Per l’assicurato-danneggiante rimane, dunque, non coperto dall’assicurazione solo il caso dell’utilizzo del veicolo in contesti particolari e avulsi dal concetto di circolazione sotteso alla disciplina ex art. 2054 c.c. e a quella posta dal Codice delle assicurazioni private, e quindi – “a prescindere dal tipo di accessibilità del luogo su cui avvenga” l’uso del mezzo di trasporto – un impiego del veicolo in modo distorto rispetto alle sue caratteristiche. Ipotesi, questa, si deve ravvisare essenzialmente nell’utilizzazione di mezzo non rientrante tra i veicoli disciplinati dal codice della strada, oppure di utilizzazione anomala del veicolo, non conforme alle sue caratteristiche e alla sua funzione abituale, come allorquando venga ad esempio utilizzato come arma per investire e uccidere persone.

Puoi scaricare la presente sentenza in formato PDF, effettuando una donazione in favore del sito, attraverso l’apposito link alla fine della pagina.

Corte d’Appello|Palermo|Sezione 3|Civile|Sentenza|3 gennaio 2023| n. 1

Data udienza 15 dicembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

la Corte di Appello di Palermo, Terza Sezione Civile, composta dai Signori

dr. Antonino Liberto Porracciolo – Presidente rel.

dr.ssa Cristina Midulla – Consigliere

dr.ssa Giulia Maisano – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 2074/2019 R.G. avente a oggetto appello avverso la sentenza del Tribunale di Palermo n. 1588/2019 del 26 marzo 2019

PROMOSSA DA

P.M. nato a P. l'(…) (C.F.: (…)), ivi residente in via A.D.G. n. 810 ed elettivamente domiciliato in Palermo presso lo studio dell’avv. (…) che lo rappresenta e difende per mandato in calce all’atto introduttivo di questo grado del giudizio

APPELLANTE

CONTRO

Società C.D.A. Soc. Coop. (C.F.: (…)), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede a V. in L. C. n. 16, elettivamente domiciliata in Palermo presso lo studio dell’avv. Enrico Gentile nonché rappresentata e difesa dall’avv. (…) per mandato conferito con procura allegata alla copia notificata dell’atto di appello

APPELLATA

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con la sentenza n. 1588/2019 del 26 marzo 2019, il Tribunale di Palermo ha respinto la domanda di P.M., che aveva chiesto la condanna di P.F., poi deceduto in corso di causa, e di F.A. Spa al risarcimento del danno conseguente a una manovra posta in essere dal primo, il 2 maggio 2014, alla guida del proprio veicolo Piaggio A..

2. Per la riforma della richiamata sentenza ha proposto appello P.M.. Dal canto suo, Società C.D.A., già F.A., ha chiesto, innanzi tutto, la declaratoria di inammissibilità del gravame ex art. 348 bis c.p.c.; nel merito, ne ha chiesto il rigetto.

La causa era stata posta in decisione all’udienza del 27 maggio 2022 con la concessione dei termini previsti dall’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. La stessa è stata quindi rimessa sul ruolo giacché, anteriormente alla scadenza del primo termine, uno dei componenti del collegio aveva preso servizio presso altro ufficio giudiziario.

All’udienza del 7 ottobre 2022, tenutasi nelle forme della trattazione scritta, sono stati concessi termini di venti giorni per il deposito di comparse conclusionali e di altri venti giorni per memorie di replica, decorsi i quali si procede quindi alla decisione della causa.

3. Ciò posto, si osserva che la questione relativa all’inammissibilità del gravame ex art. 348 bis c.p.c. è stata ritenuta implicitamente infondata allorché, con l’ordinanza fuori udienza del 1 ottobre 2020, la Corte dispose consulenza tecnica d’ufficio, nulla osservando sulla (in)sussistenza di una ragionevole probabilità di accoglimento del gravame. In ogni caso, la questione non può più esaminarsi in questa sede, essendosi ormai superata la fase prevista dall’art. 350 c.p.c. (si veda, al riguardo il 1 comma dell’art. 348 ter dello stesso codice) ed essendo pervenuto il giudizio al momento conclusivo di cui al 1 comma dell’art. 352 del codice di rito.

