quando un evento dannoso si origina in un immobile condotto in locazione, si ha responsabilità del proprietario-locatore se esso deriva dalle strutture murarie o da impianti in esse conglobati, perché di tali strutture e impianti il locatore conserva la custodia, ed invece responsabilità del conduttore se l’evento deriva da altre parti dell’immobile o da accessori, che cadono nella sua sfera di disponibilità.

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Tribunale|Roma|Sezione 7|Civile|Sentenza|13 marzo 2020| n. 5114

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SETTIMA SEZIONE CIVILE

nella persona del giudice monocratico, dott. Francesco Frettoni, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. R.G.A.C. 16190 dell’anno 2019, trattenuta in decisione all’udienza del 20/12/2019 con la concessione di termine per il deposito delle comparse conclusionali fino al 20/1/2020 e per il deposito delle memorie di replica fino al 10/2/2020, vertente

TRA

UM.SA., con il patrocinio dell’Avv. CA.AN., elettivamente domiciliato in VIALE (…) ROMA presso il difensore

ATTORE

E

SE.MA., con il patrocinio dell’Avv. CO.RI., elettivamente domiciliata in VIA (…) ROMA presso il difensore MA.SC., con il patrocinio dell’Avv. CL.PA., elettivamente domiciliata in VIA (…) ROMA presso il difensore

CONVENUTE

OGGETTO: danni ad immobile.

RAGIONI DELLA DECISIONE IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con atto di citazione notificato alle controparti, il Sig. Um.Sa. ha chiesto di dichiarare le Sig.re Se.Ma. e Ma.Sc. responsabili in solido dell’evento avvenuto fra il 2 e il 3 ottobre 2012 nello stabile condominiale e, per l’effetto, condannarle al risarcimento dei danni patrimoniali, nella misura indicata o in quella ritenuta di giustizia, e del danno non patrimoniale, da liquidarsi in via equitativa, ovvero, in subordine, di dichiarare la responsabilità di una sola delle due e condannarla ai suddetti risarcimenti; in ogni caso, con interessi e rivalutazione monetaria, oltre alla refusione delle spese processuali e per la mediazione.

L’attore ha dedotto:

– di aver condotto in locazione, dal 1 ottobre 1995 al 22 gennaio 2014, un appartamento sito nello stabile condominiale di Viale (…), adibendolo a proprio studio professionale;

– che questo immobile nella notte fra il 2 e il 3 ottobre 2012 è stato interessato da copiose infiltrazioni d’acqua provenienti dall’appartamento di proprietà della Sig.a Sc. e condotto in locazione dalla Sig.a Ma. per attività di estetica e di parrucchiere, posto sullo stesso piano;

– che il suo appartamento è stato allagato, con danni alle porte di legno, allo zoccolino di tutte le stanze e a vari beni;

– di aver richiesto invano il risarcimento alle convenute, che si sono rimpallate la responsabilità, e di aver esperito senza esito positivo la mediazione ante causam;

– che l’assicurazione condominiale, attivata dall’amministrazione condominiale, ha ritenuto di non dover indennizzare il sinistro;

– di aver provveduto a sue spese alla pulizia dell’immobile e ad alcuni ripristini, mentre altri beni sono rimasti danneggiati, alcuni irrimediabilmente;

– di aver subito disagio e difficoltà nell’attività professionale oltre al danno conseguente al tempo trascorso senza ricevere offerte di ristoro;

– che non vi è stato un accertamento in contraddittorio sulle effettive cause della dispersione di acqua;

– che pende un’altra causa fra un’altra condomina danneggiata dal medesimo evento e le medesime convenute.

La Sig.a Ma.Sc., costituita, ha preliminarmente eccepito la prescrizione di qualunque pretesa risarcitoria attorea nei propri confronti e ha chiesto, in subordine, il rigetto della domanda attorea per infondatezza o, in ulteriore subordine, la condanna della Sig.a Ma. a manlevarla.

La convenuta ha osservato:

– di essere proprietaria dell’appartamento condotto in locazione dalla Sig.a Ma. come laboratorio di parrucchiera;

– di aver avuto notizia dell’evento per la prima volta il 9 ottobre 2012 tramite raccomandata dell’amministratrice condominiale e di non aver poi avuto informazione sull’effettuazione del sopralluogo del perito assicurativo;

– che la perdita non è dipesa da rottura di tubazioni conglobate nei muri, ma da rottura del contatore idrico, alla cui sostituzione ha subito provveduto la Sig.a Ma.;

– che pertanto non può esservi responsabilità sua, ma semmai responsabilità della Sig.a Ma., nei propri confronti anche sul piano contrattuale;

– che le pretese attoree sono sfornite di prova.

