in materia di distanze nelle costruzioni, qualora subentri una disposizione derogatoria favorevole al costruttore, si consolida – salvi gli effetti di un eventuale giudicato sull’illegittimita’ della costruzione – il diritto di quest’ultimo a mantenere l’opera alla distanza inferiore, se, a quel tempo, la stessa sia gia’ ultimata, restando irrilevanti le vicende normative successive, fermo, peraltro, il diritto del vicino al risarcimento del danno subito nel periodo tra l’edificazione e l’entrata in vigore del disposto normativo legittimante.

Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Sentenza|29 maggio 2019| n. 14707

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28900-2015 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);

– controric. e ric. incidentali –

avverso la sentenza n. 82/2015 della Corte d’appello Di Perugia, depositata il 05/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/12/2018 dal Consigliere Annamaria Casadonte;

udito il P.M. nella persona del Sostituto procuratore generale Mistri Corrado che ha concluso per la parziale inammissibilita’ ed in subordine il rigetto sia del ricorso principale che di quello incidentale.

FATTI DI CAUSA

1.Il presente giudizio trae origine dalla domanda proposta da (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti dell’ (OMISSIS) e dei coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) al fine di sentirli condannare a realizzare lo spostamento della servitu’ di transito, gravante sul fondo acquistato nel (OMISSIS) dall’Istituto, su un attiguo fondo di quest’ultimo, in adempimento dell’impegno assunto nel rogito di compravendita.

1.1.Esponevano gli attori che il fondo sul quale avrebbe dovuto essere spostata la servitu’ era stato venduto ai coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) dando atto della precedente pattuizione e prevedendo che l’onere dello spostamento ricadesse sugli acquirenti.

1.2.Senonche’ gli acquirenti avevano recintato interamente il loro fondo con opere murarie cosi’ mostrando di non voler permettere lo spostamento della servitu’.

1.3.Gli attori chiedevano la condanna dei convenuti allo spostamento della servitu’ e, in difetto, la condanna al risarcimento del danno da inadempimento, salva la garanzia per evizione.

2.Si costituivano i convenuti e i coniugi (OMISSIS) proponevano in via riconvenzionale azioni a difesa della proprieta’.

3.Il Tribunale di Terni con sentenza parziale del 2009, qualificata l’obbligazione dello spostamento della servitu’ in termini di obbligazione propter rem, riteneva che la stessa gravasse sugli attuali proprietari del fondo e dichiarava la carenza di legittimazione passiva dell’Istituto.

3.1.Con successiva sentenza definitiva del 2010, sulla premessa che della servitu’ gravante sul fondo acquistato dagli attori non vi fosse traccia se non nel rogito di compravendita e che non risultava che alcuno avesse mai preteso il passaggio sul fondo degli attori, respingeva la domanda attrice di spostamento della servitu’ per carenza di interesse ed accoglieva al contempo le domande riconvenzionali dei convenuti.

3.2.In particolare, ritenendo che gli attori avessero costruito sul loro fondo un muro di contenimento del terrapieno, da qualificare per la natura complessa come “costruzione”, senza rispettare la distanza dal confine come previsto dal regolamento edilizio del Comune di Acquasparta, li condannava all’eliminazione e demolizione del terreno di riporto e del muro di contenimento di 5 metri dal confine.

Condannava, inoltre, gli attori al ripristino del regime di scorrimento delle acque meteoriche, mutato mediante tubi che portavano l’acqua dal terrapieno a fori nel muro di confine, scaricandola sul fondo dei vicini. Ancora, li condannava al risarcimento dei danni liquidati in complessive Euro 20.000,00.

4. Proposto gravame, tanto sulla sentenza parziale che su quella definitiva, da parte degli attori e costituitisi i convenuti, la Corte d’appello di Perugia con sentenza n. 82 depositata il 5/2/2015, in parziale riforma della pronuncia parziale impugnata, dichiarava la legittimazione passiva dell’Istituto e, in riforma della pronuncia definitiva, aveva condannato la parte (OMISSIS)- (OMISSIS) ad arretrare il muro ed il terrapieno a distanza dal confine almeno pari all’altezza del muro eccedente i metri 2,00.

4.1.Con riguardo all’asserita obbligazione di trasferire la servitu’ di passaggio la corte territoriale aveva escluso trattarsi sia di un negozio ad effetti reali sia di una obbligazione propter rem attesa la loro tipicita’, concludendo che, diversamente da quanto sostenuto dal giudice di prime cure, la natura contrattuale dell’obbligazione comportava il riconoscimento della legittimazione passiva dell’Istituto che l’aveva assunta.

4.2.Concludeva, al contempo, per l’inesistenza della servitu’ di transito o comunque per la sua estinzione per non uso negli ultimi venti anni.

4.3. Nel rigettare l’impugnazione in relazione alla dedotta inammissibilita’ delle domande riconvenzionali, la corte distrettuale precisava come esse dovessero ritenersi connesse, sulla scorta del ravvisato collegamento riguardante l’identita’ del titolo dedotto dai convenuti (OMISSIS) in via di eccezione e di domanda riconvenzionale e cioe’ il diritto di proprieta’ dei (OMISSIS) sul loro fondo e la liberta’ dello stesso da pesi o limitazioni.

