l’eventuale nullita’ della consulenza tecnica – ivi inclusa quella dovuta ad un eventuale allargamento della indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente – e’ soggetta al regime di cui all’articolo 157 c.p.c., avendo carattere relativo, con la conseguenza che il difetto deve ritenersi sanato se non e’ fatto valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione del consulente.

 

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 15 giugno 2018, n. 15747

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11960/2016 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in atti;

– ricorrente –

e contro

APSS;

– intimata –

avverso la sentenza n. 353/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 11/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20/03/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

RILEVATO IN FATTO

1. Con atto di citazione notificato in data 18/3/2011, il sig. (OMISSIS) conveniva dinanzi al Tribunale di Trento l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento (APSS), per vedere accertata e dichiarata la responsabilita’ dei sanitari dell’Ospedale di (OMISSIS) che avevano avuto in cura l’attore durante il ricovero per l’intervento chirurgico del (OMISSIS), dovendone garantire l’assistenza nella convalescenza post-operatoria e nelle cure successive alle dimissioni. L’attore chiedeva il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa del comportamento non adeguato dei sanitari consistente in negligenza, imprudenza ed imperizia per omessa programmazione di adeguato programma post chirurgico (“follow up3 e dei necessari controlli ambulatoriali, da cui e’ scaturita la totale perdita del visus dell’occhio sinistro del paziente. L’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto della domanda, deducendo che la condotta negligente del paziente era da ricondursi all’ambito dell’articolo 1227 c.c., nonche’ che l’intervento eseguito, comunque, non garantiva il recupero funzionale della vista, essendo un soggetto affetto da retinopatia diabetica proliferante. Il Tribunale di Trento disponeva l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio. Con sentenza n. 580/2014, depositata in data 15-20/5/2014, il Tribunale di Trento rigettava la domanda attorea, ritenendo che il paziente era stato adeguatamente invitato ad eseguire un primo controllo post-operatorio a distanza di pochi giorni al quale non presenzio’, non potendo, cosi’, ricevere ulteriori prescrizioni o visite programmate. Il Tribunale compensava integralmente le spese di lite. Avverso la sentenza, (OMISSIS) proponeva impugnazione innanzi alla Corte d’Appello di Trento, deducendo sette motivi, riconducibili tutti alla mancata predisposizione di un programma post-operatorio, nonche’ all’assenza di una lettera di dimissione in senso proprio, ritenendo non potersi definire tale quella consegnata al paziente. L’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento si costituiva e chiedeva il rigetto dell’appello. Con sentenza n. 353/2015, depositata in data 11/11/2015, la Corte d’Appello di Trento rigettava integralmente l’appello e condannava l’appellante a rifondere all’appellata le spese di giudizio. Avverso la sentenza n. 353/2015 della Corte d’Appello di Trento, con atto in data 10/5/2016, proponeva ricorso per Cassazione, innanzi a questa Corte, (OMISSIS), deducendo quattro motivi di impugnazione. Nessuno e’ comparso per il contro ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il Giudice di secondo grado, nel rigettare l’appello, affermava quanto segue: “non vi e’ ragione alcuna per poter addebitare alla convenuta la mancanza del follow up, che gia’ il primo giudice ha ritenuto potesse, ove necessario, essere prescritto al paziente solo dopo la prima visita di controllo, programmata a distanza di soli quattro giorni dall’intervento”. Aggiungeva, infatti, la Corte che il programma terapeutico adeguato poteva essere programmato soltanto a seguito del primo controllo post operatorio fissato li dalla struttura ospedaliera, cui il paziente non si era recato, non consentendo “ai medici di assolvere all’obbligo di una corretta prestazione e programmazione terapeutica”. Con riguardo alla lettera di dimissione, la Corte stabiliva che, qualunque poteva essere la corretta definizione di tale documento, emesso all’atto della dimissione e dal contenuto inequivocabile, il fatto che l’appellante ne aveva la disponibilita’ (dimostrata dalla allegazione nella cartella clinica) rendeva irrilevante la doglianza. In relazione alla violazione del diritto di difesa per la mancata partecipazione del difensore alle operazioni peritali, la Corte riteneva che tale diritto era stato adeguatamente garantito dalla costante presenza del consulente di parte, nonche’ dalle successive difese illustrate dal legale. Concludeva, infine, la Corte evidenziando la mancanza della prova del nesso causale tra la mancanza del follow up e le conseguenze pregiudizievoli subite dall’appellante.