La Sig.a Se.Ma., costituita, ha anch’ella eccepito la prescrizione del diritto al risarcimento attoreo e, in subordine, ha chiesto il rigetto delle domande di parte attrice per infondatezza, rilevando:

– di aver ricevuto la prima richiesta di risarcimento dall’attore il 20 novembre 2018, ad oltre sei anni di distanza dall’evento;

– che quest’ultimo è avvenuto per un’esplosione del contatore idrico provocata da un improvviso aumento della pressione nella rete di distribuzione, durante la notte, senza che vi fossero stati segni premonitori;

– che la riparazione del contatore idrico posto a servizio di un appartamento locato è da ritenersi di esclusiva competenza del proprietario dell’immobile e l’omessa manutenzione non può considerarsi fonte di responsabilità per il conduttore;

– che l’aver provveduto ella a far installare a proprie spese un nuovo contatore da un idraulico di sua fiducia non rappresenta un’assunzione di responsabilità, ma un’iniziativa dovuta all’irreperibilità della proprietaria dell’immobile e all’urgenza di riattivare la fornitura d’acqua all’intero edificio e di riaprire al pubblico il salone di parrucchiera;

– che l’attore non ha fornito prova adeguata dei danni lamentati quale conseguenza dell’evento.

Dopo il deposito delle memorie, ex art. 183, sesto comma, c.p.c., le prove orali chieste dall’attore e dalla convenuta Ma. non sono state ammesse, perché ritenute non dirimenti; è stata, altresì, respinta l’istanza dell’attore di acquisizione degli atti del procedimento n. R.G. 71905/2016, perché formulata in maniera generica e perché tale acquisizione appariva non utile sul piano probatorio; è stata, infine, rilevata l’impossibilità di dar corso ad accertamenti tecnici dirimenti, dato il tempo trascorso dall’evento.

La causa è stata, dunque, direttamente rinviata per la precisazione delle conclusioni e trattenuta in decisione, con assegnazione di termini abbreviati per il deposito degli scritti difensivi conclusionali.

2. È pregiudiziale la valutazione delle eccezioni di prescrizione sollevate da entrambe le convenute.

2.1 Quella della Sig.a Sc. è fondata.

Costei ha affermato di aver ricevuto per la prima volta richiesta risarcitoria dall’odierno attore in data 12 novembre 2018 – a distanza, dunque, di più di quinquennio dall’evento dannoso, verificatosi fra il 2 e il 3 ottobre 2012 – e ha al contempo negato di aver mai ricevuto la richiesta risarcitoria, prodotta dall’attore, risalente al novembre 2013.

Questa precedente richiesta (all. 5 all’atto di citazione e all. 19 alla memoria n. 1) risulta, invero, indirizzata per posta raccomandata con A.R. a “Ma.Sc. c/o Gr.Ot.” in V.le (…), int. 8/S.

Secondo quanto precisato al riguardo dalla parte attrice nella memoria n. 1, il luogo di recapito della suddetta missiva corrispondeva all’immobile di proprietà della Sig.a Sc., la Sig.a Ot. era la persona che co-gestiva con la Sig.a Se.Ma. l’attività di parrucchiere ed estetista ivi esercitata e la persona che ha sottoscritto l’avviso di ricevimento della raccomandata, Ma.Co., era una collaboratrice dell’esercizio commerciale, evidentemente autorizzata al ritiro della corrispondenza.

Tali ultime circostanze non bastano a far considerare perfezionata nei confronti della Sig.a Sc. la notificazione dell’istanza risarcitoria in esame.

Per un verso, infatti, l’attore non ha provato alcun elemento indiziario del fatto che quella raccomandata sia stata poi consegnata alla Sig.a Sc.; per altro verso, vi sono in atti documenti provenienti dalla stessa parte attrice da cui si evince che il luogo di residenza o comunque di recapito della corrispondenza per quest’ultima era un altro (esattamente Via Togni 29): la denuncia di sinistro dell’amministratrice del Condominio in data 4/10/2012 (anteriore alla raccomandata dell’attore) e la comunicazione della medesima amministratrice in data 4/2/2014 (posteriore alla raccomandata dell’attore) inerente il rifiuto di indennizzo da parte della compagnia assicurativa.