3.1. Può, dunque, passarsi all’esame del merito del gravame, con il cui primo motivo l’appellante deduce errata ricostruzione sia della dinamica dell’incidente sia dell’attendibilità del teste R.A..

Al riguardo il P., nel dolersi che il Tribunale abbia ritenuto non raggiunta la prova che il sinistro si fosse verificato secondo le modalità descritte nell’atto di citazione, richiama, innanzi tutto, le dichiarazioni rese dal R. prima dell’inizio della causa. Quindi, sostiene che lo stesso giudice ha errato nel valutare la portata della sua affermazione trascritta dai sanitari del pronto soccorso, ovvero “lesione durante le ore lavorative con motozappa”: ciò perché si tratterebbe di affermazione coerente con quanto dichiarato a F.A. già prima dell’inizio della causa, e cioè che il giorno dei fatti egli, insieme al R., doveva eseguire lavori presso il terreno di tale (…).

3.2. Con il secondo motivo, poi, l’appellante si duole che il Tribunale non abbia applicato le regole relative alla confessione, che il danneggiante, P.F., aveva reso sia prima sia nel corso del giudizio.

4. Le due doglianze – che possono trattarsi congiuntamente, rappresentando, più che distinte censure, il logico sviluppo di un unico motivo – vanno accolte.

4.1. Al riguardo, si osserva che R.A., prima dell’avvio del giudizio, e precisamente il 2 agosto 2014, fu sentito dall’accertatore della C. di assicurazioni; in quell’occasione (si veda l’all. 4 prodotto in primo grado dalla stessa C.), il R. affermò che il 2 maggio 2014, intorno alle 13,30, si era recato insieme a P.F. e P.M., padre e figlio, in contrada Bosco in territorio di Partinico. Lì – si legge in quella dichiarazione – P.F. aveva fermato un’A.P. (con la quale i tre erano giunti sui luoghi) in un tratto di terreno pianeggiante, in prossimità di un albero di olivo; quindi, erano scesi dal mezzo il R. e P.M., e quest’ultimo aveva aperto la sponda del cassone del mezzo e vi era salito per portar giù una motozappa, dopo aver posizionato tavole in legno (evidentemente per facilitare l’operazione). Quando la motozappa aveva raggiunto quelle tavole, P. padre ripartiva, facendo rovinare per terra il figlio, sulla cui gamba sinistra andavano a conficcarsi le lame della motozappa.

Dopo circa quarantacinque minuti – affermava ancora il R. – arrivava sui luoghi un’ambulanza, che, però, si doveva fermare lontano dai luoghi in cui si era verificato l’evento, in quanto la strada non era transitabile.

4.2. Sentito all’udienza del 10 ottobre 2017, il R. ha confermato di aver assistito all’incidente, ribadendo che “la motozappa era caduta perché il padre del P. era ripartito senza accorgersi che ancora la motozappa era sull’A.”, e quindi aggiungendo che la gamba sinistra del P., all’altezza del polpaccio, era tutta “stracciata”. Ha, poi, confermato il contenuto della dichiarazione che gli veniva mostrata, ovvero quella del 2 agosto 2014.

4.3. Si tratta, a giudizio di questo collegio, di dichiarazioni che, per coerenza e congruenza nel loro sviluppo narrativo, consentono di affermare (anche a prescindere dal contenuto dell’interrogatorio formale di P.F.) che P.M. ebbe realmente a riportare, il 2 maggio 2014, il grave incidente descritto dal R..

4.4. Né questa Corte si esime dall’evidenziare che non appare condivisibile lo snodo motivazionale contenuto alle pagg. 5 e 6 dell’impugnata sentenza, ove si legge che l’operazione descritta dal teste non appariva plausibile sia perché “sarebbe bastato far scivolare verso terra l’attrezzo spento usando le ruote e la forza di gravità”, sia perché “non può ritenersi nemmeno utile accendere il motore per sfruttare la sua forza propulsiva, considerato che l’A. era collocata in una zona pianeggiante”.

