Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione; ne consegue l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, dell’eccezione con la quale l’opponente deduca solo l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento.
Corte d’Appello|Milano|Sezione 3|Civile|Sentenza|22 settembre 2021| n. 2706
Data udienza 9 aprile 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI MILANO
SEZIONE TERZA CIVILE
La Corte, così composta:
Dott. Irene Formaggia – Presidente
Dott. Massimo Croci – Consigliere
Dott. Anna Landriani – Cons. rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di II promossa da:
(…) (CF (…)), residente in (…), via F. 21, rappresentata e difesa dall’Avv. Mo.Ag. (C.F. (…) – PEC (…) -fax (…)), presso e nello studio della quale elegge domicilio in Milano, Via (…), in forza di procura alle liti stesa su foglio separato della quale è stata estratta copia digitale dell’originale analogico in possesso del difensore, sottoscritta digitalmente.
Il nominato difensore indica (…) quale indirizzo di Posta Elettronica Certificata ai fini delle comunicazioni relative al presente giudizio
– APPELLANTE –
CONTRO
CONDOMINIO di (…), VIA F., 21 (C.F. (…)), in persona del suo amministratore pro tempore Sig. (…), ai fini del presente atto elettivamente domiciliato in Milano, Via (…) presso e nello studio degli Avv. Ba.Mu. (C.F. (…)-fax (…)-pec: (…)) che lo rappresenta e difende per procura speciale in atti.
– APPELLATO –
IN FATTO
Con atto di citazione notificato il 31 ottobre 2019, la Sig.ra (…) ha appellato la sentenza n. 3235/2019 del Tribunale di Milano che ha respinto la sua opposizione al decreto ingiuntivo n. 27455/2016, emesso dallo stesso Tribunale di Milano in data 12 ottobre 2016 in forma immediatamente esecutiva, con il quale la sig.ra (…) veniva ingiunta di pagare la somma di Euro 8.951,83, oltre agli ulteriori interessi legali e spese al condominio.
Il titolo dell’ingiunzione di pagamento è costituito dai verbali dell’assemblea del condominio appellato del 28 Marzo 2014, 26 Marzo 2015 e 12 Maggio 2016, tutte aventi ad oggetto anche l’approvazione dei preventivi e consuntivi della gestione e del riparto delle spese così come deliberate ed approvate dalle relative assemblee del Condominio.
Costituitosi il Condominio appellato ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ. della domanda di accertamento della nullità delle delibere impugnate in quanto domanda nuova poiché formulata espressamente per la prima volta in questo grado di appello.
In merito a tale eccezione preliminare si osserva che la sig.ra (…) in primo grado ha chiesto in via principale di dichiararsi la nullità, annullamento o inefficacia del decreto ingiuntivo opposto lamentando la sussistenza di vizi tali da configurarne la nullità delle tre delibere condominiali sopra indicate, onde tale eccezione costituisce la causa petendi della domanda principale ed in quanto ha costituito già oggetto dell’accertamento da parte del Tribunale che motivando correttamente sul punto , ha accertato l’insussistenza dei vizi di nullità come fatti valere dalla sig.ra (…).
Pertanto anche se la domanda di accertamento della nullità delle delibere condominiali è stata formulata espressamente solo in sede di conclusioni nel presente grado dalla sig.ra (…), poiché l’accertamento della sussistenza dei lamentati vizi di nullità delle delibere condominiali è già stato thema decidendum in primo grado, si può ritenere che le conclusioni rassegnate in questo grado dalla sig.ra (…) non comportino la proposizione da parte della stessa di una “domanda nuova” e in quanto tale tale sanzionata ex art. 345 c.p.c.
La Corte rileva che per aversi “domanda nuova”, inammissibile ex art. 345 c.p.c., la domanda deve presentare, rispetto a quelli proposti in primo grado, elementi identificativi diversi: differenti soggetti, un petitum diverso o più ampio, un’altra causa petendi. La domanda nuova, quindi, si fonda su fatti costitutivi del diritto vantato radicalmente diversi da quelli dedotti in primo grado, comportando un ampliamento del thema decidendum, inaccettabile in un secondo grado di giudizio.
Nel caso di specie invece il thema decidendum è sostanzialmente il medesimo di quello dedotto e trattato in primo grado.