Vi è, inoltre, da considerare: I) che l’atto di citazione che ha introdotto il presente giudizio è stato notificato alla Sig.a Sc. mediante consegna a mani proprie esattamente in Via (…); II) che la richiesta di risarcimento del novembre 2018 – ricevuta dalla convenuta – è stata indirizzata alla Sig.a Sc. sia presso l’indirizzo di Via (…) (dove, evidentemente, è stata consegnata), sia in V.le (…), int. 8/S presso la Sig.a Gr.Ot., dove la Sig.a Sc. è risultata sconosciuta (v. all. 8 all’atto di citazione).

Insomma, in assenza di elementi indicatori di una ricezione da parte della Sig.a Sc. della raccomandata del novembre 2013 e a fronte di una pluralità di documenti attestanti, al contrario, un suo diverso luogo di residenza o di recapito postale, il fatto che la predetta raccomandata sia stata ricevuta presso l’esercizio commerciale insediato in un immobile di sua proprietà non vale a comprovare che l’istanza risarcitoria del novembre 2013 sia pervenuta nella sfera di conoscenza della destinataria e, quindi, quale atto recettizio, abbia potuto interrompere la prescrizione.

2.2 Diversamente, nei confronti della Sig.a Ma. – che non contesta di aver ricevuto richiesta risarcitoria nel novembre 2018 – la spedizione postale della precedente richiesta risarcitoria del novembre 2013 può reputarsi efficace. La parte attrice ha prodotto (all. 6 all’atto di citazione) una missiva del 2 dicembre 2013, sottoscritta personalmente dalla Sig.a Ma., oltre che dal suo legale, che indica espressamente per oggetto la richiesta di risarcimento danni (fra gli altri) del Sig. Sa. e nella quale la Sig.a Ma. nega qualunque propria responsabilità in ordine all’evento del 3 ottobre 2012.

Tale documento lascia, dunque, intendere che la Sig.a Ma. avesse avuto contezza della richiesta risarcitoria a lei inviata il mese precedente presso l’esercizio commerciale mediante la raccomandata indirizzata alla Sig.a Gr.Ot. e ritirata dalla Sig.a Ma.Co. Va, poi, considerato che, come già prima rilevato, l’indirizzo al quale è stata inviata la raccomandata del novembre 2013 corrisponde all’esercizio commerciale gestito dalla Sig.a Ma. e quella raccomandata risulta ritirata da una collaboratrice del negozio, come l’attore ha precisato e documentato attraverso la memoria n. 1 (mediante il richiamo all’atto testimoniale della Sig.a Ma.Co. nel procedimento intentato contro le convenute da altra condomina).

Deve, infine, osservarsi che la notificazione dell’atto di citazione della presente causa, che ha avuto buon esito nei confronti della convenuta Ma., risulta effettuata mediante consegna a mani della Sig.a Co. quale “incaricata al ritiro” proprio presso la sede dell’esercizio commerciale, in V.le (…) scala B, int. 8/S.

Nei riguardi della Sig.a Ma. non è, pertanto, maturata la prescrizione.

3.1 La parte attrice ha dedotto la responsabilità delle convenute con riguardo alla derivazione di una dispersione d’acqua dall’immobile di cui esse sono, rispettivamente, proprietaria e conduttrice: si tratta, quindi, di una fattispecie di responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c.

Va ricordato che tale forma di responsabilità è incentrata sul nesso di causalità fra danno e res altrui e, pertanto, quale responsabilità da cosa in custodia, è integrata ove, per un verso, sia comprovato il nesso di causalità fra cosa custodita e danni e, per altro verso, non sia dedotto e dimostrato il fortuito, inteso quale fattore interruttivo del legame causale fra res custodita ed evento dannoso (cfr. Cass. n. 2660/2013, n. 20619/2014).

3.2 Il nesso di causalità può considerarsi provato o, per meglio dire, non contestato.

Le convenute non hanno negato che vi sia stato un evento dannoso rilevante nei riguardi dell’attore e hanno entrambe dichiarato che esso è consistito in una dispersione d’acqua dovuta alla rottura del contatore idrico dell’immobile di proprietà della Sig.a Sc..

Secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità, quando un evento dannoso si origina in un immobile condotto in locazione, si ha responsabilità del proprietario-locatore se esso deriva dalle strutture murarie o da impianti in esse conglobati, perché di tali strutture e impianti il locatore conserva la custodia, ed invece responsabilità del conduttore se l’evento deriva da altre parti dell’immobile o da accessori, che cadono nella sua sfera di disponibilità (cfr. Cass. n. 13881/2010, n. 21788/2015, n. 22839/2017, n. 30279/2019).

Nel caso di specie, l’origine dell’evento dannoso e stata il contatore idrico, che non costituisce una parte di impianto conglobata nelle strutture murarie, come si evince anche dal contesto dei luoghi riferito dalla stessa convenuta Ma.: “… il contatore, posizionato a vista in un locale continuamente frequentato anche dalle dipendenti della convenuta, non mostrava fino alla sera prima, segni che lasciassero presagire l’imminente rottura: non presentava perdite d’acqua o tracce di umidità (che sarebbero state altrimenti rilevate dal personale del salone), ed appariva asciutto e funzionante”.

La genesi causale dell’evento delinea, pertanto, una responsabilità che fa capo alla Sig.a Ma..

3.3 Quest’ultima ha inteso addurre a propria difesa la circostanza secondo cui la rottura del contatore sarebbe ascrivibile ad un fenomeno idrico improvviso, eccezionale ed imprevedibile, denominato “colpo di ariete” ed identificabile – secondo la definizione riferita dalla Sig.a Ma. – in un’onda d’urto pressoria causata dell’inerzia di una colonna di fluido in movimento che impatta contro una parete.

La convenuta, tuttavia, si è limitata a prospettare su un piano ipotetico questa spiegazione causale, descrivendola sinteticamente in astratto, senza corroborarla attraverso alcun supporto probatorio concreto ed in particolare senza produrre alcuna relazione tecnica recante un’analisi concreta e specifica dell’accaduto ed un’indagine sulle relative cause. Non può, dunque, ritenersi che l’interessata abbia dato prova del fortuito.

3.4 L’aspetto carente dell’azione attorea e il supporto probatorio dei danni lamentati, la cui sufficienza è stata espressamente contestata da entrambe le parti convenute, sicché l’attore non può giovarsi del principio espresso dall’art. 115 c.p.c.

Deve notarsi, per cominciare, che nel sopralluogo del perito assicurativo del 26 novembre 2012 (v. copia verbale in all. 4 all’atto di citazione) non risultano presenti le apparecchiature di cui l’attore lamenta il danneggiamento ed il Sig. Sa. dichiara al perito che esse erano già state inviate in assistenza; nel medesimo sopralluogo non risulta, inoltre, una constatazione di danni all’immobile.

Va, poi, rilevato che nella già citata raccomandata del novembre 2013 (all. 5 all’atto di citazione), recante richiesta risarcitoria, posteriore di oltre un anno all’evento dannoso, l’odierno attore dichiarava di tenere ancora riservata la quantificazione dei danni subiti.

Ulteriore criticità è data dal fatto che la parte attrice ha inteso dare prova dei danni lamentati soltanto attraverso fatture ed alcune fotografie.

Le fatture non sono un documento di per sé idoneo, in linea generale, a documentare l’effettività di un danno e, soprattutto, la sua riconducibilità all’evento a cui fa riferimento la pretesa risarcitoria.

Nel caso in esame sono state allegate all’atto di citazione: una fattura per pulizia straordinaria in seguito ad allagamento (all. 10); una fattura di riparazione della porta di ingresso e di cinque porte interne (all. 11); tre fatture di riparazione macchinari prive di riferimenti alla causale (all. 12, 13 e 17); un’altra fattura di riparazione (all. 16), che menziona un “annegamento entro liquidi”, ma con espressione evidentemente generica, e che, peraltro, e notevolmente posteriore rispetto all’evento, essendo datata 20/6/2014; due fatture per copiatura di due volumi (all. 18), una anteriore, l’altra di poco successiva all’evento, senza prova o annotazione di pagamento, inerenti a spese di cui la parte attrice non ha offerto alcuna spiegazione.

