in tema di responsabilita’ civile dei magistrati, la sopravvenuta abrogazione della disposizione di cui alla L. n. 117 del 1988, articolo 5 per effetto della L. n. 18 del 2015, articolo 3, comma 2, non ha efficacia retroattiva, onde l’ammissibilita’ della domanda di risarcimento danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie deve essere delibata alla stregua delle disposizioni processuali vigenti al momento della sua proposizione. Ne consegue che il giudizio di ammissibilita’ previsto dall’articolo 5 cit. continua ad applicarsi alle domande avanzate con ricorso depositato prima del 19 marzo 2015, data di entrata in vigore della L. n. 18 del 2015.

 

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 28 giugno 2018, n. 17037

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. OLIVIERI Stefano – Presidente

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1001-2017 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato, (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del consiglio dei Ministri pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 18/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/02/2018 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE ALESSANDRO che ha concluso per l’accoglimento del motivo 1;

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2013 (OMISSIS) convenne dinanzi al Tribunale di Messina la presidenza del Consiglio dei Ministri, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza della. condotta tenuta dagli organi giudiziari che, secondo la prospettazione attorea, determinarono per colpa la sua soccombenza all’esito d’un processo civile che lo vide contrapposto a tale (OMISSIS), avente ad oggetto una domanda di risoluzione di un contratto di vendita immobiliare per inadempimento dell’acquirente.

Il giudizio venne introdotto con atto di citazione.

2. Con decreto 16 febbraio 2016 il Tribunale di Messina dichiaro’ inammissibile la domanda.

Il Tribunale rilevo’ che:

-) il procedimento civile che, secondo la prospettazione attorea, fu per lui causa di danno si concluse con una sentenza della Corte di cassazione pubblicata l’11 novembre 2011;

-) l’azione di responsabilita’ nei confronti dello Stato per il fatto del magistrato va introdotta con ricorso;

-) (OMISSIS) aveva invece introdotto la domanda con atto di citazione;

-) cio’ non era di per se’ causa di nullita’, ma imponeva di individuare il momento di proposizione della domanda non in quello di notifica della citazione, ma nel momento in cui avvenne la costituzione in giudizio;

-) nel caso di specie la costituzione avvenne il 15 novembre 2013, e quindi quando era gia’ decorso il termine biennale di decadenza previsto dalla L. 13 aprile 1988, n. 117, articolo 4, comma 2.

3. Il decreto venne reclamato dalla parte soccombente. La Corte d’appello di Messina, con Decreto 18 ottobre 2016 n. 2180, rigetto’ il reclamo.

La Corte d’appello ritenne che:

-) il Tribunale correttamente ritenne che il giudizio doveva essere introdotto con ricorso, e che pertanto la data di proposizione della domanda andava individuata nel momento di deposito dell’atto di citazione nella cancelleria del giudice adito;

-) al presente giudizio non era applicabile il piu’ lungo termine triennale di decadenza, introdotto dalla L. 27 febbraio 2015, n. 18, non avendo tale legge efficacia retroattiva.

4. Il decreto pronunciato dalla Corte d’appello di Messina e’ stato impugnato per cassazione da (OMISSIS), con ricorso fondato su due motivi.

Ha resistito la Presidenza del Consiglio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione della L. 13 aprile 1988, n. 117, articolo 4, comma 2.

Sostiene che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che la domanda di risarcimento del danno nei confronti dello Stato per il fatto illecito del magistrato debba essere introdotta con ricorso.

Sostiene che la L. n. 117 del 1988 nulla dispone al riguardo, sicche’ correttamente la domanda venne introdotta con l’atto di citazione, “quale mezzo ordinario normalmente utilizzato per l’esercizio di qualsivoglia diritto nel nostro ordinamento”.