4.4.L’impugnazione era stata, invece, accolta per quanto riguarda la deduzione che il complesso riporto di terreno-muro di contenimento non sarebbe tenuto al rispetto di distanze dal confine ai sensi del regolamento regionale n. 9 del 2008, quale norma piu’ favorevole, che prevede per i muri di contenimento aventi altezza superiore a m.2,00, una distanza minima dal confine pari all’altezza del muro eccedente i metri 2,00.

4.5.Conseguentemente la corte ordinava l’arretramento, e non la demolizione, del muro in conformita’ alla sopravvenuta disposizione regolamentare.

4.6.Veniva, infine, confermato il risarcimento del danno disposto dal tribunale di prime cure.

5.La cassazione della sentenza d’appello e’ chiesta dal (OMISSIS) e (OMISSIS) con ricorso notificato il 2/12/2015, articolato in sette motivi ed illustrati da memoria ex articolo 378 c.p.c., cui resistono con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) proponendo, a loro volta, ricorso incidentale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo parte ricorrente censura la nullita’ della sentenza per mancata pronuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 ed articolo 112 c.p.c. per non avere la corte deciso sul profilo di gravame riguardante la disposta condanna all’arretramento estesa a tutto il fronte sul confine che riguardava la circostanza che la condanna all’arretramento fosse estesa a tutto il fronte sul confine come se il riporto e l’addossamento avessero riguardato tutta quell’estensione e sino all’altezza massima.

1.1. Il motivo e’ infondato perche’ la corte ha esaminato la censura come si evince dal riferimento contenuto a pag. 5 in fondo nella sentenza impugnata, laddove riferendosi alla negazione contenuta nell’appello al riguardo del rilevante riporto di terreno, osserva come la censura sia inammissibile perche’ non sostenuta da adeguata critica alle argomentazioni del tribunale.

2.Con il secondo motivo si censura, in via condizionata, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 873 cod. civ. laddove la sentenza impugnata ha considerato come “costruzione” lo specifico tratto di muro di recinzione.

2.1. Il motivo e’ infondato poiche’ la corte territoriale ha pronunciato in conformita’ al costante orientamento della giurisprudenza di legittimita’ richiamata secondo il quale mentre il muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno naturale non puo’ considerarsi “costruzione” agli effetti della disciplina di cui all’articolo 873 c.c., per la parte che adempie alla sua specifica funzione, devono ritenersi soggetti a tale norma, perche’ costruzioni nel senso sopra specificato, il terrapieno e il relativo muro di contenimento elevati ad opera dell’uomo per creare un dislivello artificiale o per accentuare il naturale dislivello esistente (cfr. ad es. Cass. n. 11388 del 13/05/2013; cosi’ anche Cass. 10512/2018; id.23843/2018).

2.2. Ne deriva che le norme del regolamento regionale richiamato dagli appellanti sono state correttamente applicate e che essendosi in presenza di una costruzione che supera di 90 cm. l’altezza massima di due metri entro la quale non sono previste distanze minime dai confini anche per i terrapieni artificiali, la costruzione e’ stata correttamente non considerata legittimamente realizzata.

3. Con il terzo motivo si deduce la nullita’ della sentenza per mancata pronuncia sul capo dell’appello con particolare riguardo all’articolo 112 c.p.c. per non avere la sentenza impugnata preso posizione riguardo alla possibilita’ che il ripristino della legalita’ avvenisse non necessariamente con l’arretramento ma anche con la possibilita’ dell’abbassamento dell’elevazione del muro sino al limite di 2 m dal suolo.

4.Con il quarto motivo si censura la erronea o falsa applicazione degli articoli 873 e 878 c.c. e articolo 612 c.p.c. in relazione alle modalita’ di eliminazione della violazione delle prescrizioni in materia di distanze, per non avere la corte territoriale considerato, in alternativa all’arretramento del muro di contenimento, la possibilita’ della rimozione del terreno addossato al muro cosicche’ quest’ultimo perdesse la sua connotazione di costruzione, ritornando ad essere un muro di cinta e, come tale, non sottoposto al rispetto delle misure sulle distanze fra costruzioni.

4.1. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati perche’ il giudice dell’appello si e’ pronunciato sulla doglianza avente ad oggetto la forma di riconduzione a legalita’ della costruzione, statuendo che in ragione dell’altezza di metri 2.90 del muro esso poteva essere ricondotto a legalita’ anche mediante arretramento della costruzione (e non necessariamente mediante la sua demolizione), al contempo escludendo che potesse, pero’, ritenersi sufficiente il solo arretramento del terrapieno.

4.2.Tale statuizione che accerta la permanente illegittimita’ della costruzione realizzata dagli appellanti, non preclude tuttavia il loro diritto di ripristinare la situazione sul confine nel rispetto della regolamentazione e dei diritti altrui, anche rimuovendo il terreno come da essi proposto, con la conseguenza che da tale punto di vista la doglianza per come formulata appare priva di interesse.

