in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento – salvo che si tratti di obbligazioni negative – deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dall’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Tale prova può ben essere fornita mediante presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, laddove sussista un principio di prova per iscritto, ai sensi degli artt. 2724 e 2729 c.c.

Tribunale|Potenza|Civile|Sentenza|21 febbraio 2020| n. 214

Data udienza 16 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Potenza, Sezione Civile, nella persona del G.O.T., Avv. Chiara Malerba, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 3896/2008 del ruolo generale affari contenziosi in data 19/11/2008 e spedita alla pubblica udienza di discussione del 15/11/2019 vertente

tra

SA.CA., nella persona del suo titolare Sa.Ro., rappresentata e difesa dall’avv. Rocco Di Bono, come da mandato in atti

attrice

contro

Ro.Ma., Ma.Da. e Ma.An., nella qualità di eredi di Ma.Fr., rappresentati e difesi dall’avv. Vi.Sa., come da mandato in atti convenuti

OGGETTO: pagamento somme

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato il 13/11/2008 la “Sa.Ca.”, nella persona del suo titolare sig.ra Sa.Ro., esercente l’attività commerciale di fornitura e vendita all’ingrosso di carni, assumeva di aver fornito carne, almeno una volta alla settimana e in maniera continuativa, al sig. Ma.Fr., titolare del Supermercato Su. in Avigliano.

Assumeva ancora l’attrice che, in considerazione del rapporto commerciale continuativo e umano tra le parti, il pagamento della merce fornita avveniva secondo le disponibilità del Ma., mediante versamenti di acconti sia alla consegna della merce che successivamente.

Assumeva infine l’attrice che per l’anno 2006 la stessa vantava un credito di Euro 21.129,31, giuste fatture dettagliatamente descritte nell’atto di citazione, e che nonostante diversi solleciti di pagamento agli eredi del Ma., deceduto nell’aprile 2007, gli stessi non vi avevano provveduto, per cui li conveniva in giudizio al fine di far accertare e dichiarare l’intervenuta fornitura della merce, descritta nella fatture versate in atti, e per l’effetto condannare in solido i convenuti al pagamento della predetta somma di Euro 21.129,31 oltre interessi come per legge e rivalutazione monetaria.

Si costituivano gli eredi del sig. Ma.Fr. i quali in via preliminare eccepivano il loro difetto di legittimazione passiva in quanto gli stessi avevano costituito nel dicembre 2007 la società Ma. s.a.s. che aveva rilevato la precedente attività e che quindi era titolata giuridicamente in ordine ad eventuali posizioni debitorie facenti capo alla precedente società; nel merito, chiedevano il rigetto della domanda, contestando l’esistenza del debito atteso che le fatture si riferivano al periodo in cui il padre era ancora in vita e che parte di dette fatture non erano firmate da quest’ultimo.

Va preliminarmente esaminata l’eccezione di carenza di legittimazione passiva formulata dai convenuti; la stessa è infondata e va pertanto rigettata.

Per stessa ammissione dei convenuti, l’attività individuale del Ma.Fr. era cessata sin dal dicembre 2006 e tanto sia a causa della malattia dello stesso sia per altri motivi; in sede di interrogatorio formale Ma.Da. ha così riferito: “Mio padre ha cessato l’attività del Supermercato alla fine di dicembre 2006, sia per ragioni di salute che per altre ragioni correlate all’attività”; anche la sig.ra Ro.Ma., moglie del Ma., ha così riferito: “Mio marito ha chiuso la sua attività alla fine del 2006 per motivi di salute e anche per altri motivi”; circostanze confermate anche dall’altro convenuto sig. Ma.An..

Da tali dichiarazioni emerge con certezza che l’attività era cessata sin dal 2006 e che essi eredi, alla morte del loro de cuius, non abbiano manifestato la loro volontà di proseguire nell’attività imprenditoriale.

La costituzione della società Ma. Supermercati di Daniela Ma. & C. s.a.s. avvenuta a distanza di un anno dalla cessazione dell’attività imprenditoriale individuale del de cuius Ma.Fr., non può considerarsi prosecuzione dell’attività imprenditoriale di quest’ultimo, ma una nuova e diversa società avente, come emerge dal certificato camerale versato in atti, una diversa partita Iva; né tanto meno i convenuti hanno fornito prova che la nuova società abbia rilevato la precedente attività e quindi i beni della stessa e, conseguentemente, le attività e passività della attività imprenditoriale individuale del Ma.Fr..

Pertanto, essendo la ditta di quest’ultimo organizzata in forma individuale, una volta cessata l’attività i debiti dallo stesso contratti per l’attività gestionale espletata, si sono trasferiti in capo ad esso in quanto persona fisica.

Ciò significa che, al momento della morte del Ma.Fr. i debiti sia personali che aziendali si sono riversati sugli eredi.