4.4.1. Invero, questo collegio ritiene logica la giustificazione che il P. dà del fatto di aver acceso la motozappa: ciò era avvenuto, infatti, non solo “per sfruttare la forza motrice delle zappette-denti, …, senza dover prendere di peso il pesantissimo attrezzo”, ma anche perché quest’ultimo si trovava sul cassonetto dell’A., e quindi su un livello superiore rispetto al piano di campagna (di talché è irrilevante il fatto che l’A. si trovasse, come evidenziato dal Tribunale, “in una zona pianeggiante”).

4.5. Parimenti, la Corte ritiene che, contrariamente a quanto opinato dal Tribunale, nessuna contraddizione sussista tra la ricostruzione dei fatti operata dal teste e dal P. e quanto da quest’ultimo dichiarato ai sanitari del pronto soccorso, davanti ai quali affermò di essersi procurato la lesione “durante le ore lavorative con motozappa”: si tratta, infatti, di dichiarazione assolutamente generica, priva di una dettagliata descrizione della dinamica dei fatti, in cui si intendeva (solo) evidenziare che le ferite erano state causate da una motozappa.

5. Ritenuto, dunque, che la vicenda de qua ebbe realmente a realizzarsi secondo “la ricostruzione attorea (confermata dal teste)” (in questi termini pag. 4 dell’impugnata sentenza, che tuttavia, nella successiva pagina, l’ha ritenuta “poco credibile”), ci si deve soffermare sull’eccezione di non operatività della polizza assicurativa, eccezione già sollevata in primo grado, ed espressamente riproposta dalla compagnia di assicurazioni a pag. 9 della propria comparsa di costituzione in questo grado, sul presupposto che il sinistro era avvenuto in area privata. Si tratta di questione non esaminata dal Tribunale, avendo quel giudice reputato che il fatto non si fosse verificato secondo le modalità descritte dal P..

5.1. Al riguardo, deve ritenersi che effettivamente la vicenda in esame avvenne in un’area privata, ciò potendosi desumere dal fatto che l’ambulanza non poté arrivare nel punto in cui il P. giaceva dopo esser stato colpito dalla motozappa.

La C. appellata afferma che, ai sensi dell’art. 122 del codice delle assicurazioni, essa non sarebbe tenuta al chiesto risarcimento, giacché la richiamata normativa non ammette che i veicoli a motore senza guida di rotaie, se non sono coperti dall’assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi, siano posti in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate.

E tuttavia, mette conto di evidenziare che, con la sentenza 21983/2021 (poi richiamata da Cass. 40607 dello stesso anno), le Sezioni Unite della Corte Suprema hanno proceduto a un’interpretazione estensiva della nozione di “circolazione” su aree equiparate alle strade di uso pubblico, affermando che il criterio discretivo a cui dare rilievo ai fini della determinazione dell’estensione della copertura assicurativa per la responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli deve rinvenirsi nell’uso del veicolo conforme (o meno) alla sua funzione abituale.

A tale stregua, per l’assicurato-danneggiante rimane, dunque, non coperto dall’assicurazione solo il caso dell’utilizzo del veicolo in contesti particolari e avulsi dal concetto di circolazione sotteso alla disciplina ex art. 2054 c.c. e a quella posta dal Codice delle assicurazioni private, e quindi – “a prescindere dal tipo di accessibilità del luogo su cui avvenga” l’uso del mezzo di trasporto – un impiego del veicolo in modo distorto rispetto alle sue caratteristiche. Ipotesi, questa, che le Sezioni Unite ritengono di ravvisare “essenzialmente nell’utilizzazione di mezzo non rientrante tra i veicoli disciplinati dal codice della strada”, oppure “di utilizzazione anomala del veicolo, non conforme alle sue caratteristiche e alla sua funzione abituale, come allorquando venga ad esempio utilizzato come arma per investire e uccidere persone”.

Come si legge nella richiamata sentenza, “l’interpretazione estensiva nei suindicati termini della nozione di “circolazione” su “aree … equiparate” alle “strade di uso pubblico” di cui all’art. 122 del Codice delle assicurazioni, oltre che costituzionalmente orientata, si appalesa invero conforme al diritto dell’Unione europea … come interpretato dalla Corte di Giustizia”; tra le cui pronunce, la Cassazione richiama grande sezione, 28 novembre 2017, C-514/16, emessa su domanda di pronuncia pregiudiziale del giudice portoghese di interpretazione dell’art. 3, paragrafo 1, Direttiva 72/166/CEE, in relazione a sinistro causato da un trattore fermo su pista sterrata ma con il motore acceso per azionare una pompa per lo spargimento di erbicida, che, a seguito di uno smottamento, schiacciava una lavoratrice dell’azienda agricola.

