESSO), di cui faceva parte un locale che il precedente proprietario aveva concesso in comodato all’EN. al fine d’installarvi una cabina di trasformazione per l’esercizio di alcune linee elettriche autorizzate dal Ministero dei Lavori Pubblici con decreto del 21/6/1967.

Dopo una prima richiesta avanzata nell’immediatezza dell’acquisto, la nuova proprietaria attendeva circa 25 anni per sollecitare nuovamente la restituzione del locale, che la comodataria rifiutava, pero’, di consegnare.

Con atto di citazione notificato il 20/6/2000, la SO. (d’ora in avanti Fa. ) la conveniva percio’ davanti al Tribunale di Lucca, per sentirla condannare al rilascio del bene ed al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio.

Si costituiva la convenuta, sostenendo che dal 1/10/1990 aveva ceduto tutti gli impianti alla spa EN. Di. e che, comunque, la destinazione d’uso a suo tempo pattuita comportava il diritto di continuare a detenere il vano fino a che non fosse cessata la sua utilizzazione come cabina di trasformazione che, fra l’altro, non serviva soltanto li cinema, ma una intera porzione del centro storico di (OMESSO).

Interveniva pure l’ EN. Di. , che oltre a ribadire le difese gia’ svolte dall’EN. , eccepiva anche il difetto di giurisdizione dell’AGO, trattandosi di causa riservata alla esclusiva cognizione del giudice amministrativo.

Il Tribunale riteneva, pero’, di avere giurisdizione e condannava l’ EN. Di. alla riconsegna dell’immobile, al risarcimento del danno conseguito alla prosecuzione della sua occupazione dopo l’introduzione del giudizio ed al pagamento, in solido con l’EN. , delle spese di lite sostenute dalla Fa. .

L’EN. e l’ EN. Di. si gravavano alla Corte di appello deducendo, la prima, che non avrebbe potuto essere condannata al pagamento delle spese processuali e, la seconda, che il Tribunale avrebbe dovuto declinare la giurisdizione o, quanto meno, riconoscere che per effetto della concessione del locale al preciso scopo di collocarvi la cabina, il comodato avrebbe dovuto durare fino al termine dell’ utilizzazione in tal senso.

Anche la Fa. interponeva appello, asserendo che i giudici a quo avrebbero dovuto far decorrere il risarcimento del danno dal momento stesso della compravendita, che stante l’inapplicabilita’ del principio emptio non tollit locatum, aveva determinato l’immediata estinzione del comodato.

La Corte di appello dava atto delle anzidette richieste, riaffermando innanzitutto che la controversia rientrava nella giurisdizione dell’AGO e che il contratto, concordemente qualificato come comodato dalle parti, era “rimasto verbale”, per cui non v’era nulla da cui desumere la pretesa fissazione di un termine finale, “comunque neppure prospettato dall’appellante”, la cui lettura finiva in ogni caso per assegnare al rapporto una durata sine die che lo riconduceva senz’altro nell’ambito di cui all’articolo 1810 c.c..

Premesse quanto sopra e rilevato, altresi’, che la condanna di EN. alle spese trovava la sua giustificazione nella condotta processuale da essa mantenuta, la Corte ha infine ricordato che “fra la data della prima richiesta di restituzione del locale ((OMESSO))” e quella che aveva “immediatamente preceduto l’instaurazione del giudizio (era)no trascorsi 25 anni, durante i quali la proprietaria (avev)a tenuto un atteggiamento remissivo che ben p(oteva) intendersi come di accettazione del protrarsi del rapporto di comodato”, cosicche’ era proprio dalla data individuata dal Tribunale che doveva essere commisurato l’indennizzo per l’occupazione senza titolo.

Per tali motivi, ha confermato la decisione di prime cure, condannando le appellanti alle spese processuali del grado.

L’ EN. Di. ha proposto ricorso per cassazione in proprio e nella qualita’ di procuratrice dell’EN. , deducendo con il primo motivo la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 80 del 1998, articolo 33, in quanto la Corte di appello avrebbe dovuto ammettere che si discuteva di questioni devolute al giudice amministrativo.

Con il secondo motivo ha invece dedotto la violazione e falsa applicazione degli articoli 1803, 1809 e 1810 c.c., nonche’ il difetto di motivazione su punto decisivo della controversia, in quanto la mancanza di un espresso termine finale non autorizzava il comodante a recedere ad nutum dal contratto qualora dalla utilizzazione nel medesimo prevista fosse possibile ricavare l’esistenza di un’indiretta determinazione della durata del rapporto che, come la documentazione in atti dimostrava, era stata nel caso di specie assentita fino a che il vano avesse continuato a fungere da cabina di trasformazione.

