nel pronunciare sulla divisione il giudice deve tener conto di tutti i fatti verificatisi fino alla sentenza e quindi anche delle richieste della parti come risultano modificate nel corso del giudizio.

Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|23 maggio 2019| n. 14103

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), rappresentata e difesa per procura alle liti a margine del ricorso dagli Avvocati (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2064 della Corte di appello di Venezia, pubblicata il 3 settembre 2014.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza n. 791 del 6. 4. 2006 il Tribunale di Padova, decidendo sulla domanda di divisione degli immobili siti in (OMISSIS), oggetto, il primo, di comunione ereditaria e, il secondo, di comunione ordinaria tra i germani (OMISSIS), assegno’ a (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

Con sentenza n. 2064 del 3.9.2014 la Corte di appello di Venezia respinse l’appello rilevando, in adesione al giudizio espresso dal primo giudice, che l’immobile di (OMISSIS) non era divisibile in sei porzioni o anche in cinque, avendo il consulente tecnico evidenziato che tale operazione era possibile, ma previa una radicale ristrutturazione e diversa distribuzione interna delle unita’ immobiliari, che avrebbe comportato la previsione di conguagli in denaro assai elevati, superiori a Euro 100.000,00, rispetto al valore delle singole quote di un sesto in capo a ciascun condividente, valutate in Euro 246.802,33 ciascuna, ed altresi’ rilevato che alcuni vani al pianoterra non erano convenientemente utilizzabili.

Rilevo’ inoltre la Corte che correttamente gli immobili erano stati assegnati ai cinque fratelli che ne avevano fatto richiesta, in quanto complessivamente titolari della quota maggioritaria.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 12.10.2015, ricorre (OMISSIS), quale erede di (OMISSIS).

Resistono con controricorso (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

La causa e’ stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata. Preliminarmente va esaminata e quindi respinta l’eccezione sollevata dal controricorso, che ha dedotto il difetto di legittimatio ad causam della ricorrente, per avere ella proposto l’atto di impugnazione nella indicata qualita’ di chiamata all’eredita’ di (OMISSIS) e non come erede di quest’ultimo.

L’eccezione appare infondata in quanto ancorata ad un mero dato formale, atteso che se e’ vero che la ricorrente nell’intestazione dell’atto si qualifica come chiamata all’eredita’, tuttavia tale indicazione appare ascrivibile ad una mera imprecisione terminologica, che appare superata e corretta a pag. 2 dello stesso atto, in cui la ricorrente dichiara di essere unica erede di (OMISSIS), nonche’ della madre nel frattempo deceduta, e di essere succeduta ad entrambi i genitori.

L’unico motivo di ricorso denunzia violazione o falsa applicazione degli articoli 718, 720 e 729 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto il bene immobile di (OMISSIS) non divisibile sul presupposto che esso doveva essere frazionato in sei o anche cinque lotti, senza considerare le richieste formulate in concreto dalle parti, da cui si evinceva che il bene avrebbe dovuto essere diviso solo in due lotti, corrispondenti alle quote di 1/6, in capo a (OMISSIS), e 5/6, in capo agli altri condividenti, atteso che mentre il comparente aveva chiesto l’assegnazione della parte di immobile che occupava, le altre parti avevano chiesto l’assegnazione in comunione del bene.

Attribuendo l’intero compendio immobiliare alle controparti la Corte territoriale ha pertanto violato il principio posto in materia dall’articolo 718 c.c., secondo cui ogni condividente ha diritto ad avere una porzione in natura della cosa comune, risultato nel concreto conseguibile atteso che il consulente tecnico d’ufficio aveva accertato il valore del bene richiesto da (OMISSIS) in Euro 300.128,00 con un conguaglio a suo carico, che egli si era dichiarato disposto a versare, di Euro 62.968,00.

Il mezzo e’ fondato.

La Corte veneziana, respingendo il relativo motivo di appello, ha confermato la statuizione di primo grado che aveva accertato la non divisibilita’ dell’immobile di (OMISSIS), oggetto di comunione ereditaria tra le parti, rilevando che sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio la sua divisione in sei (o anche cinque) unita’ comportava conguagli elevati e lasciava altresi’ non convenientemente utilizzabili alcuni vani siti al piano terra.