Premesso quanto sopra, si deve passare all’esame del merito del presente appello e, in ordine ai motivi di impugnazione dedotti dall’appellante, si osserva quanto segue:
I) Errore di giudizio- Errata interpretazione e/o applicazione di legge, nella specie dell’artt. 1137 c.c., 1135 c.c., 1123 e 1121 c.c. – Errata/insufficiente motivazione.
Deduce in merito la sig.ra (…) che il Giudice ha erroneamente respinto l’opposizione non ritenendosi competente a decidere nella subjecta materia, poichè ha riconosciuto che le eccezioni relative al mancato ricevimento dell’avviso di convocazione, alla mancata trasmissione del verbale assembleare e alla pretesa violazione dei criteri di riparto delle spese condominiali, riguardano profili di annullabilità e non di nullità delle delibere di approvazione delle spese stesse e non possono dunque formare oggetto di eccezione in sede di opposizione a decreto ingiuntivo né quindi in questo giudizio.
Tale generico principio è stato meglio specificato in ordine al limite della proponibilità di tali eccezioni nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, alla luce della recentissima Sentenza della Cass. SS.UU, Sentenza n. 9839 del 14/04/2021 con cui è stato chiarito che: “Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione; ne consegue l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, dell’eccezione con la quale l’opponente deduca solo l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento.”
La Corte ha chiarito che con riguardo al caso in cui la deliberazione assembleare sia affetta da “nullità, quale vizio radicale del negozio giuridico, ciò impedisce, per sua natura, alla stessa di produrre alcun effetto nel mondo del diritto (“quod nullum est nullum producit effectum”); essa è deducibile da chiunque vi abbia interesse ed è rilevabile d’ufficio (art. 1421 cod. civ.).
Perciò, negare al giudice dell’opposizione al decreto ingiuntivo il potere di tener conto della eventuale nullità della deliberazione assembleare significa negare la stessa nozione di nullità; significa, al postutto, costringere il giudice a ritenere giuridicamente efficace ciò che tale non è. Deve dunque riconoscersi – secondo i principi generali – che il giudice dell’opposizione al decreto ingiuntivo ha il potere di sindacare la nullità della deliberazione assembleare posta a fondamento della ingiunzione, che sia stata eventualmente eccepita dalla parte.
Pertanto è pacifico che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il Giudice ha altresì il potere-dovere di rilevare d’ufficio l’eventuale nullità della deliberazione, con l’obbligo – in tal caso – di instaurare sulla questione il contraddittorio tra le parti ai sensi dell’art. 101, secondo comma, cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. Un., n. 26242 del 12/12/2014; Cass., Sez. 2, n. 26495 del 17/10/2019).
La Corte prosegue affermando che non vi sono neppure valide ragioni per negare al giudice dell’opposizione al decreto ingiuntivo il potere di verificare l’esistenza di una causa di “annullabilità” della deliberazione posta a fondamento del decreto, ove dedotta dall’opponente nelle forme di legge, e di provvedere al suo annullamento. Va osservato, in proposito, che la disposizione dell’art. 1137, secondo comma, cod. civ. (nel testo introdotto dall’art. 15, comma 1, L. 11 dicembre 2012, n. 220) – a tenore della quale “Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti” – non prevede alcuna riserva dell’esercizio dell’azione di annullamento ad un apposito autonomo giudizio a ciò destinato, né fornisce alcuna indicazione che legittimi una tale conclusione. Vale, pertanto, il principio generale secondo cui, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opponente, che assume la posizione sostanziale di convenuto (al contrario dell’opposto, che assume la posizione sostanziale di attore), nel contestare il diritto azionato con il ricorso, può proporre domanda riconvenzionale, anche deducendo un titolo non strettamente dipendente da quello posto a fondamento della ingiunzione (da ultimo, Cass., Sez. 2, n. 6091 del 04/03/2020; Cass., Sez. 1, n. 16564 del 22/06/2018), e può, con la domanda riconvenzionale, esercitare l’azione di annullamento della deliberazione posta a fondamento del decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 1137, secondo comma, cod. civ.
