l’adozione di un criterio di ripartizione delle spese condominiali difforme da quello indicato dall’art. 1123 c.c., fatto salvo il caso di previsione contenuta in un regolamento condominiale di origine contrattuale, è possibile solamente se la decisione è presa con il consenso di tutti i condomini. In caso contrario la deliberazione deve essere considerata nulla e come tale impugnabile da chiunque vi abbia interesse, ivi compreso il condomino che abbia espresso il voto favorevole. E’ da considerarsi annullabile, invece, la decisione con cui l’assemblea si limiti ad approvare la ripartizione delle spese in difformità a quanto previsto dall’art. 1123 c.c
Corte d’Appello|Brescia|Sezione 2|Civile|Sentenza|9 settembre 2021| n. 1126
Data udienza 16 giugno 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d’Appello di Brescia, Sezione Seconda civile, composta dai Sigg.:
Dott. Manuela CANTU’ – Presidente
Dott. Daniela FEDELE – Consigliere
Dott. Massimo APRILE – Consigliere ausiliario est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile n. 735/2017 R.G. promossa con atto di citazione notificato in data 27 marzo 2017 in via telematica dall’avv. Baj Luca ex L. n. 53 del 1994 e posta in decisione all’udienza collegiale del 3 febbraio 2021
da
(…) (c.f.: (…))
(…) (c.f.: (…))
entrambi rappresentati e difesi dall’ avv. BA.LU. (c.f.: (…)) del Foro di Bergamo, elettivamente domiciliati in BERGAMO VIA (…), presso l’ avv. BA.LU. come da procura allegata in via telematica al fascicolo di primo grado
APPELLANTI
contro
CONDOMINIO “RESIDENCE (…)” di T. B. (B.) – via A. M. angolo via P. (c.f.: (…)) rappresentato e difeso dall’ avv. SC.GU. (c.f.: (…)) del Foro di Bergamo elettivamente domiciliato in BERGAMO VIA (…) presso il difensore avv. SC.GU. come da procura in calce alla comparsa di costituzione in appello
APPELLATO
In punto: appello a sentenza del Tribunale di Bergamo in data 28 settembre 2016 n. 2838/2016.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La vicenda posta all’esame della Corte è relativa all’impugnazione di alcune delibere di assemblee condominiali.
I fatti che hanno dato origine alla controversia e l’iter processuale di primo grado possono essere riassunti nei termini che seguono.
(…) ed (…) sono proprietari di unità immobiliari site nel condominio residence (…) di T. B. (B.).
Ritenendo che l’assemblea avrebbe approvato spese relative a proprietà esclusive e ad unità immobiliari comuni solo ad alcuni condomini hanno impugnato nove delibere relative alle gestioni degli anni dal 2006 al 2014 chiedendo la condanna del condominio alla restituzione in loro favore della somma di Euro 3.464,92.
A sostegno della loro domanda hanno invocato il contenuto dell’atto notarile rep n. (…) del (…) del notaio (…) costitutivo, a detta degli attori, del condominio.
Costituendosi in giudizio il condominio ha eccepito l’inammissibilità della domanda per carenza di interesse ad agire, il difetto di legittimazione attiva degli attori e la decadenza ex art. 1137 c.c., nonché la nullità della domanda ai sensi del quarto comma dell’art. 164 c.p.c., contestandone comunque la fondatezza nel merito.
Il giudizio, istruito su base documentale e con prova per testi, è stato definito con la sentenza oggetto di gravame che ha: 1) dichiarato l’inammissibilità dell’azione di impugnazione delle delibere condominiali descritte in atto di citazione per intervenuta decadenza ex art. 1137 c.c.; 2) condannato gli attori in via solidale fra loro alla rifusione delle spese di lite in favore del condominio; 3) dichiarate compensate nella misura del 30% le spese di lite.
Nel motivare la decisione il tribunale ha provveduto ad indicare gli oggetti delle delibere assunte dal condominio ed impugnate dagli odierni appellanti ed ha successivamente argomentato che, in ragione del contenuto di quanto approvato dall’assemblea nonché delle parti del condominio interessate dalle delibere, queste devono considerarsi annullabili e non nulle, con la conseguenza che non era stato rispettato il termine di 30 giorni per impugnarle.
Nei confronti della decisione è stato proposto appello da parte di (…) e (…) con atto di citazione con il quale sono state ribadite le domande già proposte in primo grado. Costituendosi in giudizio il condominio Residence (…) ha chiesto il rigetto del gravame.
Con ordinanza del 14 novembre 2017 è stata rigettata l’istanza di sospensione della provvisoria esecutività dell’impugnata decisione.