5.2. Orbene, poiché l’A.P. è notoriamente un veicolo annoverabile tra i mezzi di trasporto disciplinati dal codice della strada, e poiché, d’altra parte, di quel mezzo era stato effettuato, al momento in cui avvenne il fatto, un uso del tutto conforme alla sua destinazione (e cioè il trasporto di una cosa sistemata nel cassone), ne consegue che, alla luce della richiamata interpretazione, l’assicurazione stipulata da P.F. deve ritenersi operante anche in relazione alla vicenda sottoposta al vaglio di questo collegio.

6. Può, dunque, passarsi alla liquidazione del danno patito dal P..

Al riguardo si osserva che, dalla relazione di consulenza tecnica d’ufficio, le cui conclusioni questa Corte condivide perché congruamente motivate e immuni da vizi di carattere logico-giuridico, emerge che, in relazione alla vicenda de qua, al medesimo P. derivarono:

– 120 giorni di invalidità temporanea assoluta;

– 60 giorni di invalidità temporanea relativa al 75%;

– 30 giorni di invalidità temporanea relativa al 50%;

– 30 giorni di invalidità temporanea relativa al 25%;

– 28% di invalidità permanente.

A.P. spetta dunque il ristoro dei danni suindicati, intesi quale lesione all’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito.

6.1. Quanto, poi, ai criteri da adottare per la relativa liquidazione, va evidenziato che, con la sentenza 12408/2011, la Corte Suprema ha affermato che, poiché l’equità va intesa anche come parità di trattamento, la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell’integrità psico-fisica presuppone l’adozione da parte di tutti i giudici di merito di parametri di valutazione uniformi che, in difetto di previsioni normative (come quella contenuta nell’art. 139 del codice delle assicurazioni private, che riguarda le lesioni di entità sino al 9% e conseguenti alla sola circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), vanno individuati in quelli tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano, da modularsi a seconda delle circostanze del caso concreto; e, di recente, la stessa Corte ha affermato che l’omessa adozione delle tabelle del Tribunale di Milano integra una violazione di norma di diritto censurabile con ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 360, 1 comma, n. 3, c.p.c.: infatti, il giudice, poiché i parametri contenuti in quelle tabelle devono essere da lui presi a riferimento ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, deve indicare in motivazione le ragioni che lo hanno condotto a una quantificazione del risarcimento che, alla luce delle circostanze del caso concreto, risulti inferiore a quella cui si sarebbe pervenuti utilizzando dette tabelle (Cass. 8508/2020).

Inoltre, trattandosi di debito di valore, “ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale delle Tabelle di Milano vanno dal giudice utilizzati i parametri “vigenti” al momento dell’emissione della propria decisione …, sicché, allorquando le tabelle applicate per la liquidazione del danno non patrimoniale cambino nelle more tra l’introduzione del giudizio e la sua decisione, il giudice (anche d’appello) ha l’obbligo di utilizzare i parametri vigenti al momento della pronunzia” (in questi termini la motivazione della già citata Cass. 8508/2020, che richiama proprie precedenti decisioni).

6.2. Orbene, in base alle più recenti tabelle di detto Tribunale, aggiornate nella riunione del 24 gennaio 2021, si ha che gli importi dovuti per le suddette voci vanno così determinati:

a) Euro11.880,00 per l’invalidità temporanea assoluta (Euro99,00 × 120, il numero di giorni dell’invalidità in questione), espressi in moneta attuale;

b) Euro4.455,00 per l’invalidità temporanea al 75% (Euro74,25 × 60, il numero di giorni dell’invalidità in questione), espressi in moneta attuale;

c) Euro1.485,00 per l’invalidità temporanea al 50% (Euro49,50 × 30, il numero di giorni dell’invalidità in questione), espressi in moneta attuale;