2. Con il primo motivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. (secondo interpretazione conforme al principio di c.d. vicinanza della prova), e degli articoli 88, 112, 115 c.p.c., articolo 166 c.p.c., comma 2, articoli 1218, 1228, 1173, 1175, 1176, 1375, 2043, 2049 c.c., nonche’ articoli 24 e 111 Cost.. Il ricorrente deduce che la Corte d’Appello non ha correttamente applicato i principi generali in tema di onere della prova e riguardanti il principio di non contestazione, nella valutazione delle prove allegate dalle parti e nel ritenere adempiuto l’onere probatorio dell’appellata con riguardo alla prova liberatoria dell’esatto adempimento dell’obbligazione di programmare uno specifico follow up post operatorio dopo le dimissioni. Osserva la Corte che la deduzione circa l’omissione di predisposizione di un piano di controlli medici e’ posta in termini astratti, in quanto omette di considerare che il giudice di merito ha rilevato che l’azienda ospedaliera ha dimostrato il proprio adempimento producendo la lettera di dimissione contenente l’indicazione delle terapie da eseguirsi al proprio domicilio (copertura antibiotica) e la fissazione di una visita ambulatoriale di controllo post operatorio cui il ricorrente si e’ inequivocabilmente sottratto.

2.1. La deduzione di omissione della predisposizione di un idoneo programma di controlli medici (follow up) circa gli esiti del trattamento terapeutico praticato (vitrectomia in paziente affetto da retinopatia diabetica) non avrebbe dovuto trascurare l’argomentazione, costituente la vera ratio decidendi, che il paziente e’ venuto meno all’invito di presentarsi in ambulatorio nei giorni successivi all’intervento per effettuare il primo controllo post operatorio, atteso che non risulta in atti che tale passo successivo, attinente alla sfera degli oneri di collaborazione del paziente gia’ dimesso, sia stato effettuato, ne’ e’ pensabile che la struttura ospedaliera sia tenuta a provare un fatto negativo (mancato accadimento) collegato a un comportamento omissivo o poco collaborativo del paziente oramai dimesso dalla struttura, posto che la visita di controllo – costituente un primo follow up nel senso indicato dallo stesso ricorrente – era stato fissato. Anche se per i medici della struttura vi fossero state indicazioni di seguire particolari linee guida nel controllo del decorso post operatorio, secondo un indirizzo gia’ sancito (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11208 del 09/05/2017), in materia di responsabilita’ per attivita’ medico-chirurgica, il rispetto, da parte del sanitario, delle “linee guida” – pur costituendo un utile parametro nell’accertamento di una sua eventuale responsabilita’, peraltro in relazione alla verifica della sola perizia del sanitario – non esime il giudice dal valutare, nella propria discrezionalita’ di giudizio, se le circostanze del caso concreto non esigessero una condotta diversa da quella da esse prescritta. La valutazione, effettuata nel merito con l’ausilio di una CTU, e’ nel senso che nel caso concreto e’ stata sufficiente l’indicazione di seguire la terapia antibiotica e di presentarsi alla visita fissata per il controllo, non essendo risultato necessario fornire un calendario piu’ articolato di visite di controllo.

2.2. Il fatto che la questione sia stata valutata da una CTU percipiente, che ha escluso che vi fosse stata un’omissione in tal senso, non rileva sotto il profilo della valutazione dell’assolvimento dell’onere probatorio da parte della struttura ospedaliera circa il proprio adempimento, poiche’ la valutazione ripone sulle allegazioni documentali della parte, rinvenute nella cartella clinica. Sul punto si richiama Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 30744 del 21/12/2017 in cui si sancisce che “l’onere di contestazione per la parte attiene alle circostanze di fatto e non anche alla loro componente valutativa, che e’ sottratta al principio di non contestazione, sicche’ non sussiste alcun onere di contestazione con riferimento alla valutazione svolta dal consulente tecnico d’ufficio”.

2.3. In generale si osserva che, secondo principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, la consulenza tecnica di ufficio, non essendo qualificabile come mezzo di prova in senso proprio, perche’ volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze, e’ sottratta alla disponibilita’ delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito. In particolare – quanto all’asserita violazione dell’onere probatorio e del principio dispositivo – si rammenta che il giudice puo’ affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente); in quest’ultimo caso la consulenza puo’ costituire fonte oggettiva di prova tutte le volte che opera come strumento di accertamento di situazioni rilevabili esclusivamente attraverso il ricorso a determinate cognizioni tecniche, risultando, in ogni caso, rimessa al potere discrezionale del giudice del merito la finale valutazione. Inoltre, se e’ vero che la consulenza tecnica non puo’ supplire alla deficienza delle allegazioni o prove offerte dalla parte, e’ pur vero che, ai sensi dell’articolo 194 c.p.c., comma 1, il consulente puo’ assumere informazioni da terzi e procedere all’accertamento dei fatti costituenti presupposti necessari per rispondere ai quesiti postigli, sempreche’ si tratti di fatti accessori rientranti nell’ambito strettamente tecnico dell’incarico affidatogli e non di fatti e situazioni posti direttamente a fondamento delle domande o delle eccezioni delle parti; a mente del successivo articolo 198 c.p.c., comma 2, il consulente puo’ anche, previo consenso di tutte le parti, esaminare documenti e registri non prodotti in causa.