Con il terzo motivo, la ricorrente ha poi dedotto la violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c., nonche’ il difetto di motivazione su punto decisivo della controversia, in quanto una volta accertata la erroneita’ della vocatio in ius dell’EN. e la legittimita’ della occupazione ad essa riferibile, i giudici di merito avrebbero dovuto condannare la Fa. a pagarle le spese.

Con il quarto motivo, la ricorrente ha infine dedotto la violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., nonche’ il difetto di motivazione su punto decisivo della controversia, perche’ in qualita’ di parte totalmente vittoriosa, l’EN. non avrebbe potuto essere giammai condannata al pagamento delle spese in favore della Fa. . Quest’ultima ha resistito con controricorso, impugnando a sua volta in via incidentale con un unico motivo con il quale ha dedotto l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, in quanto la Corte fiorentina non aveva “in alcun modo affrontato la questione ritualmente prospettata in merito alla estinzione del rapporto di comodato a far data dall’acquisto dell’immobile da parte della SO. “.

Cosi’ riassunte le rispettive doglianze delle parti, osserva il Collegio che la questione di giurisdizione non e’ fondata perche’ nella presente causa non occorre procedere alla verifica della legittimita’ di alcun atto d’ imperio, visto che anche dopo la concessione dell’autorizzazione ministeriale, l’EN. non ha provocato alcun esproprio od altro atto autoritativo, ma si e’ accordata in via paritaria con l’ex proprietario del cinema, stipulando con lui un negozio di natura civilistica per il godimento di un bene sulla cui domanda di restituzione deve pertanto provvedere il giudice ordinario e non quello amministrativo, la giurisdizione del quale presuppone, com’e’ noto, la presenza in causa dell’Amministrazione (o del gestore del pubblico servizio) come autorita’ e non come un privato qualsiasi.

Parimenti da respingere e’ anche il secondo motivo del ricorso principale, a proposito del quale e’ sufficiente sottolineare (stante la diversita’ della presente fattispecie rispetto a quella considerata da C. Cass. 2008/6678), che con sentenza 1997/9775 questa Suprema Corte ha confermato l’indirizzo tradizionale secondo il quale il termine finale del comodato puo’ risultare anche per implicito dalla destinazione del bene, precisando pero’ che in tanto cio’ puo’ accadere, in quanto tale destinazione ha insita in se’ una scadenza predeterminata, mancando (come nel caso in questione) la quale, l’uso del bene viene a qualificarsi come a tempo indeterminato ed il comodato come precario e, dunque, revocabile ad nutum dal proprietario.

Passando adesso al terzo ed al quarto motivo, da esaminare congiuntamente per via della loro intima connessione, devesi rilevare che la soccombenza dell’EN. sulla questione relativa all’esistenza o meno di un diritto della Fa. ad ottenere l’immediato rilascio dell’immobile adibito a cabina, poteva senz’altro giustificare, per la sua importanza centrale nel processo, la compensazione delle spese fra l’attrice e la convenuta, ma non la condanna di quest’ultima, che aveva visto effettivamente respingere tutte le domande avanzate dalla prima nei suoi confronti.

la sentenza impugnata dev’essere quindi sul punto cassata, senza pero’ necessita’ di rimettere gli atti al giudice a quo perche’ non occorrendo alcun ulteriore accertamento di fatto, questa Corte puo’ pronunciare nel merito, compensando per intero fra L’EN. e la Fa. le spese di lite del primo grado del giudizio, nonche’ quelle delle fasi successive. Venendo infine all’unico motivo del ricorso incidentale, occorre tener presente, a prescindere da ogni considerazione sulla esattezza della sua rubrica, che con le risalenti C. Cass. 1964/195 e 1968/2840, questa Suprema Corte ha implicitamente, ma inequivocabilmente escluso l’automatica estinzione del comodato per effetto della vendita e che, in ogni caso, i giudici a quo non hanno affatto ignorato il contrario assunto della Fa. , ma l’hanno piu’ semplicemente superato con un ragionamento non sindacabile in questa sede perche’ immune da vizi logici o giuridici.

Tenuto conto dell’esito complessivo del giudizio, stimasi equo compensare integralmente le spese della presente fase anche fra l’ EN. Di. e la Fa. .

P.Q.M.

LA CORTE A SEZIONI UNITE

riunisce i ricorsi, dichiara la giurisdizione dei giudice ordinario, rigetta il primo, il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale, accoglie il quarto e, decidendo nel merito, compensa le spese di lite dei primi due gradi di giudizio fra l’EN. spa e la Fa. srl, rigetta il ricorso incidentale e compensa per intero fra tutte le parti le spese della presente fase di cassazione.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.