In tema di condominio degli edifici, l’azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell’art. 1137 c.c., come modificato dall’art. 15 della L. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un’estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell’oggetto in senso materiale o giuridico – quest’ultima da valutarsi in relazione al “difetto assoluto di attribuzioni” -, contenuto illecito, ossia contrario a “norme imperative” o all'”ordine pubblico” o al “buon costume”. Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall’art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall’art. 1137, comma 2, c.c.
Tribunale|Pavia|Civile|Sentenza|24 aprile 2023| n. 527
Data udienza 24 aprile 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI PAVIA
Il giudice monocratico del tribunale, Marcella Frangipani,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 1735/2021 R.G. promossa da
(…), C.F. (…), con il patrocinio dell’Avv. FU.SU. e con domicilio eletto in Indirizzo Telematico
ATTORE
contro
CONDOMINIO (…), C.F. (…), con il patrocinio dell’Avv. IV.PO. e con domicilio eletto in Via (…) null. 27029 VIGEVANO
CONVENUTO
MOTIVI DELLA DECISIONE
Cenni sullo svolgimento del giudizio
Pur nel rispetto dell’art. 132 c.p.c. che, dopo la riforma introdotta con la L. n. 69 del 2009, non prevede più, nella sentenza, la narrazione dello svolgimento del processo, è opportuno indicare i tratti fondamentali dello sviluppo processuale per poter meglio esporre nel prosieguo le ragioni della decisione.
Con l’atto introduttivo di questo giudizio (…) ha impugnato la delibera assunta in data 17 ottobre 2019 dall’assemblea del Condominio (…) di V. nonché le “precedenti delibere a essa connesse” e “in particolare” la “delibera assembleare del 23/09/2016” sostenendole la “radicale nullità derivante da illegittima applicazione in via retroattiva di nuove tabelle millesimali a periodi e spese di gestione già approvati precedentemente, nonché per difetto di rituale convocazione”; ha altresì concluso chiedendo che sia accertata “la prescrizione delle spese condominiali straordinarie del 2009” e, conseguentemente, che sia dichiarata l’inesigibilità delle somme indicate a proprio carico quale saldo residuo nel consuntivo 2018/2019, comprendente tali spese, approvato con la predetta Delib. del 17 ottobre 2019.
Con separata istanza l’attore ha chiesto la sospensione delle delibere impugnate, evidenziando il pericolo derivante dall’esecuzione già in corso in forza di decreto ingiuntivo, non opposto, pronunciato sulla base delle delibere ritenute nulle.
Il condominio convenuto si è costituito per il rigetto delle domande di parte attrice sostenendo, tra l’altro, la genericità della domanda di impugnazione di delibere non specificamente indicate e la regolarità della convocazione dell’attore all’assemblea del 17 ottobre 2019.
All’udienza del 6 maggio 2021, fissata per la discussione sulla sospensione delle delibere impugnate, la difesa dell’attore ha eccepito il difetto di costituzione del condominio, in quanto rappresentato dall’amministratore oltre i poteri a lui conferiti dall’art. 1130 c.c., ha indicato – peraltro in termini parzialmente dubitativi e comunque non sempre precisi – le ulteriori delibere che riteneva affette da nullità e ha disconosciuto la sottoscrizione apparentemente riferibile ad (…) contenuta nel prospetto di consegna delle convocazioni (doc. 5 allegato alla comparsa di costituzione di parte convenuta).
Nella stessa data del 6 maggio 2021, nel pomeriggio dopo l’udienza, la difesa di parte convenuta ha depositato la delibera assunta il 5 maggio precedente con la quale l’assemblea condominiale, prendendo atto che l’amministratore aveva già conferito il mandato al difensore per la costituzione in questa causa, ha ratificato l’operato dell’amministratore stesso e ha confermato l’incarico al difensore già nominato.
Il giudice precedente assegnatario del fascicolo processuale ha respinto l’istanza di sospensiva con ordinanza depositata il 7 maggio 2021.
Parte attrice, con nota depositata l’11 maggio 2021, ha sostenuto l’irritualità del deposito della delibera di ratifica, introdotta nel fascicolo telematico al di fuori dell’udienza e ha insistito nell’eccezione di difetto di costituzione del condominio, sostenendo la conseguente inutilizzabilità di tutti i documenti dal medesimo depositati.