All’udienza del 3 febbraio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione con concessione di termini di giorni cinquanta per il deposito di conclusionali e di ulteriori giorni venti per repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’unico motivo di gravame proposto dagli appellanti verte sulla decisione del Tribunale di ritenere annullabili e non nulle le delibere.
Secondo gli appellanti (…) ed (…) si sarebbe in presenza di vizi tali da comportarne la nullità da farsi valere senza limiti temporali.
Prima di procedere all’esame della natura degli asseriti vizi di cui sarebbero affette le impugnate delibere è opportuno ricordare di quali si tratti ed indicare se gli appellanti fossero o meno presenti alle relative assemblee.
Dagli atti acquisiti risulta che (…) sia stato presente ed abbia espresso voto favorevole nelle seguenti assemblee: quella del 9 giugno 2006 che ha approvato il consuntivo di gestione 2005/2006 ed il relativo riparto (cfr. doc. n. 2 condominio); – assemblea del 5 marzo 2007 che ha approvato il consuntivo di gestione 2006/2007 ed il relativo riparto (cfr. doc. n. 3 condominio); – assemblea del 19 marzo 2008 che ha approvato il consuntivo di gestione 2007/2008 ed il relativo riparto (cfr. doc. n. 4 condominio); assemblea del 24 marzo 2009 che ha approvato il consuntivo di gestione 2008/2009 ed il relativo riparto (cfr. doc. n. 5 condominio).
Vi sono poi altre assemblee alle quali gli appellanti non hanno preso parte.
I relativi verbali risultano essere stati ad essi inviati e risultano ricevuti nelle seguenti date: 31 maggio 2010 quello dell’assemblea del 26 aprile 2010 (cfr. doc. n. 6 condominio); 3 giugno 2011 quello dell’assemblea del 2 maggio 2011 (cfr. doc. n. 7 condominio); 28 maggio 2012 quello dell’assemblea del 16 aprile 2012 (cfr. doc. n. 8 condominio); 27 maggio 2013 quello dell’assemblea del 8 maggio 2013 (cfr. doc. n. 9 condominio).
L’appellante S. era infine presente all’assemblea del 4 giugno 2014 (cfr. doc. n. 10 condominio).
Si consideri, inoltre, che l’appellante S. ha espresso voto favorevole in tutte le assemblee, fatta eccezione per la sola delibera di approvazione del consuntivo e relativo riparto dell’esercizio 2007/2008.
In relazione ad esse vi è, pertanto, innanzitutto un difetto di legittimazione attiva di (…).
Quanto all’oggetto delle delibere che gli appellanti assumono essere affette da nullità va evidenziato che esso riguardava approvazioni di riparti di spese.
La tesi sostenuta dagli appellanti è che ciò sarebbe avvenuto in violazione del criterio previsto dal regolamento condominiale di natura contrattuale risalente al 1994.
Vi è sul punto contrasto fra le parti su quale sia l’atto notarile nel quale sarebbe inserito detto regolamento contrattuale ma la questione, per quanto si dirà in prosieguo, non ha rilevanza.
Entrambe le difese, sia degli appellanti che dell’appellato, invocano a sostegno delle rispettive tesi la decisione a sezioni unite della Corte di Cassazione n. 4806 del 2005.
Con detta pronuncia è stato composto un contrasto circa la questione se dovessero o meno essere considerate nulle le delibere che decidevano su alcuni tipi di spesa.
Qui se ne riporta un passo (“c) Il terzo motivo concerne la violazione dell’ art. 1123, terzo comma, c.c.. I ricorrenti assumono che, essendo state poste a loro carico spese – quali la tassa di occupazione del suolo pubblico, lavori straordinari per posti auto e per un ascensore – che dovevano essere a carico solo dei condomini che ne traevano utilità, la delibera è nulla”) poiché si tratta di questione del tutto analoga alla fattispecie di causa in cui gli appellanti sostengono che sarebbero state approvate spese, ponendole a carico di tutti i condomini, che invece riguardavano parti dell’edificio o di proprietà esclusiva o di cui sono titolari solo alcuni dei componenti il condominio.
La Suprema Corte ha precisato che sul punto non vi era contrasto.
Si legge in motivazione: “Il terzo motivo concerne la violazione dell’ art. 1123, terzo comma, c.c.. I ricorrenti assumono che, essendo state poste a loro carico spese – quali la tassa di occupazione del suolo pubblico, lavori straordinari per posti auto e per un ascensore – che dovevano essere a carico solo dei condomini che ne traevano utilità, la delibera è nulla.