1.2. Il motivo e’ infondato.

Questa Corte infatti ha gia’ stabilito che “la domanda di risarcimento ai sensi della L. 13 aprile 1988, n. 117, sulla responsabilita’ civile dei magistrati, va proposta con ricorso, e non con citazione, atteso che, dalle caratteristiche della fase iniziale del processo, regolata dall’articolo 5 legge cit. e relativa al giudizio di ammissibilita’ della domanda, si desume che detta fase e’ improntata alla sommarieta’ e caratterizzata dalle forme del procedimento camerale, il che lascia trasparire all’evidenza che intenzione del legislatore era quella di prevedere, anche senza espressa indicazione, l’uso del ricorso, come e’ confermato, altresi’, dal principio generale contenuto nell’articolo 737 c.p.c., che espressamente stabilisce che i provvedimenti che debbono essere pronunziati in camera di consiglio (come quello che definisce il giudizio di ammissibilita’ ex articolo 5 cit.) si chiedono con ricorso al giudice competente, che pronunzia con decreto” (Sez. 1, Sentenza n. 16935 del 29/11/2002, Rv. 558816 – 01; sostanzialmente nello stesso senso, in motivazione, si veda piu’ di recente Sez. 3 -, Sentenza n. 932 del 17/01/2017, Rv. 642702 02).

1.3. Non convincono, in senso contrario, i rilievi svolti dal Procuratore Generale nella discussione in pubblica udienza, secondo cui il motivo sarebbe fondato alla luce del Decreto Legislativo 1 settembre 2011, n. 150, articolo 4, comma 5, articolo 4, comma 2, il quale stabilisce che “gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento. Restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento”.

La suddetta previsione, infatti, si applica solo alle controversie “previste dal presente decreto” (cosi’ stabilisce il comma prima del Decreto Legislativo articolo 4), tra le quali non rientra la domanda di risarcimento del danno proposta nei confronti dello stato per il fatto del magistrato.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’articolo 11 delle disposizioni preliminari al codice civile.

Sostiene che erroneamente la Corte d’appello avrebbe ritenuto non retroattiva la modifica alla L. n. 117 del 1988 introdotta dalla L. 27 febbraio 2015, n 18, la quale ha elevato il termine di decadenza per la proponibilita’ della domanda di risarcimento del danno per il fatto del magistrato da due a tre anni.

2.2. Il motivo e’ infondato.

Questa Corte, infatti, ha gia’ stabilito che “in tema di responsabilita’ civile dei magistrati, la sopravvenuta abrogazione della disposizione di cui alla L. n. 117 del 1988, articolo 5 per effetto della L. n. 18 del 2015, articolo 3, comma 2, non ha efficacia retroattiva, onde l’ammissibilita’ della domanda di risarcimento danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie deve essere delibata alla stregua delle disposizioni processuali vigenti al momento della sua proposizione. Ne consegue che il giudizio di ammissibilita’ previsto dall’articolo 5 cit. continua ad applicarsi alle domande avanzate con ricorso depositato prima del 19 marzo 2015, data di entrata in vigore della L. n. 18 del 2015”. (Sez. 3, Sentenza n. 25216 del 15/12/2015, Rv. 638090 – 01).

3. Revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

3.1. L’odierno ricorrente risulta essere stato ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato con provvedimento del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Messina dell’8.11.2016.

L’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, in materia civile, puo’ essere accordata solo a favore di chi vanti una pretesa “non manifestamente infondata”, cosi’ come stabilito dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 122;

La valutazione della non manifesta infondatezza va compiuta dal Consiglio dell’Ordine competente non in astratto, ma in concreto, dovendo il Consiglio valutare a tal fine “le enunciazioni in fatto ed in diritto” di cui l’istante intende avvalersi, e le “prove specifiche” di cui intende chiedere l’ammissione.

3.2. Nel caso di specie (OMISSIS) ha proposto un ricorso per cassazione chiedendo che fosse dichiarata ammissibile la sua domanda di risarcimento proposta nei confronti dello stato per il fatto del magistrato.

A fondamento di questa domanda ha dedotto:

(-) di avere chiesto la risoluzione per inadempimento del contratto preliminare di vendita immobiliare da lui stipulato, nella veste di promittente venditore, con tale (OMISSIS);

(-) che (OMISSIS), costituitosi in giudizio, formulo’ domanda riconvenzionale di sentenza costitutiva ex articolo 2932 c.c., invocando l’inadempimento dell’attore;

(-) che il giudicante rigetto’ la domanda principale ed accolse quella riconvenzionale.