Con le note scritte in vista dell’udienza “cartolare” del 22 settembre 2021, la difesa di parte attrice, pur insistendo nelle proprie eccezioni, ha depositato atto di disconoscimento della sottoscrizione di (…) sul predetto prospetto delle convocazioni.
Nella memoria ex art. 183, VI comma, n. 1 c.p.c. parte attrice ha indicato le delibere impugnate così come poi riportato nelle conclusioni definitive rassegnate, trascritte nell’epigrafe di questa sentenza.
La causa è stata istruita con prove orali e con consulenza grafologica, ritenute da questo giudice necessarie nell’ambito del procedimento incidentale di verificazione della sottoscrizione disconosciuta da parte attrice.
La costituzione del condominio
Il condominio risulta essersi validamente costituito con comparsa depositata il 3 maggio 2023 al fine di partecipare alla prima udienza tenutasi il 6 maggio 2021 e fissata per la sola discussione sulla sospensione delle delibere impugnate; in vista di tale udienza, infatti, l’amministratore condominiale ha conferito il mandato al difensore in data 30 aprile 2021 (v. procura allegata alla comparsa) e tale conferimento deve ritenersi regolare, rientrando nell’ambito dei poteri attribuiti dalla legge all’amministratore stesso.
Al riguardo la giurisprudenza di legittimità ha più volte osservato che: “L’amministratore di condominio può resistere all’impugnazione della delibera assembleare riguardante parti comuni e può gravare la relativa decisione del giudice, senza necessità diautorizzazione o ratifica dell’assemblea, tenuto conto dei poteri demandatigli dall’art. 1131 c.c., giacché l’esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari rientra fra le attribuzioni proprie dello stesso amministratore” (Cass. n. 23550/2020; nello stesso senso, v. anche Cass. n. 18331/2010 e Cass. n. 7095/2017).
Peraltro l’operato dell’amministratore è stato ratificato dall’assemblea il 5 maggio 2021 (v. doc. depositato da parte attrice il 6 maggio 2021) e pertanto non v’è dubbio che il condominio sia validamente costituito, essendo irrilevante per la decisione che ora ci occupa il fatto che il deposito della delibera di ratifica sia avvenuto dopo l’udienza fissata per la discussione sulla sospensione.
L’individuazione del thema decidendum
Come s’è accennato, con l’atto di citazione solo due delibere sono state espressamente individuate come oggetto d’impugnazione – quella in data 17 ottobre 2019 e quella in data 23 settembre 2016 – mentre è stato fatto un riferimento del tutto generico ad altre delibere definite connesse a quella del 23 settembre 2016. Tale riferimento deve ritenersi inammissibile, alla luce di quanto previsto dall’art. 163 n. 3 c.p.c., proprio per la sua genericità, che è stata solo parzialmente superata durante l’udienza del 6 maggio 2021 (v. verbale dell’udienza) nella quale peraltro parte convenuta ha eccepito la tardività dell’indicazione di delibere non espressamente censurate nell’istanza di sospensione.
Solo con la memoria ex art. 183, VI comma n. 1 c.p.c. parte attrice ha elencato alcune delibere, ulteriori rispetto a quelle del 23 settembre 2016 e del 17 ottobre 2019, che ha dichiarato di voler impugnare, senza peraltro depositare i verbali delle medesime e neppure specificando, per alcune di esse, la data dell’assemblea.
Non v’è dubbio che l’impugnazione della Delib. del 23 giugno 2009 citata da parte attrice per la prima volta con la memoria ex art. 183, VI comma n. 1 c.p.c. sia da qualificarsi quale domanda nuova e quindi inammissibile.
Invero nell’atto di citazione la, pur generica, impugnazione di delibere diverse da quelle indicate è stata, per lo meno, limitata a quelle successive alle medesime (v., a pag. 3, l’espressione: “successivamente emesse e approvate sulla base della stessa”) e anche durante l’udienza del 6 maggio 2021 non è stato fatto cenno alcuno alla Delib.del 2009, essendo state indicate solo delibere a partire dal 2016 (v. verbale dell’udienza). Anche per le altre delibere, peraltro, l’impugnazione non può intendersi mera specificazione dell’atto di citazione, bensì introduzione di domande nuove.