5.Con il quinto motivo si deduce l’erronea o falsa applicazione degli articoli 872 e 878 c.c. e del Regolamento Regione Umbria n. 9/2008 laddove la corte perugina ha condannato all’arretramento del muro e del terrapieno ad una distanza dal confine almeno pari all’altezza del muro eccedente i metri due, perche’ l’applicazione letterale della condanna non terrebbe conto dell’andamento irregolare del terreno e della conseguente circostanza che il muro presenta altezze diverse dei suoi vari tratti.

5.1. Il motivo appare inammissibile poiche’ la parte ricorrente non specifica dove avrebbe precedentemente posto la questione oggetto della censura, con la conseguenza che in difetto di tale indicazione che consente al giudice di legittimita’ di verificare in via preliminare ed ex actis la ammissibilita’ della censura, la stessa non puo’ trovare ingresso.

6.Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la erronea o falsa applicazione degli articoli 872, 878, 913 e 2043 c.c. per avere la sentenza impugnata esaminato congiuntamente la questione relativa all’accertato mutamento del regime di smaltimento delle acque con quella riguardante la realizzazione del riporto del terreno e del muro, al cui interno erano innestate le tubazioni di scarico oggetto della domanda riconvenzionale, pervenendo alla condanna di demolizione di quanto illegittimamente realizzato dagli attori e riconoscendo una doppia voce di danno in relazione a ciascuna di esse, cosi’ realizzando, ad avviso di parte ricorrente, un’illegittima commistione dei temi, oltre ad una pure asseritamente non consentita duplicazione della voce di danno derivante dall’unico manufatto.

6.1.La doglianza, formulata quale violazione o falsa applicazione di legge, non appare ammissibile perche’ non contiene la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita’ o dalla prevalente dottrina (cfr. Cass. 26/1/2004, n. 1317; id.8/11/2005, n. 21659;id. 19/10/2006, n. 22499; id. 16/1/2007, n. 828; id. 15/01/2015, n. 635).

6.2.La corte territoriale si e’ limitata, infatti, a richiamare ed applicare la previsione dell’articolo 913 c.c. sulla disciplina del deflusso delle acque fra fondi posti a diversa pendenza e a riscontrare che il fondo (OMISSIS), a seguito delle opere di sopraelevazione eseguite dai ricorrenti con sistemazione nel muro delle tubazioni di scarico dirette al fondo dei vicini avevano determinato un non giustificato aggravamento di quest’ultimo con conseguente ordine di ripristino.

6.3. Tale previsione appare non specificamente ed efficacemente contestata e percio’ la censura va disattesa.

7.Con il settimo motivo si censura la nullita’ della sentenza sotto il profilo dell’omessa pronuncia ai sensi dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 con particolare riguardo alla contestazione concernente l’esercizio del potere equitativo da parte del giudice di prime cure e sul quale non si sarebbe pronunciata la sentenza impugnata.

7.1.Il motivo appare infondato poiche’ la Corte d’appello di Perugia si e’ pronunciata sulla questione richiamando il consolidato e prevalente principio giurisprudenziale in materia di prova del danno da violazione delle disposizioni sulle distanze (cfr. pag. 7 della sentenza, nello specifico cfr. Cass. 25475/2010; id. 16916/2015) ex articolo 873 c.c. ed ha ritenuto che il medesimo principio potesse valere anche per la violazione dell’articolo 913 c.c..

7.2.Non sussiste, dunque, l’asserita mancata pronuncia.

8.Passando all’esame del ricorso incidentale, con esso i controricorrenti deducono la violazione o falsa applicazione di norme di diritto per avere il giudice del gravame fatto applicazione alla fattispecie del principio tempus regit actum e avere ritenuto applicabile alla costruzione la normativa sopravvenuta piu’ favorevole.

8.1. Il motivo e’ infondato poiche’ in materia di distanze nelle costruzioni, qualora subentri una disposizione derogatoria favorevole al costruttore, si consolida – salvi gli effetti di un eventuale giudicato sull’illegittimita’ della costruzione – il diritto di quest’ultimo a mantenere l’opera alla distanza inferiore, se, a quel tempo, la stessa sia gia’ ultimata, restando irrilevanti le vicende normative successive, fermo, peraltro, il diritto del vicino al risarcimento del danno subito nel periodo tra l’edificazione e l’entrata in vigore del disposto normativo legittimante (cfr. Cass. 14446/2010; id.18119/2013; id. 12987/2016).

9. Devono quindi respingersi sia il ricorso principale che quello incidentale.

10. Stante l’esito complessivo del presente giudizio di legittimita’, si ravvisano giusti motivi per la compensazione delle spese di lite.

11.Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e di quelli incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale ed a quello per il ricorso incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale e compensa le spese di lite.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e di quelli incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale ed a quello per il ricorso incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.