Dopo avere ricordato che ebbe torto sia in primo grado, sia in secondo grado, sia in sede di legittimita’, il ricorrente soggiunge che tutte e tre le suddette decisioni (del Tribunale, della Corte d’appello e della Corte di cassazione) sarebbero state pronunciate con colpa grave, ai sensi della L. n. 117 del 1988, articolo 2, perche’ tutti i giudici si sarebbero dovuti accorgere che egli aveva ragione e il convenuto torto.

Giustifica tale allegazione assumendo che, dal momento che il convenuto non nego’ di essere inadempiente, ma invoco’ l’eccezione di inadempimento di cui all’articolo 1460 c.c., l’inadempimento del convenuto si sarebbe dovuto ritenere esistente e conclamato.

Ora, di una pretesa risarcitoria ai sensi della L. n. 117 del 1988, fondata su allegazioni simili, il meno che si possa dire e’ che essa ascrive a responsabilita’ del magistrato una tipica attivita’ di valutazione delle prove e ricostruzione dei fatti, che in quanto tale non puo’ mai dar luogo a responsabilita’, ai sensi della L. n. 117 del 1988, articolo 2, comma 2.

A cio’ aggiungasi che la prospettazione dei fatti contenuta nel ricorso e’ totalmente priva di qualsiasi apparato critico, risolvendosi in sostanza nella seguente tautologia: “tutti e tre gli organi giudicanti (Tribunale, Corte d’appello e Corte di cassazione) hanno agito con colpa grave perche’ non si sono avveduti della fondatezza delle mie ragioni”.

3.3. Il Consiglio dell’Ordine, pertanto, avrebbe dovuto rilevare la totale mancanza del requisito della “non manifesta infondatezza delle ragioni” del richiedente.

La mancanza di tale requisito impone dunque in questa sede la revoca della suddetta ammissione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 136.

4. Le spese.

4.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

4.1. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si da’ atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17).

Al riguardo ritiene questa Corte doveroso chiarire come ai fini della dichiarazione di sussistenza dell’obbligo del pagamento del doppio contributo non venga in rilievo la L. n. 117 del 1988, articolo 15, il quale stabilisce che nei giudizi aventi ad oggetto la responsabilita’ dello Stato per il fatto del magistrato “si osserva, in quanto applicabile, l’articolo unico, della L. 2 aprile 1958, n. 319”, norma, quest’ultima, che esonera i giudizi ivi previsti “dalla imposta di bollo e di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura”.

A tale esonero tuttavia sfugge il contributo unificato, per effetto della successiva evoluzione normativa.

Infatti la Legge Finanziaria 2009, articolo 1, comma 212, (L. 23 dicembre 2009, n. 191), ha aggiunto un comma 6 bis all’articolo 10 del testo unico sulle spese di giustizia (Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002), nel quale si stabiliva che “nelle controversie di cui all’articolo unico della L. 2 aprile 1958, n. 319 (…) e in quelle in cui si applica lo stesso articolo, e’ in ogni caso dovuto il contributo unificato per i processi dinanzi alla Corte di cassazione”.

Due anni dopo, il Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98, articolo 37, comma 6, (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria) modifico’ ulteriormente l’articolo 10, comma 6 bis, sopprimendo le parole “per i processi dinanzi alla Corte di cassazione”.

Per effetto delle due novelle del 2009 e del 2011, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 10, comma 6 bis, attualmente recita: “nelle controversie di cui all’articolo unico della L. 2 aprile 1958, n. 319, (…) e in quelle in cui si applica lo stesso articolo, e’ in ogni caso dovuto il contributo unificato”.

Poiche’, dunque, al presente giudizio si applica la L. n. 319 del 1958, resta dovuto il contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) revoca l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato;

(-) condanna (OMISSIS) alla rifusione in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano nella somma di Euro 2.500, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, ex articolo 2, comma 2;

(-) da’ atto che sussistono i presupposti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di (OMISSIS) di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.