L’illegittimità dell’impugnazione di delibere diverse da quelle espressamente indicate negli atti introduttivi (atto di citazione e istanza di sospensione), come s’è accennato, è stata rilevata da parte convenuta sin dall’udienza del 6 maggio 2021 e la tardività delle nuove domande (peraltro rilevabile anche d’ufficio, posto che le scansioni processuali sono stabilite al fine dell’interesse pubblico al regolare ed efficiente sviluppo del giudizio) è stata espressamente eccepita dal condominio nell’atto immediatamente successivo alla memoria di parte attrice ex art. 183, VI comma, c.p.c., ossia nella memoria ex art. 183, VI comma, n. 2 c.p.c. di parte convenuta (v. pag. 1 di tale atto).
Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che solo le due delibere espressamente indicate nell’atto di citazione devono essere considerate come oggetto del giudizio, salva se del caso la valutazione incidentale di altre delibere ove necessario per esaminare le domande tempestivamente proposte.
Peraltro è opportuno osservare che quandanche si ritenessero ammissibili tutte le domande di parte attrice, anche tardivamente proposte, per quanto sarà più avanti esposto, le domande stesse dovrebbero essere interamente respinte.
La delibera impugnata assunta dall’assemblea del 23 settembre 2016
All’assemblea condominiale del 23 settembre 2016 (…) era rappresentato dall’amministratrice; in tale assemblea vennero approvate all’unanimità le nuove tabelle millesimali e venne stabilito che le spese della gestione 2015/2016 nonché quelle relative ai lavori straordinari per il rifacimento del cortile venissero ripartite secondo le nuove tabelle (doc. 1 di parte attrice).
L’attore, che non censura l’approvazione in sé delle nuove tabelle, sostiene la nullità della delibera per avere applicato in modo retroattivo tali nuove tabelle a spese precedenti la variazione; invoca, a sostegno della propria tesi, le sentenze della Suprema Corte n. 7696/1994, n. 5690/2011 e n. 4844/2017.
Questo giudice ritiene, invece, che il vizio lamentato non potrebbe in ogni caso comportare nullità ma, ove fosse sussistente, mero annullamento della delibera, non pronunciabile però nel caso di specie per avere l’attore espresso voto favorevole all’approvazione.
Con la recente sentenza n. 9839/2021 le Sezioni Unite della Suprema Corte sono intervenute proprio a sanare un contrasto tra le sezioni semplici in merito al tipo di invalidità (nullità o annullabilità) delle delibere relative alla ripartizione delle spese condominiali sancendo il seguente principio, al quale questo giudice ritiene senz’altro di aderire:
“In tema di condominio degli edifici, l’azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell’art. 1137 c.c., come modificato dall’art. 15 della L. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un’estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell’oggetto in senso materiale o giuridico – quest’ultima da valutarsi in relazione al “difetto assoluto di attribuzioni” -, contenuto illecito, ossia contrario a “norme imperative” o all'”ordine pubblico” o al “buon costume”. Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall’art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall’art. 1137, comma 2, c.c.”.
Nel caso di specie, poiché l’assemblea si è limitata a ripartire in concreto alcune spese, eventuali vizi relativi a tale ripartizione non potrebbero determinarne la nullità e avrebbero, dunque, dovuto essere dedotti attraverso la tempestiva impugnazione ex art. 1137, II comma c.c.; come s’è accennato, però, poiché l’attore ha partecipato, a mezzo di delegata, alla decisione esprimendo voto favorevole, nessuna impugnazione gli era consentita, proprio perché va esclusa alcuna situazione di nullità.
A fini di completezza e anche per la corretta regolamentazione delle spese di lite (considerando che la pronuncia delle Sezioni Unite è intervenuta dopo il deposito del ricorso introduttivo di questo giudizio, ancorché prima dell’udienza fissata per la discussione sulla sospensiva e correttamente invocata nella costituzione di parte convenuta) è opportuno osservare che anche qualora si volesse esaminare nel merito la delibera di cui si tratta, si dovrebbe giungere alla conclusione della sua validità, per le ragioni che di seguito vengono esposte in ordine alla Delib. del 17 ottobre 2019.