d) Euro742,50 per l’invalidità temporanea al 25% (Euro24,75 × 30, il numero di giorni dell’invalidità in questione), espressi in moneta attuale;

e) Euro134.795,52 per il danno biologico/dinamico-relazionale e per quello relativo alla sofferenza interiore soggettiva patita sul piano strettamente emotivo patiti da un soggetto nel corso del 38 anno d’età, come il P. al momento della cessazione dell’invalidità temporanea (giacché solo a partire da tale momento, con il consolidamento dei postumi, quel danno può dirsi venuto a esistenza: Cass. 10303/2012 e 3121/2017), espressi anch’essi in moneta attuale.

Tale importo, alla luce di quanto statuito dalle Sezioni Unite della Cassazione nelle note sentenze in materia di danno esistenziale (recanti i numeri dal 26972 al 26975 del 2008), è comprensivo del pretium doloris patito dall’appellante, giacché la vicenda de qua è sussumibile nell’ipotesi di reato di lesioni personali colpose (art. 590 Cp): più precisamente, si tratta dell’importo pari alla somma di Euro93.608,00 (per il risarcimento del danno biologico, inteso, secondo le più recenti precisazioni della Corte Suprema – tra cui Cass. 4878/2019 -, come danno biologico/dinamico-relazionale) ed Euro41.187,52 (pari al 44% del danno biologico e spettante a titolo di ristoro della sofferenza interiore soggettiva patita sul piano strettamente emotivo).

6.3. Su tali importi spettano altresì rivalutazione e interessi.

Al riguardo, premesso che non sussiste incompatibilità tra la valutazione all’attualità del danno e il riconoscimento degli interessi compensativi, deve quindi evidenziarsi che, in applicazione dei criteri dettati dalla sentenza della Corte Suprema n. 1712/1995 (e poi richiamati, fra le altre, da Cass. 2745/1997, 4677/1998, 2796/2000, 7692/2001 e 19510/2005), tali interessi devono essere calcolati dal giorno dell’insorto credito nella sua originale consistenza e via via sulla somma progressivamente incrementata per effetto della rivalutazione; ciò impone, quindi, una “devalutazione” nominale dell’importo liquidato in valuta attuale, rapportandolo all’equivalente alla data di insorgenza del danno e, poi, una successiva rivalutazione dello stesso, applicando gli interessi alle somme man mano incrementate per effetto della rivalutazione.

Questo criterio si impone perché – come si legge nella richiamata sentenza della Corte Suprema – “quel che deve escludersi è che la base di calcolo dei suddetti interessi possa essere quella della somma rivalutata al momento della liquidazione, se gli interessi vengono fatti decorrere – come consente il sistema – dal momento del fatto illecito, perché con tali modalità si attribuirebbe al creditore un valore a cui egli non ha diritto; invero, gli interessi non costituiscono un debito di valore, ma un criterio di commisurazione del danno da ritardato conseguimento di una somma di denaro che, all’epoca del fatto, era – per definizione – non rivalutata”.

È, poi, appena il caso di evidenziare che la devalutazione e la successiva rivalutazione delle somme spettanti a titolo di risarcimento del danno da invalidità permanente (essendo questa successiva a un periodo di invalidità temporanea liquidata separatamente) decorrono non dal giorno dell’evento dannoso, bensì dal momento della cessazione dell’invalidità temporanea, giacché (come si è visto) è in quel momento che viene meno tale forma di invalidità e si consolidano i postumi a carattere permanente con le conseguenze dannose derivatene (si confrontino Cass. 2988/1987, 5480/1987, 6403/1988, 5680/1996 e 27584/2011).

