il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito e’ tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto e non anche a provare il mancato pagamento, poiche’ il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l’eccepisca; soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva (cioe’ puntualmente eseguito con riferimento ad un determinato credito) l’onere della prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso o piu’ antico.

Corte di Cassazione|Sezione 6 3|Civile|Ordinanza|16 luglio 2019| n. 19039

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. CIGNA Mario – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28097/2017 R.G. proposto da:

(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo, n. 906/2017, depositata il 26 giugno 2017;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 21 marzo 2019 dal Consigliere Emilio Iannello.

RILEVATO

che:

1. Con decreto notificato il 20/9/2010 il Tribunale di Trapani, su ricorso della (OMISSIS) S.r.l., ingiunse a (OMISSIS) il pagamento della somma di Euro 22.088,43 per canoni di locazione relativi al periodo ottobre 2009/giugno 2010.

Vi si oppose l’ingiunta deducendo l’intervenuto pagamento dell’importo di Euro 17.005,50.

Il tribunale, ritenendo che l’opposta non aveva dimostrato la controdedotta imputazione di pagamento a debiti piu’ antichi, in accoglimento dell’opposizione, revoco’ il decreto ingiuntivo opposto e condanno’ l’opponente al pagamento della residua somma dovuta di Euro 5.032,93.

2. In accoglimento del gravame interposto dalla societa’, la Corte d’appello di Palermo, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta da (OMISSIS), condannandola al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ha infatti rilevato che, da un lato, le causali riportate nei bonifici attraverso cui erano stati eseguiti i pagamenti non recavano alcuna precisa imputazione degli stessi.

Ha inoltre soggiunto che, non controversa essendo l’unica fonte delle obbligazioni periodiche a carico della debitrice, rappresentata dal contratto di locazione in atti, ed avendo la locatrice dedotto l’inadempimento della conduttrice, era quest’ultima a dovere dimostrare di avere eseguito il pagamento dei canoni anteriori a quelli per cui e’ causa, mancando la quale legittimamente la (OMISSIS) ha imputato i pagamenti ai debiti piu’ antichi (ratei da marzo a settembre 2009).

3. Avverso tale sentenza (OMISSIS) propone ricorso per cassazione con un solo mezzo.

L’intimata non svolge difese nella presente sede.

4. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’articolo 380 – bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che e’ stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., in combinato disposto con l’articolo 1193 c.c., nonche’ omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia”.

Sostiene, in sintesi, che la Corte d’appello erroneamente avrebbe ritenuto assolto l’onere probatorio gravante sul creditore, opposto/attore in senso sostanziale, atteso che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la fattura commerciale, titolo idoneo per l’emissione del decreto, non puo’ costituire fonte di prova in favore della parte per la emessa.

Afferma che sarebbe giuridicamente errato il principio, applicato in sentenza, secondo cui l’opposto deve limitarsi a fornire la prova del rapporto obbligatorio, senza dover giustificare anche la quantificazione dell’esistenza della pretesa vantata e quella di presunti debiti pregressi.

Rileva che l’onere probatorio in capo alla (OMISSIS) non puo’ ritenersi assolto con la produzione in giudizio del c.d. partitario, in assenza delle condizioni previste dagli articoli 2709 e 2710 c.c..

2. Il motivo e’, in parte, inammissibile, la’ dove deduce vizio di motivazione secondo paradigma (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia) non piu’ consentito dal nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5; in altra parte manifestamente infondato.

La Corte d’appello infatti, motivando nei termini sopra esposti, ha fatto corretta applicazione del principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito e’ tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto e non anche a provare il mancato pagamento, poiche’ il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l’eccepisca; soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva (cioe’ puntualmente eseguito con riferimento ad un determinato credito) l’onere della prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso o piu’ antico (v. ex multis, Cass. 04/10/2011, n. 20288; 09/01/2007, n. 205).

In piena coerenza con tale principio la Corte territoriale ha, da un lato, rilevato che il pagamento dedotto dalla opponente non poteva considerarsi riferito al credito monitariamente azionato (canoni di locazione relativi al periodo ottobre 2009/giugno 2010); dall’altro ha soggiunto che doveva considerarsi provata e anzi pacifica tra le parti la fonte – contratto di locazione – dei debiti pregressi (cui l’opposta, nella descritta situazione, ha legittimamente imputato detto pagamento).

Le censure della ricorrente, per contro, si appalesano da un lato manifestamente infondate, la’ dove sostanzialmente assumono l’esistenza di un principio opposto (essendo anche per tale profilo predicabile l’inammissibilita’ del ricorso, ai sensi dell’articolo 360 – bis c.p.c., n. 1); dall’altro inconferenti la’ dove non si confrontano ne’ con l’esposta ratio decidendi ma piuttosto postulano un’affermazione non contenuta nella sentenza (quella secondo cui la prova dei debiti pregressi sarebbe desumibile dalle scritture contabili della opposta).

4. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Non avendo l’intimata svolto difese nella presente sede non v’e’ luogo a provvedere sul regolamento delle spese processuali.

Ricorrono le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 – bis.

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Avv. Umberto Davide

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