La delibera impugnata assunta dall’assemblea del 17 ottobre 2019
All’assemblea condominiale del 17 ottobre 2019 (…) era assente (doc. 2 di parte convenuta).
L’impugnazione della delibera è stata formulata da parte attrice per due profili: l’omessa convocazione e, nel merito, l’erronea ripartizione delle spese nel consuntivo 2017/2018, con applicazione retroattiva delle nuove tabelle millesimali.
Parte convenuta ha eccepito la tardività dell’impugnazione sostenendo che il contenuto della delibera fosse noto all’attore sin dal 14 luglio 2020, allorché gli venne notificato, unitamente al precetto, il decreto ingiuntivo basato sulla delibera in questione (doc. 6 di parte convenuta).
La giurisprudenza di legittimità ha, invece, escluso che il termine di decadenza per impugnare le delibere assembleari decorra dalla data di notifica del decreto ingiuntivo (v. Cass. n. 16081/2016) e pertanto, non essendo provato che il verbale della delibera sia mai stato comunicato all’attore, l’impugnazione della medesima deve ritenersi tempestiva.
All’esito dell’attività istruttoria è risultata, invece, infondata l’eccezione di mancata convocazione all’assemblea.
Invero parte convenuta ha depositato in giudizio il resoconto delle consegne a mano dell’avviso di convocazione (citato doc. 5) con la sottoscrizione dell’attore, che deve senz’altro ritenersi genuina, nonostante l’avvenuto disconoscimento.
L’attenta analisi svolta dalla consulente tecnica d’ufficio ha confermato l’autenticità della sottoscrizione, con valutazioni senz’altro condivisibili, e ha dato piena spiegazione del proprio operato anche rispetto alle osservazioni critiche della consulente di parte attrice. Deve qui interamente richiamarsi il contenuto della relazione della c.t.u., sottolineando che sono stati esaminati tutti gli aspetti utili per la risposta al quesito: non solo il grafismo, ma anche le modalità di redazione della firma (valutando la discontinuità dei segni d’inchiostro e l’impatto pressorio), del tutto compatibili con il fatto che, secondo quanto riferito dalla testimone (…), la sottoscrizione è stata raccolta mentre il foglio era tenuto in mano dall’amministratrice condominiale, sull’uscio di casa dell’attore.
Non vi sono, poi, motivi per non prestare fede alla precisa deposizione della testimone, che ha chiaramente riferito di ricordare il momento della sottoscrizione a opera di (…), avvenuta in presenza della medesima testimone.
Nel merito, l’attore ha impugnato la delibera con riferimento al consuntivo 2018/2019, per le ragioni già esposte; tuttavia dalla lettura del verbale risulta chiaramente che durante quell’assemblea non fu approvato tale consuntivo, che invece era già stato oggetto di approvazione nella precedente assemblea, bensì venne esclusivamente data comunicazione di una piccola variazione dei saldi individuali in ragione di una diversa ripartizione delle spese per l’antenna.
Questa considerazione impone di per sé il rigetto dell’impugnazione che ci occupa, non avendo l’attore svolto alcuna specifica censura in ordine alla ripartizione delle spese dell’antenna.
Pare, tuttavia, opportuno evidenziare che la tesi di parte attrice in merito all’invalidità delle delibere per asserita applicazione retroattiva di tabelle millesimali variate non ha fondamento.
Infatti l’attore ha richiamato tre sentenze di legittimità (Cass. n. 7694/1994, Cass. n. 5690/2011, Cass. n. 4844/2017) che tuttavia, se attentamente lette, confermano anzi la correttezza l’operato del condominio.