Cosi’ decidendo il giudice a quo ha pero’ trascurato di considerare che gia’ in primo grado cinque dei condividenti, vale a dire tutti i fratelli (OMISSIS) ad eccezione di (OMISSIS), avevano manifestato l’intenzione di rimanere tra loro in comunione e quindi chiesto l’assegnazione in comproprieta’ del bene oggetto di divisione.

Tale domanda, portando alla concentrazione delle singole quote in capo ad un unico gruppo di condividenti, comportava altresi’ che, ai fini della divisione, le quote dei richiedenti non potevano considerarsi piu’ singolarmente, ma andavano a comporre un’unica quota, frutto della somma delle quote di ciascuno.

Tale conclusione del resto appare accolta dallo stesso giudice di merito, che ha assegnato il bene ai germani (OMISSIS) proprio in ragione del rilievo che essi detenevano la quota maggiore.

Costituisce inoltre orientamento consolidato di questa Corte che nel pronunciare sulla divisione il giudice deve tener conto di tutti i fatti verificatisi fino alla sentenza e quindi anche delle richieste della parti come risultano modificate nel corso del giudizio (Cass. n. 14321 del 2007; Cass. n. 2795 del 1985).

Ne discende che la Corte territoriale avrebbe dovuto tener conto che, sulla base delle richieste delle parti, il bene comune andava diviso non gia’ in sei lotti, corrispondenti alla posizione di ciascun condividente, ma in due, l’uno pari a 5/6, da attribuire in comunione ai germani (OMISSIS), e l’altro di 1/6 da assegnare a (OMISSIS) (Cass. n. 407 del 2014; Cass. n. 21085 del 2007).

Ne’ appare dubbio che l’errore commesso abbia influenzato e condizionato in modo decisivo la valutazione operata dalla Corte circa la ricorrenza in concreto dei presupposti di fatto per la divisibilita’ dell’immobile, come delineati dall’articolo 720 c.c., apparendo di immediata evidenza che tale accertamento debba essere condotto sulla base sia della caratura che del numero delle quote dei condividenti ai fini della formazione dei singoli lotti corrispondenti.

Il controricorso ha eccepito che il motivo dedotto dalla ricorrente deve essere dichiarato inammissibile perche’ introduce una questione nuova, atteso che con il proprio atto di appello (OMISSIS) aveva contestato la sentenza di primo grado per avere escluso la divisibilita’ dell’immobile di (OMISSIS) in sei lotti e che correttamente il giudice del gravame si e’ pronunciato solo su tale quesito e non anche sulla divisibilita’ del bene in due lotti.

Aggiungono inoltre i controricorrenti che la domanda di assegnazione avanzata da (OMISSIS) era altresi’ inammissibile, in quanto condizionava tale assegnazione alla permuta della propria quota relativa all’immobile di (OMISSIS), confondendo cosi’ due masse che invece dovevano essere soggette a divisioni autonome; che la ricorrente ha indicato a sostegno delle sue ragioni il progetto divisionale del consulente tecnico d’ufficio del 3.2.2004, che era stato respinto dal Tribunale perche’ confondeva le due masse provenienti da titoli diversi, mentre in data 14.5.2004 il consulente aveva depositato un secondo progetto divisionale, che e’ quello preso in considerazione dal Tribunale e dalla Corte di appello, da cui risulta che i beni richiesti erano pari ad un terzo del valore dello stabile di (OMISSIS); che di conseguenza la controparte, avendo la quota di 1/6, non poteva pretendere beni pari ad un terzo del valore.

Le obiezioni sollevate meritano di essere disattese.

Quanto alla prima, dovendo in contrario osservarsi che dalla lettura della stessa sentenza impugnata emerge che la contestazione sollevata dall’appellante alla decisione di primo grado investiva direttamente la valutazione circa ritenuta indivisibilita’ dell’immobile di (OMISSIS), sicche’ il riferimento in essa contenuto alla formazione di sei lotti non esimeva comunque il giudice dal valutare funditus tale contestazione, nel suo aspetto sostanziale legato alla divisibilita’ del bene, alla luce delle concrete domande delle parti.

Le altre contestazioni dei controricorrenti appaiono invece introdurre questioni di fatto, come tali demandate al giudice di merito, da considerarsi nella specie assorbite in esito all’accoglimento del ricorso.

La sentenza va pertanto cassata, con rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di appello di Venezia, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese, ad altra Sezione della Corte di appello di Venezia.

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Avv. Umberto Davide

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