6.4. In conclusione, facendo applicazione dei principi sin qui esposti, si avrà dunque che al P. spettano le seguenti somme:

a) Euro18.562,50 per l’invalidità temporanea (Euro11.880,00 + Euro4.455,00 + Euro1.485,00 + Euro742,50), da devalutarsi dalla data della pubblicazione della presente sentenza al 2 maggio 2014, giorno dell’evento, e quindi da maggiorarsi degli interessi al tasso legale sull’importo annualmente via via rivalutato secondo gli indici Istat sino alla suindicata data; sul quantum così complessivamente ottenuto sono dovuti, ex art. 1282 c.c., gli interessi al tasso legale sino al giorno del pagamento;

b) Euro134.795,52 per il danno biologico/dinamico-relazionale e per quello relativo alla sofferenza interiore soggettiva, da devalutarsi dalla data della pubblicazione della presente sentenza al 241 giorno successivo al 2 maggio 2014 (momento della cessazione dell’invalidità temporanea), ovvero il 13 febbraio 2015, e quindi da maggiorarsi degli interessi al tasso legale sull’importo annualmente via via rivalutato secondo gli indici Istat sino alla suindicata data; sul quantum così complessivamente ottenuto sono dovuti, ex art. 1282 c.c., gli interessi al tasso legale sino al giorno del pagamento.

7. Alla soccombenza, infine, segue la condanna dell’appellata al rimborso, all’appellante, delle spese di entrambi i gradi del giudizio; per le stesse ragioni, sull’appellata vanno poste le spese per la consulenza tecnica d’ufficio, liquidate con separato decreto di pari data.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti sull’appello proposto da P.M. avverso la sentenza del Tribunale di Palermo n. 1588/2019 del 26 marzo 2019, così provvede:

1) dichiara P.F. responsabile dei danni provocati a P.M. il 2 maggio 2014;

2) condanna, di conseguenza, Società C.D.A. Soc. Coop., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al pagamento a P.M., a titolo di risarcimento del danno dallo stesso P. patito a seguito di quel sinistro, dei seguenti importi:

2a) Euro 18.562,50 per l’invalidità temporanea, da devalutarsi dalla data della pubblicazione della presente sentenza al 2 maggio 2014, e quindi da maggiorarsi degli interessi al tasso legale sull’importo annualmente via via rivalutato secondo gli indici Istat sino alla suindicata data; sul quantum così complessivamente ottenuto sono dovuti, ex art. 1282 c.c., gli interessi al tasso legale sino al giorno del pagamento;

2b) Euro 134.795,52 per il danno biologico/dinamico-relazionale e per quello relativo alla sofferenza interiore soggettiva, da devalutarsi dalla data della pubblicazione della presente sentenza al 13 febbraio 2015, e quindi da maggiorarsi degli interessi al tasso legale sull’importo annualmente via via rivalutato secondo gli indici Istat sino alla suindicata data; sul quantum così complessivamente ottenuto sono dovuti, ex art. 1282 c.c., gli interessi al tasso legale sino al giorno del pagamento.

3) condanna Società C.D.A. Soc. Coop., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al rimborso, all’appellante, delle spese dei due gradi del giudizio, che liquida in complessivi Euro 7.597,00 (di cui Euro 545,00 per spese vive ed Euro 7.052,00 per compensi) quanto a quelle del primo, e in Euro7.160,00 per compensi, oltre contributo unificato, quanto a quelle di questo, nonché spese generali e accessori di legge per entrambi i gradi;

4) pone a carico di Società C.D.A. Soc. Coop., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, le spese per la consulenza tecnica d’ufficio, liquidate con separato decreto di pari data.

Così deciso, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte di Appello di Palermo, il 15 dicembre 2022.

Depositata in Cancelleria il 3 gennaio 2023.

Per ulteriori approfondimenti in materia di Responsabilità Civile Auto si consiglia la lettura dei seguenti articoli:

La disciplina del Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada ai sensi del D. Lvo 209/2005.

Natura della procedura di indennizzo diretto ex art. 149 D. Lvo n. 209/2005

Le azioni a tutela del terzo trasportato ai sensi del Codice delle Assicurazioni Private (D.L.vo n. 209/2005)

Il danno da fermo tecnico nei sinistri stradali.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di assicurazione si cosiglia la lettura dei seguenti articoli:

Il contratto di assicurazione principi generali

L’assicurazione contro i danni e l’assicurazione per la responsabilità civile.

L’assicurazione sulla vita (c.d. Polizza Vita)

Puoi scaricare il contenuto in allegato effettuando una donazione in favore del sito attraverso il seguente link

Inserisci importo donazione € (min €1.00)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.