Premesso che nel riportare, in corsivo e tra virgolette, la pronuncia n. 4844/2017, la difesa dell’attore ne ha mutato il contenuto (non si ritiene di fare segnalazione ai sensi dell’art. 88 disp. att. c.p.c. al competente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati perché non vi sono sufficienti elementi per ritenere che il comportamento sia stato tenuto con intento di trarre in inganno il giudice e la controparte), va qui richiamata la massima integrale: “La sentenza che accoglie la domanda di revisione o modifica dei valori proporzionali di piano nei casi previsti dall’art. 69 disp. att. c.c., avendo natura costitutiva, non ha efficacia retroattiva e non consente, pertanto, di ricalcolare la ripartizione delle spese pregresse tra i condomini, ai quali, invece, va riconosciuta la possibilità di esperire l’azione di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c.”. Pur potendo applicarsi il principio dell’efficacia costitutiva e non dichiarativa della sentenza anche alle delibere condominiali di revisione delle tabelle (v. citata Cass. n. 5690/2011), il riferimento all’indebito arricchimento e la natura ricognitiva delle tabelle millesimali come chiaramente esposta nella motivazione della sentenza in esame impongono di ritenere legittima la scelta operata durante l’assemblea del 23 giugno 2009 (doc. 2 di parte convenuta). In tale assemblea vennero, infatti, approvate due delibere tra di loro connesse: venne richiesto il parere di un legale per modificare le tabelle millesimali in considerazione di variazioni intervenute nella proprietà dell’attore (v. docc. 10 e 11 depositati con la memoria ex art. 183, VI comma, n. 2 c.p.c. di parte convenuta) e vennero approvati i lavori di rifacimento del cortile, decidendo di ripartire in via provvisoria le spese secondo le tabelle in quel momento vigenti, ma con riserva di ripartire i costi a consuntivo sulla base delle tabelle che sarebbero state approvate nelle more.
Tale delibera, non impugnata da alcuno dei condomini (se non con la domanda tardiva e dunque inammissibile presentata dall’attore nella memoria ex art. 183 n. 1 c.p.c.), risulta in ogni caso legittima, così come legittime devono ritenersi tutte le successive delibere che hanno applicato il criterio lì stabilito.
Infatti proprio nella motivazione della sentenza n. 4844/2017 invocata dall’attore così si legge:
“Osserva il Collegio che la qualità di condomino si acquista nel momento in cui si diviene proprietari di parti comuni del fabbricato, a prescindere dall’esistenza o meno di una tabella millesimale, la cui natura ricognitiva ormai è fuori dubbio (v. per tutte Sez. U, Sentenza n. 18477 del 09/08/2010 Rv. 614401 che, nello stabilire la possibilità di approvare o sottoporre a revisione le tabelle millesimali a maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, secondo comma, cod. civ ha precisato, tra l’altro, che la deliberazione di approvazione delle tabelle millesimali non si pone come fonte diretta dell’obbligo contributivo del condomino, che è nella legge prevista, ma solo come parametro di quantificazione dell’obbligo, determinato in base ad un valutazione tecnica).
Ancora, è stato precisato in giurisprudenza che il criterio di identificazione delle quote di partecipazione al condominio, derivando dal rapporto tra il valore dell’intero edificio e quello relativo alla proprietà del singolo, esiste prima ed indipendentemente dalla formazione della tabella dei millesimi – la cui esistenza, pertanto, non costituisce requisito di validità delle delibere assembleari – e consente sempre di valutare anche “a posteriori” in giudizio se le maggioranze richieste per la validità della costituzione dell’assemblea e delle relative deliberazioni siano state raggiunte, in quanto la tabella anzidetta agevola, ma non condiziona lo svolgimento dell’assemblea e, in genere, la gestione del condominio (v. tra le varie, Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 17115 del 09/08/2011 Rv. 618924; Sez. 2, Sentenza n. 3264 del 17/02/2005 Rv. 579547).
Ciò posto, e tornando al caso di specie, è evidente che la mancata inclusione, allo stato, dell’unità mansardata del (…) nella tabella millesimale in vigore (situazione certamente singolare ma a cui ben poteva – e ben può – agevolmente porsi rimedio con lo strumento della revisione) non lo priva dei diritti a lui spettanti quale condomino tra cui, ovviamente e per quanto oggi interessa, quello di concorrere alla scelta dell’amministratore dell’edificio, né lo esonera di fatto dal contribuire alle spese di gestione o dal regolarizzare la sua posizione per il pregresso. Sotto quest’ultimo profilo, infatti, se è vero che non è possibile applicare retroattivamente l’efficacia di una sentenza di revisione o modifica dei valori proporzionali di piano nei casi previsti dall’art. 69 disp. att. cod. civ. (per il principio della natura costitutiva della stessa più volte affermato da questa Corte), è altrettanto vero che a tale evenienza è ben possibile rimediare con altri strumenti che l’ordinamento appresta ed in particolare con quello dell’indebito arricchimento ex art. 2041 c.c. (v. in proposito Sez. 3, Sentenza n. 5690 del 10/03/2011 Rv. 616229 proprio in materia di condominio)”.