Chiarito quanto sopra, alla luce della citata Sentenza della Cassazione, si deve rilevare che né in primo grado, né tantomeno in questo grado, la sig.ra (…) ha mai proposto la domanda riconvenzionale di accertamento della annullabilità delle delibere condominiali in oggetto, domanda che deve ritenersi un presupposto processuale espressamente riconosciuto come necessario secondo la citata sentenza della Cass. SS.UU., onde permettere l’accertamento da parte del Giudice dell’opposizione di sindacare la sussistenza di vizi di annullabilità delle delibere anche in sede di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
Premesso quanto sopra la Corte ritiene che l’appello deve essere rigettato per l’assorbente motivo dell’inesistenza di domande riconvenzionali proposte dalla sig.ra (…) aventi ad oggetto l’annullabilità delle delibere condominiali, pertanto, prima ancora che nel merito, non potendosi comunque ravvisare, come correttamente statuito dal Tribunale in primo grado, vizi che attengano a profili di nullità come lamentati dalla sig.ra (…).
Nel caso in esame infatti l’appellante, in relazione ai vizi delle delibere condominiali, lamenta: di non essere stata regolarmente convocata alle citate assemblee né di essere stata successivamente informata delle relative delibere, con la conseguenza che, non può che considerarsi corretta la qualificazione del Tribunale di tali vizi come di annullabilità, e non di nullità delle delibere condominiali, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1136 cod. civ., così rigettando la tesi dell’appellante e senza alcuno spazio per la rilevabilità d’ufficio del vizio.
Del resto è la stessa appellante ad affermare ( pag. 7 della propria opposizione) che “…un tale comportamento viola i precetti di legge in materia, con la pacifica conseguenza che le delibere assunte in occasione dell’assemblea alla quale non è stata convocata la signora (…) sono annullabili”.
Da ciò si può ritenere condivisibile la tesi che l’appellante abbia promosso, in sede di opposizione, un’azione ex art. 1137 cod. civ. che, come tale, ora come allora era ed è inammissibile, come affermato dalla recentissima Cass. SS.UU. 2021 n. 9839, prima ancora che infondata nel merito, in assenza, come osservato, di specifica domanda riconvenzionale.
Sotto questo profilo correttamente quindi il Giudice del Tribunale di Milano ha rigettato l’opposizione.
L’appellante inoltre ha, formalmente, dedotto anche il seguente secondo motivo di appello.
II) Errata interpretazione e/o applicazione di legge – errata/insufficiente motivazione. Nullità e/o illegittimità delle delibere assembleari per avere omesso l’amministratore condominiale di convocare ritualmente la Signora (…) e trasmettere i relativi verbali di assemblea.
Sebbene articolato come II motivo di impugnazione, tuttavia si rileva che tale eccezione, in sostanza, non presenta aspetti in fatto o diritto di differenza o specificità tali da doversi ritenere necessario motivare ulteriormente sul punto, oltre a quanto non già sopra esposto.
Trattandosi della riproposizione parziale del primo motivo, tale eccezione rimane assorbita dal rigetto del primo motivo di impugnazione.
La Corte ritiene dunque il presente appello infondato con la conseguenza che l’appellante va condannata alla rifusione delle spese legali sostenute dal Condominio anche per questo grado di giudizio.
Tali spese vengono liquidate come in dispositivo sulla base del D.M. n. 55 del 2014, aggiornato al D.M. n. 37 del 2018, con riferimento allo scaglione di valore della presente controversia, per ciascuna fase del giudizio, esclusa la fase istruttoria che non si è svolta, secondo i parametri minimi, non essendo state affrontate questioni di particolare complessità.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico di parte appellante, dell’ulteriore importo pari al contributo unificato versato.
P.Q.M.
La Corte, ogni contraria o diversa eccezione o domanda rigettata o assorbita,
– rigetta l’appello;
– condanna l’appellante alla rifusione delle spese di lite di parte appellata per questo grado del giudizio che si liquidano complessivamente in Euro 1,889,00 per onorari, di cui Euro 540,00 per la fase studio; Euro 439,00 per la fase introduttiva ed Euro 910,00 per la fase decisoria, oltre 15% rimborso forfett. spese generali, IVA e CPA,
– dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico di parte appellante, dell’ulteriore importo pari al contributo unificato versato.
Così deciso in Milano il 9 aprile 2021.
Depositata in Cancelleria il 22 settembre 2021.
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