L’attore ha altresì prodotto: una nota commerciale in cui si afferma che un apparecchio (sclerometro) è stato danneggiato dalla permanenza di acqua all’interno e si propone l’acquisto di uno nuovo (all. 14 all’atto di citazione), insufficiente a dimostrare la genesi del problema; un altro documento, in cui, a proposito di un altro strumento, si dice che è stato attinto dall’acqua e si menziona l’evento del 2 ottobre 2012, ma si tratta di una relazione di consulenza, che esplicitamente riporta circostanze riferite dal Sig. Sa. e che, pur recando la data del gennaio 2013, è accompagnata da una fattura di pagamento del consulente assai posteriore (novembre 2014).

Quanto alle fotografie, prodotte con la memoria n. 2, contestate dalle controparti in ordine alla loro valenza probatoria, neppure esse sono idonee per un accertamento ed una stima dei danni concreti ed effettivamente riconducibili all’evento.

Soltanto alcune di esse recano impressa la data dell’evento e da queste si può unicamente evincere una presenza di acqua sul pavimento e il bagnamento di pareti e di alcuni oggetti, fra cui uno scatolone, per un’altezza di alcuni centimetri.

Altre fotografie sono prive di data e ritraggono un accumulo alla rinfusa di poltrone, macchinari, tavolini, buste, scatoloni ed altri oggetti, senza alcuna possibilità di discernere se e quali e/o in quale misura siano danneggiati dall’acqua e se si tratti effettivamente di beni che si trovassero, tutti o alcuni, nell’immobile attoreo al momento dell’evento.

Si deve, peraltro, notare:

I) che nella lettera inviata dall’amministratrice del Condominio alla Sig.a Sc. il 4 ottobre 2012 per informarla dell’evento appena accaduto, che è stata prodotta in giudizio dalla parte attrice (all. 20 alla memoria n. 1), si afferma che la fuoriuscita di acqua per la rottura del contatore idrico nell’immobile della convenuta ha causato un allagamento degli appartamenti del piano per un’altezza di dieci centimetri;

II) che anche nelle fotografie di cui sopra, prodotte dall’attore, le tracce di bagnamento visibili appaiono corrispondenti ad un’altezza da terra di pochi centimetri.

Alla luce di tale considerazione, non può reputarsi né evidente né intuitivo e neppure verosimile che la dispersione d’acqua in questione abbia potuto danneggiare i beni indicati dall’attore ed in particolare vari strumenti di lavoro (alla cui riparazione si riferirebbero le fatture sopra esaminate), numerosi volumi librari, una scrivania, una poltroncina, due sedie ed una libreria. Sull’attore gravava, dunque, un particolare onere di fornire prova specifica, adeguata ed attendibile della sussistenza e della consistenza effettive dei danni lamentati.

Si consideri, poi, che il Sig. Sa. – come qualunque altro soggetto giuridico – aveva a disposizione un prezioso strumento di formazione e conservazione della prova, quale l’accertamento tecnico preventivo, ex art. 696 c.p.c., che avrebbe consentito di documentare e cristallizzare in maniera certa ed obiettiva lo stato dei luoghi e dei beni ivi presenti, di effettuare stime attendibili dei danni e di accertarne le cause.

Ma tale strumento è rimasto inutilizzato e l’attore non ha addotto circostanze che ne abbiano impedito l’attivazione.

Né mancavano elementi per individuare i possibili contraddittori, trattandosi di problematica idrica la cui provenienza è stata immediatamente identificata.

Nell’onus probandi che incombe su chi agisce per la tutela di un diritto è ricompreso (per necessaria strumentalità) anche l’onere di assicurarsi le fonti e i mezzi di prova, tempestivamente e con le modalità previste dalla legge; e quando si tratta di fonti o mezzi suscettibili di alterazione o dispersione, quest’onere include l’attivazione dello strumento processuale di cui all’art. 696 c.p.c. (sulla funzionalità dell’ATP rispetto ai principi costituzionali che garantiscono la tutela in giudizio dei diritti e la ragionevole durata del processo, cfr. Cass. n. 27298/2013, n. 19563/2009).

Ovviamente, l’incidenza ed il rigore di quest’onere probatorio anticipato sono proporzionati, in ossequio ad un generale principio di ragionevolezza, all’importanza e/o complessità della fattispecie e all’entità della pretesa di tutela che l’interessato intende far valere.