2.4. In ogni caso e’ dirimente la considerazione che l’eventuale nullita’ della consulenza tecnica – ivi inclusa quella dovuta ad un eventuale allargamento della indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente – e’ soggetta al regime di cui all’articolo 157 c.p.c., avendo carattere relativo, con la conseguenza che il difetto deve ritenersi sanato se non e’ fatto valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione del consulente (cfr.: Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2251 del 2013; Cass. 15 aprile 2002, n. 5422; Cass. 14 agosto 1999 n. 8659; Cass. 24 giugno 1984 n. 3743). Orbene, nella specie, il ricorrente non allega (ne’ tantomeno fornisce elementi utili a dimostrare) di avere tempestivamente eccepito tale nullita’, non rilevando la deduzione in appello dei vizi della consulenza perche’ tardiva ai fini indicati. Il motivo pertanto e’ inammissibile ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., n. 4, perche’ non si confronta in termini specifici con la motivazione data dal giudice di merito. Il motivo e’ pertanto inammissibile.

3. Con il secondo motivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli 40 e 41 c.p. e articolo 2697 c.c., laddove il Giudice di secondo grado ha ritenuto non provato il nesso causale tra la mancanza del programma post-operatorio ed il danno subito dall’appellante. La deduzione in questo caso e’ riferita al fatto che il CTU nominato avrebbe omesso di valutare il nesso causale tra la perdita di visus e i comportamenti omissivi della struttura sanitaria, assumendo che nel campo civile varrebbe il criterio probabilistico di preponderanza delle circostanze, citando in tal senso Cass. SU 576/2008. La deduzione pecca di astrattezza, poiche’ una volta assolto l’onere di provare l’adempimento degli obblighi di assistenza post operatoria, cui peraltro si e’ sottratto il paziente, non assume alcun rilievo, sotto il profilo causale, a quale evento sia riconducibile la perdita della vista verificatasi successivamente all’intervento, non essendo stato peraltro dedotto che l’intervento non sia stato eseguito secondo le regole dell’arte, ma solo che sia mancata l’assistenza post operatoria da cui e’ conseguito un danno all’organo della vista. Il motivo e’ pertanto assorbito da quanto sopra detto in termini di an debeatur.

4. Con il terzo motivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’articolo 194 c.p.c., comma 2, articolo 2697 c.c. e articoli 24 e 11 Cost., con riguardo alla nullita’ della consulenza tecnica d’ufficio per violazione dei diritti di difesa e del principio del contraddittorio, ai limiti della formazione della prova a mezzo della consulenza tecnica d’ufficio, all’erroneo utilizzo del potere informativo da parte del consulente tecnico d’ufficio, all’omessa acquisizione di eventuali documenti decisivi presso l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento, all’omessa quantificazione dei danni, nonche’ all’inattendibilita’ della consulenza tecnica d’ufficio. Per tale questione si rinvia a un principio giurisprudenziale consolidatosi di cui a Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10870 del 01/10/1999, secondo cui “tutte le nullita’ relative all’espletamento della consulenza tecnica hanno carattere relativo e devono essere fatte valere nella prima udienza successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanate” (v. da ultimo Sez. 3, Sentenza n. 2251 del 31/01/2013). Sul punto manca la deduzione e allegazione di avere tempestivamente effettuato tale contestazione pertanto il motivo e’ inammissibile per mancanza di specificita’ ex articolo 366 c.p.c., n. 6.

5. Con il quarto motivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente deduce l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, e cioe’ le precise indicazioni richieste per una corretta programmazione della fase di dimissioni e per il follow up, cosi’ come sostenuto dalle fonti normative e scientifiche indicate nell’atto di citazione in appello, che la Corte Territoriale ha omesso di esaminare. Trattasi di sentenza doppiamente conforme di rigetto resa in un giudizio di appello instaurato dopo la riforma del 2012, al quale deve pertanto applicarsi il nuovo disposto di cui all’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, in base al quale tale motivo non puo’ essere dedotto avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado. Piu’ precisamente, ai sensi del Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, non e’ applicabile la regola generale di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5 e pertanto il ricorrente in cassazione per evitare l’inammissibilita’ del motivo di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, al caso di “doppia pronuncia conforme” – avrebbe dovuto indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016). Sicche’ il sindacato di legittimita’ del provvedimento impugnato e’ possibile soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici o manchi del tutto, oppure sia articolata su espressioni o argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, perplessi o obiettivamente incomprensibili (Sez. 6-3 Sentenza n. 26097 del 11/12/2014). Pertanto, una volta rilevato che la decisione ha confermato, in fatto, l’iter argomentativo e probatorio della sentenza di primo grado, in mancanza di specifiche deduzioni con riguardo alla non conciliabilita’ logica tra le due decisioni o alla diversa valutazione dei fatti in esse rilevabili, i motivi dedotti sotto il profilo dell’omesso esame di fatti decisivi, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sono inammissibili.

6. Conclusivamente, il ricorso va ritenuto inammissibile.

P.Q.M.

1. La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

2. Nulla per le spese.

3. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma, dello stesso articolo 13, comma 1- bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.