Parimenti per quanto riguarda le delibere in materia di ripartizione delle spese (se si esclude l’isolata e risalente pronuncia n. 1726 del 4.7.1966) non sembra sussistere contrasto nella giurisprudenza, atteso che la Corte – a partire del 1980 – ha costantemente distinto, sulla base di un medesimo criterio, le ipotesi di nullità (v. Cass. 9.8.1996, n. 7359; 15.3.1995, n. 3042; 3.5.1993, n. 5125; 19.11.1992, n. 12375;; 5.12.1988, n. 6578; 21.5.1987, n. 4627; 5.10.1983, n. 5793; 5.5.1980, n. 29289) da quelle di annullabilità (cfr. Cass. 9.2.1995, n. 1455; 8.6.1993, n. 6403; 1.2.1993, n. 1213; 5.8.1988, n. 4851; 8.9.1986, n. 5458), in molti casi facendo espresso riferimento all’art. 1123 c.c.
9.1. In particolare, partendo dal rilievo che le attribuzioni dell’assemblea ex art. 1135 c.c. sono circoscritte alla verificazione ed all’applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge e non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe, venendo ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino di concorrere nelle spese per le cose comuni dell’edificio condominiale in misura non superiore a quelle dovute per legge, possono conseguire soltanto ad una convenzione cui egli aderisca, la Corte (cfr. Cass. 9.8.1996, n. 7359; 15.3.1995, n. 3042; 3.5.1993, n. 5125; 19.11.1992, n. 12375) ha affermato la nullità della delibera che modifichi i suddetti criteri di spesa (sia nell’ipotesi di individuazione dei criteri di ripartizione ai sensi dell’art. 1123 c.c., sia nell’ipotesi di cambiamento dei criteri già fissati in precedenza).
9.2. Conseguentemente la Corte ha riconosciuto l’annullabilità della delibera nel caso di violazione dei criteri già stabiliti quando vengono in concreto ripartite le spese medesime (Cass. 9.2.1995, n. 1455; 8.6.1993, n. 6403; 1.2.1993, n. 1213)”.
Il principio così espresso è stato successivamente affermato anche dalle decisioni più recenti: “l’adozione di un criterio di ripartizione delle spese condominiali difforme da quello indicato dall’art. 1123 c.c., fatto salvo il caso di previsione contenuta in un regolamento condominiale di origine contrattuale, è possibile solamente se la decisione è presa con il consenso di tutti i condomini. In caso contrario la deliberazione deve essere considerata nulla e come tale impugnabile da chiunque vi abbia interesse, ivi compreso il condomino che abbia espresso il voto favorevole. E’ da considerarsi annullabile, invece, la decisione con cui l’assemblea si limiti ad approvare la ripartizione delle spese in difformità a quanto previsto dall’art. 1123 c.c.” (Cass. civ. sez. seconda 27 gennaio/19 marzo 2010 n. 6714).
Applicando i ricordati principi alla fattispecie di causa deriva quanto segue.
Gli appellanti non hanno sostenuto che l’assemblea avrebbe deliberato il mutamento dei criteri di ripartizione delle spese originariamente stabiliti dal regolamento contrattuale ma solo che la ripartizione di esse sarebbe stata approvata in contrasto con quanto previsto dal regolamento.
Circostanza che, in ossequio ai testé ricordati insegnamenti di legittimità, comporta che le delibere in questione sono solo annullabili e non nulle.
Pertanto, poiché è pacifico anche fra le parti che tutte le delibere sono state impugnate ampiamente oltre il termine decadenziale previsto dall’art. 1137, la decisione del tribunale deve essere confermata.
Quanto alle istanze istruttorie formulate dagli appellanti si osserva che la loro eventuale ammissione non sarebbe idonea a condurre ad un esito diverso del giudizio.
Esse vanno, pertanto, respinte.
Al rigetto del gravame segue la condanna degli appellanti, in solido fra loro, a rimborsare all’appellato le spese di questa fase del giudizio alla cui liquidazione, di cui al dispositivo, si provvede in conformità ai criteri di cui alla tabella A approvata con D.M. 8 marzo 2018, n. 37 (scaglione di valore dichiarato indeterminabile complessità media).
Sussistono i presupposti per porre a carico degli appellanti soccombenti il pagamento di un importo pari a quello dovuto a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Brescia – Seconda Sezione Civile, definitivamente pronunciando:
rigetta l’appello;
condanna gli appellanti, in solido fra loro, a rimborsare all’appellato le spese di questa fase del giudizio che si liquidano in complessivi Euro 8.066,00 di cui Euro 2.398,00 per la “fase di studio”, Euro 1.585,00 per la “fase introduttiva” ed Euro 4.083,00 per la “fase decisionale”, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge;
dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma I quater T.U. n. 115/2002 così come introdotto dalla legge finanziaria 2012, nei confronti degli appellanti (…) e (…).
Così deciso in Brescia il 16 giugno 2021.
Depositata in Cancelleria il 9 settembre 2021.
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