3.5 Gli unici profili di danno che possono ragionevolmente considerarsi sufficientemente provati, data l’assenza di dubbi effettivi sul fatto che l’evento dannoso sia consistito – come già osservato – in un allagamento con accumulo d’acqua per alcuni centimetri, sono quelli relativi alla pulizia dell’immobile e alla riparazione delle porte, di cui alle fatture all. 10 e 11. Si tratta di un importo complessivamente ammontante ad Euro 1.034,00.

A questo può aggiungersi un importo, determinato in via puramente equitativa, per il pregiudizio relativo alla momentanea riduzione della fruibilità dell’immobile, anch’essa plausibilmente ascrivibile all’evento dannoso in esame. Sul punto, tuttavia, l’attore non ha dedotto alcuno specifico elemento di valutazione, neppure sul piano puramente temporale, sicché appare congrua la liquidazione di una somma di Euro 200,00.

Poiché si tratta di risarcimento di danni extracontrattuali, esso soggiace all’applicazione degli interessi (legali) con decorrenza dalla data del fatto illecito (cfr. Cass. n. 6545/2016, n. 9338 del 2009), che va individuata ex actis nel mese di ottobre 2012; si perviene, così, alla data odierna ad un ammontare approssimabile ad Euro 1.310,00, su cui continueranno a maturare ulteriori interessi legali sino al soddisfo.

4. Deve ribadirsi, da ultimo, il diniego dell’attività probatoria richiesta dalle parti.

L’attore ha chiesto esame testimoniale e prova per interpello articolando vari capitoli, alcuni dei quali (1-3 nell’atto di citazione e nella memoria n. 2) non necessari perché relativi all’evento dannoso, rimasto non contestato, altri (4-7 nell’atto di citazione e 4-13 nella memoria n. 2) non ammissibili e comunque non dirimenti, perché implicanti asseverazione e/o valutazione di danni e privi di elementi di oggettiva quantificazione.

Non dirimente è risultata anche l’acquisizione, chiesta dall’attore, di copia degli atti del procedimento analogo, instaurato nei confronti delle medesime due convenute da altra condomina, posto che la questione propriamente controversa nel presente giudizio era costituita dalla individuazione e dimostrazione dei danni specificamente inerenti l’immobile attoreo.

La convenuta Ma. ha chiesto esame testimoniale (in memoria n. 2) articolando 15 capitoli non dirimenti, giacché inerenti le modalità e circostanze dell’evento nonché le immediate conseguenti iniziative e, quindi, aspetti sostanzialmente non in discussione, senza poter fornire, ovviamente, prova tecnica della riconducibilità dell’evento ad un fattore causale fortuito.

Quanto all’espletamento di CTU sulle cause della rottura del contatore, auspicata dalla medesima Sig.a Ma., esso è apparso inutile, in ragione del lungo tempo trascorso dall’evento e dalla modificazione dello stato dei luoghi.

5. L’accoglimento della domanda risarcitoria attorea, seppur per un ammontare notevolmente inferiore a quello richiesto, delinea una soccombenza della convenuta Ma., a fronte della totale contrapposizione difensiva di quest’ultima alla domanda attorea. Vanno, dunque, poste a carico della convenuta le spese processuali dell’attore, liquidate nel dispositivo in funzione del valore della domanda accolta, dei parametri regolamentari di riferimento e dell’attività processuale concretamente svolta.

L’attore è, invece, interamente soccombente nei riguardi della convenuta Sc. e deve, pertanto, rimborsare a quest’ultima le spese processuali, liquidate nel dispositivo in funzione del valore della domanda, dei parametri regolamentari di riferimento e dell’attività processuale concretamente svolta.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, domanda ed eccezione disattesa, così provvede:

1) condanna la convenuta Sig.a Se.Ma. al pagamento in favore dell’attore, a titolo risarcitorio, di un importo di Euro 1.310,00 oltre ulteriori interessi come in motivazione;

2) rigetta interamente la domanda attorea nei confronti della convenuta Sig.a Ma.Sc.;

3) condanna la convenuta Sig.a Se.Ma. al pagamento delle spese processuali dell’attore, che liquida in Euro 1.000,00, oltre spese generali, Iva e C.A., per compensi di difesa ed in Euro 264,00 per costi di iscrizione della causa;

4) condanna l’attore al pagamento delle spese processuali della convenuta Sig.a Ma.Sc., che liquida in Euro 2.000,00, oltre spese generali, Iva e C.A., per compensi di difesa.

Così deciso in Roma il 12 marzo 2020.

Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.