Passando al merito del giudizio deve evidenziarsi che secondo l’orientamento giurisprudenziale che ha trovato cristallizzazione nel noto intervento delle sezioni unite della Corte di Cassazione (Cassazione civile, sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533) che ha risolto il contrasto in materia di inadempimento di obbligazioni e relativo onere probatorio, in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento – salvo che si tratti di obbligazioni negative – deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dall’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Tale prova può ben essere fornita mediante presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, laddove sussista un principio di prova per iscritto, ai sensi degli artt. 2724 e 2729 c.c.

Ed invero, la presunzione semplice ex art. 2729 c.c., cioè il ragionamento logico lasciato al prudente apprezzamento del giudice che consente allo stesso di desumere resistenza di un fatto ignoto muovendo da un fatto noto, non comporta che la presunzione possa essere ammessa soltanto allorché il fatto ignorato sia l’unica conseguenza possibile del fatto noto, essendo sufficiente un rapporto di probabilità logica tra i due fatti secondo un criterio di normalità alla stregua dell'”id quod plerumque accidit”.

E’ possibile fondare la decisione su di un unico elemento presuntivo, purché non contrastato da altro ragionamento presuntivo di segno contrario, con la conseguenza che il requisito della concordanza, che l postula una pluralità di presunzioni, perde il carattere di requisito necessario, e finisce per essere elemento eventuale della valutazione presuntiva, destinato ad operare unicamente in presenza di più presunzioni.

In ragione della mancanza di un criterio di gerarchia delle prove, la prova presuntiva ha un’efficacia non minore delle altre prove, con l’unica ovvia eccezione della prova legale, e pertanto il convincimento del Giudice può fondarsi anche solo su una presunzione, e su una presunzione che sia in contrasto con le altre prove acquisite, se ritenuta tale da far ritenere inattendibili gli altri elementi di giudizio.

Ed invero, la giurisprudenza pressoché unanime della Cassazione ha ritenuto sufficiente, ai fini della validità del ragionamento presuntivo, che esso si fondi anche su un’unica presunzione, ogni qualvolta essa sia dotata dei requisiti della gravità e della precisione. (Cass. 19088/2007)

Nel caso di specie, deve ritenersi adeguatamente provato il titolo negoziale in relazione al quale l’attore chiede I adempimento del contratto di tornitura della merce, sia pure limitatamente alle prime 26 fatture-accompagnatorie, versate nel fascicolo di parte attrice, per un ammontare complessivo di Euro 12.902,70, atteso che solo tali fatture riportano la firma di colui il quale ha ricevuto la merce.

Inverso per stessa ammissione sia dei convenuti, Ma.An. che Ma.Da. al momento della fornitura della merce veniva consegnata la relativa fattura che veniva sottoscritta dai padre o dal dipendente addetto a riceversi la merce.

Il teste Mo.An., dipendente della ditta attrice che provvedeva personalmente alla consegna della carne ai vari clienti, ha così riferito all’udienza del 9/5/2014: “Lavoro da molti anni alle dipendenze della ditta Sa.Ca. come autista, il mio compito è quello di consegnare la carne ai vari clienti e, insieme alla carne, consegnare le fatture accompagnatorie. Ho fatto ciò anche per il Supermercato Su. di Ma.Fr., che si trova ad Avigliano. La merce veniva ritirata dall’addetto al reparto di macelleria del Supermercato, mentre le fatture le consegnavo al Ma.Fr. che le firmava per accettazione”.

Sulla base di tali risultanze può ritenersi raggiunta la prova che la merce consegnata al Ma.Fr. fosse solo quella indicata nella fatture accompagnatorie sottoscritte, mentre con riferimento alle altre fatture, versate in atti, non riportando le stesse alcuna sottoscrizione e non essendo stata fornita da parte attrice la prova della effettiva consegna della merce, non può essere riconosciuto il relativo credito.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il G.O.T. del Tribunale di Potenza, avv. Chiara Malerba, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta con atto di citazione, ritualmente notificato, dalla Sa.Ca., nella persona del suo titolare sig.ra Sa.Ro., nei confronti di Ro.Ma., Ma.Da. e Ma.An., nella qualità di eredi di Ma.Fr., così provvede:

a) accoglie parzialmente la domanda e per l’effetto condanna pro quota Ro.Ma., Ma.Da. e Ma.An. al pagamento in favore della parte attrice della somma di Euro 12.902,70, oltre interessi di mora dalla domanda al soddisfo;

b) condanna parte convenuta, pro quota, alla rifusione delle spese di lite in favore di parte attrice che si liquidano in complessivi Euro 3.178,00, di cui Euro 178,00 per spese, oltre rimborso spese generali, CAP e IVA, con distrazione in favore del difensore costituito dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Potenza il 16 febbraio 2020.

Depositata in Cancelleria il 21 febbraio 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.