Dunque si deve ritenere che legittimamente l’assemblea abbia ritenuto di riservare la definitiva ripartizione delle spese per i lavori deliberati secondo le effettive quote di partecipazione al condominio come già effettivamente formatesi a seguito dei lavori intervenuti nel fabbricato, ancorché fosse ancora in fieri l’approvazione delle nuove tabelle; in tal modo, con decisione opportunamente presa “ora per allora” si evitava una ripartizione non adeguata alla situazione reale e quindi indebita, che avrebbe comportato la necessità di conguagli ai sensi dell’art. 2041 c.p.c..
La correttezza di tale decisione venne ribadita nell’assemblea del 26 novembre 2013, alla quale l’attore partecipò esprimendo voto favorevole, tanto che vi fu approvazione all’unanimità (doc. 3 di parte convenuta), così come all’assemblea del 23 settembre 2016 nella quale, come s’è visto, il voto favorevole dell’attore fu espresso dalla delegata del medesimo (citato doc. 1 di parte attrice).
La partecipazione dell’attore a queste decisioni, con voto favorevole, costituisce ulteriore motivo, insuperabile, per reputare inoppugnabili le delibere di cui si tratta e, conseguentemente, per rigettare le domande proposte dall’attore, quale che sia l’ampiezza del contenuto delle medesime.
L’eccezione di prescrizione del credito relativo alle spese straordinarie di rifacimento del cortile.
L’eccezione di cui si tratta va dichiarata inammissibile perché l’estinzione del credito per intervenuta prescrizione avrebbe dovuto essere fatta valere in sede di opposizione al decreto che ha ingiunto all’attore di pagare le spese di cui si tratta e che non è stato opposto da (…).
Oltre che inammissibile, l’eccezione è di formulazione generica e appare comunque infondata, posto che il credito del condominio è nato dall’approvazione del consuntivo dei lavori con la citata Delib. del 23 settembre 2016 e non al momento della decisione di eseguire quelle opere.
Le spese di lite
La totale soccombenza dell’attore ne comporta la condanna alla refusione delle spese di lite sopportate dal condominio, che vengono liquidate in dispositivo in conformità alla nota depositata, rispettosa del tariffario professionale secondo il valore indeterminato indicato da parte attrice all’atto dell’iscrizione a ruolo del giudizio.
Secondo il medesimo criterio di soccombenza devono essere definitivamente poste a carico di parte attrice, per intero, le spese della consulenza tecnica d’ufficio già liquidate in corso di causa, poste provvisoriamente a carico in via solidale tra le parti. Non v’è alcun motivo per disporre diversamente rispetto al criterio di soccombenza, nonostante parte attrice non abbia richiesto tale mezzo di prova: invero la consulenza è stata indispensabile a fronte del fatto che l’attore ha insistito nel disconoscimento della propria sottoscrizione nonostante la chiara deposizione della testimone R. e per tale motivo (v. verbale dell’udienza del 27 aprile 2022 durante la quale questo giudice ha subordinato la consulenza alla conferma del disconoscimento dopo la deposizione già prevista e v. verbale della successiva udienza del 25 maggio 2022).
PER QUESTI MOTIVI
il Tribunale di Pavia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa promossa da (…) con atto di citazione notificato al Condominio (…) così decide, disattesa o assorbita ogni altra conclusione delle parti:
1) dichiara inammissibili le domande di parte attrice relative alle delibere diverse da quelle assunte durante le assemblee del 23 settembre 2016 e del 17 ottobre 2019 e all’eccezione di prescrizione del credito;
2) respinge le altre domande di parte attrice;
3) condanna (…) a rifondere al Condominio (…) le spese di lite, che liquida in Euro 7.616,00 per compensi e in Euro 98,00 per esborsi;
4) pone definitivamente a carico di parte attrice tutte le spese di c.t.u. già liquidate in corso di causa;
5) dispone che la cancelleria restituisca gli originali dei documenti conservati in cassaforte a ognuna delle parti che li ha depositati.
Così deciso in Pavia il 24 aprile 2023.
Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2023.
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